L’arte pittorica del maestro romano Gianni Testa, un’opera apprezzata in tutta Italia ed anche all’estero. Particolarmente originale è la sua rappresentazione della Divina Commedia di Dante. Conosciuto soprattutto per la corsa sfrenata dei suoi fantastici cavalli, ma pure per altre forme libere ed incisive nello spazio: paesaggi, ritratti, atmosfere sognanti, l’artista è stato invitato ad esporre una mostra antologica dei suoi lavori più significativi al Vittoriano di Roma. L’inaugurazione avverrà l’11 settembre 2014, nella Sala Giubileo, alle ore 18.30 e la mostra resterà aperta fino al 12 ottobre.
Una danza brillante di colori è il tratto peculiare dell’arte pittorica del maestro Gianni Testa, presente nel catalogo internazionale d’arte moderna d’Italia, Cida, ediz. 2012, Editore Remo Piperno, con una sua opera in prima copertina.
Gianni Testa è stato definito “Pittore del Mediterraneo” per l’intensità cromatica delle sue tele che raffigurano cavalli in corsa, paesaggi magmatici, nature morte, atmosfere caravaggesche d’effetto chiaroscurale e persino un’interpretazione suggestiva di lettura dei tre regni della Divina Commedia di Dante.
Nel centro di Roma il maestro ha una sua bottega da cui escono i capolavori che incantano i suoi estimatori. E’ uno dei più grandi interpreti viventi dell’arte pittorica italiana e dialoga con i visitatori con grande semplicità e convinzione. Ha partecipato a molte antologiche e personali e per cinque anni è stato proposto dalla Rai nei programmi di “Mattina 2” ed “In famiglia”.
Presente nella Galleria Fotografica del FestivalArte di Spoleto del 2013, quanto prima sarà ospitato dal Vittoriano di Roma, in omaggio alla sua arte, ma le sue opere sono conosciute ed apprezzate in tutta Italia ed anche all’estero. Ha fatto una lunga strada da quando, compiuti gli studi a Todi nel Convento dei Servi di Maria, s’è occupato inizialmente di restauro e di scultura, per scegliere poi definitivamente la pittura.
I cavalli
Dopo Aligi Sassu è lui l’artista più apprezzato nel dipingere i cavalli che esprimono la forza primigenia della natura e la vigoria d’una libertà sconfinata. I suoi cavalli sono rappresentati in affreschi d’impasto omogeneo con un’armonia di forme in movimento che fanno pensare ad effetti metafisici in cui i rossi sembrano davvero inimitabili. Rampanti nello spazio artistico definito e nello stesso tempo quasi addossati in un’unica idea dinamica, sembrano la quintessenza della bellezza del creato che non appare quieto e formale, ma vivo e percorso dall’impeto della volontà creatrice.
Un senso di profonda commozione sprigiona la vista del loro raggruppamento quasi in continuità di raffigurazione di forme viventi della natura con l’uomo al centro dell’osservazione dell’artista.
Lectura Dantis
Particolarmente originale è la rappresentazione della Divina Commedia dantesca, del sacro poema “cui ha dato man la terra e il cielo” che gli deriva da una forte istanza religiosa, ma pure da una sfida con altri artisti che si sono nel tempo susseguiti, da Dürer, a Doré a Dalì e a tanti altri. L’attenzione al capolavoro del poeta fiorentino non è solo rapsodica, ma quasi sistematica e sembra toccare un ambizioso traguardo: la visione di Dio.
L’artista per realizzare il suo scopo ha dovuto selezionare i punti chiave da rappresentare e poi tradurre in immagini gli stati d’animo suscitati da alcuni episodi con cui è entrato in sintonia il suo mondo fantastico.
Difficile e faticosa elaborazione, ma quanto mai efficace, perchè adeguata all’animus ed alla tecnica figurativa prescelta! Specie se si tiene presente, nel caso di Dante, che la poesia diviene costruzione logica, morale, storica e filosofica, riflette la cultura enciclopedica del Medioevo e la pittura, come quella di Giotto per la figura di S. Francesco, ad Assisi, deve creargli attorno un’aura di sacro che inviti alla preghiera.
Gianni Testa c’è perfettamente riuscito. Per rendere vibranti i passi del Poema ha scelto una forte scenografia cromatica dai colori più intensi nell’Inferno, più stemperati e tenui nel Purgatorio, più luminosi e chiari nella contemplazione del divino e nell’estasi mistica.
Già il fatto che il pittore usi per il Paradiso la figurazione di cerchi concentrici in un trionfo d’oro e d’azzurro dimostra quanto sia riuscito a compenetrarsi con la poetica dantesca.
Gli effetti chiaroscurali, com’è giusto che siano, sono relegati nell’Inferno dove acque scure di disperazione si alternano a fiotti di rosso acceso, ai bagliori improvvisi nella città di Dite, a baratri magmatici in cui sprofondano Dante e Virgilio i cui volti sono indecifrabili nelle tenebre. La figura umana viene rimpicciolita e ridimensionata rispetto alla grandiosità della cavità diabolica, in cui regna solo il male. Spesso per esprimere la furia degli iracondi, dei bestemmiatori e di altri peccatori prende forma la rappresentazione di cavalli imbizzarriti o al galoppo sfrenato, cari all’artista in altre sue precedenti opere.
Ma acque più azzurre accolgono i due poeti in riva al Lete ed all’Eunoe sulle vette del Purgatorio, come anticipo della visione paradisiaca. Qui, sfere rotanti di celestiale bellezza portano al “miro gurge”, alla contemplazione di Dio. Più che mai allora la fisicità nel luogo di delizia lascia il posto a trasparenze luminose di vaghe fattezze umane, trasfigurate.
L’arte pittorica di Gianni Testa s’è fatta studio religioso e morale, ha seguito la poesia dell’illustre autore, traducendosi in un’estetica adeguata al soggetto grandioso che trattava, frantumando gli spazi visivi, inventando piani e ponti, gorghi di luce, nel gigantesco tentativo di rendere finito e comprensibile, l’infinito e l’incommensurabile. La sua arte non è descrittiva e decorativa, nè ascrivibile a uno specifico indirizzo d’appartenenza, ma libera e dinamica, obbediente solo ad una profonda intuizione, con tratti impressionistici che ben traducono l’emozione di rivisitazioni naturali o di situazioni oniriche.
Gaetanina Sicari Ruffo
Il sito e breve biografia di Giani Testa
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