La lezione di Trump.

Allora, Trump ha vinto le presidenziali americane e c’è da sperare che a sinistra non si ricominci a dire che con Trump è in pericolo la democrazia, ritorna il fascismo, ecc. ecc. Ripeto quanto detto a proposito della Meloni in Italia e della Le Pen in Francia. Non c’è nessun fascismo in agguato. Se domani la Le Pen conquistasse l’Eliseo avremmo solo un governo più spostato a destra, così come con il governo Meloni non abbiamo assistito a nessuna nuova “marcia su Roma” o a violenze di squadracce in camicia nera. Tale costatazione non vuol dire, tuttavia, essere d’accordo con Trump, la Le Pen o la Meloni! Il punto, non è la demonizzazione della destra, è piuttosto il mancato rinnovamento della sinistra in occidente e la sua incapacità di vincere sul piano dei contenuti politici le elezioni in America come in Europa.

La larga e indiscutibile vittoria del tycoon repubblicano ha, ancora una volta, palesato la totale sconnessione della sinistra, negli States come in Europa, dalla realtà.  Alla fine, a sancire il suo ritorno alla Casa Bianca, sono stati gli strati più poveri della popolazione, le minoranze etniche, finanche i neri musulmani e il voto delle stesse donne specie della piccola borghesia o del proletariato. Proprio quelle fette di popolazione che normalmente ti aspetteresti elettori della sinistra e dei democratici. Una lezione quella di Trump che sugella una tendenza che in occidente ormai si ripete quasi periodicamente ad ogni elezione.

La sinistra negli States come in tutto l’occidente, a partire proprio da Francia e Italia,  non riesce a vedere, con le sue attuali classi dirigenti, la sofferenza di una gioventù sempre più precarizzata, poco e male scolarizzata, fatica a guardare nel vuoto delle periferie e del degrado urbano dove si aggirano, con i vecchi residenti privi di qualsiasi ascensore sociale, irregolari, immigrati che non hanno alcun sostegno per una integrazione, che spesso se lavorano lo fanno in nero mettendosi in concorrenza con i cittadini del posto e se non lavorano diventano manodopera di una criminalità sempre più spavalda e cinica.

La sinistra davvero non vede la fragilità di un mondo di precari, spesso privi di ogni tutela che si trovano a contendersi proprio con le ultime generazioni di emigranti, case popolari, posti di lavoro spesso in condizioni di evidente illegalità, in una guerra tra poveri dove vince la destra che promette e a volte mantiene misure di sicurezza, limitazioni alla clandestinità, una protezione per quei nativi che si sentono in pericolo.

La sinistra di ieri saldava le istanze degli operai di Torino e Genova con quelle degli immigrati del sud che venivano a lavorare in fabbrica costruendo coesione e non divisione sociale. Oggi la sinistra hollywoodiana si affida agli endorsments delle milionarie Lady Gaga e Taylor Swift, cantanti amatissime ma che non smuovono nessun voto, così come periodicamente in Italia si assistono ai manifesti degli intellettuali a sostegno del PD. Ma questi manifesti al massimo agiscono sugli “intellettuali” nostrani, ma quanti ce ne sono in realtà? Al resto della stragrande popolazione della firma di Erri De Luca o di Roberto Saviano, interessa davvero poco, forse niente.

Una periferia

Se per la sinistra anche quella italiana o francese le priorità da affrontare per raggiungere il consenso delle masse sono l’affermazione della cultura woke, ovvero abolire i generi, privare di identità sessuale e di genere le persone, modificare finanche le nostre scritture con obbrobri del tipo: “Car*” invece di Caro o Cara, se la sinistra crede che il tema decisivo per le masse sia una urgente legge per consentire la maternità surrogata, per dare risposta alle coppie omosessuali che vogliono un figlio; se la sinistra crede che la ripartenza per la conquista del consenso popolare cominci dal dire “nero” invece di “negro” (perché nero non è offensivo – resta da capire allora perché giallo non lo sia); se la sinistra suppone che con del sano moralismo si conquistano le periferie delle città, allora la sinistra avrà un futuro segnato da perenni sconfitte.

L’attuale sinistra dovrebbe capire che l’umanità non vive, o non vive solo, per fare alcuni esempi, a Manhattan, agli Champs-Elysées o Monte Mario.

Sicuramente Kamala Harris ha avuto i voti della buona borghesia, sensibile ai temi abortisti, ai diritti civili, cose sacrosante, ma non sufficienti. La dolente società americana delle imprese chiuse, delle campagne in sofferenza, così come da noi le periferie urbane, i piccoli centri abbandonati, le scuole malfunzionanti e che producono una gioventù disorientata, triste, impaurita da un futuro fatto di incertezze in un pianeta sempre più in crisi di competizione economica, afflitto dalla disoccupazione, con crisi climatiche spaventose come dimostrano quelle vissute in Emilia Romagna e a Valencia, la crisi del sistema sanitario che ormai morde violentemente anche la Francia, la crisi nera demografica dell’Italia, sono i segnali che esiste un’altra realtà che la sinistra non vede per difetto culturale, per mancanza di lungimiranza o di semplice praticità.

Taylor Swift

Cosa interessa a questo mondo di disperati il wokismo con la sua carica di caccia alle streghe, con il suo bigotto “cancel culture” degno del peggior maccartismo? E finanche i giusti temi dei diritti civili non sono avvertiti dalla massa come la priorità. La priorità deve essere dare speranze ai giovani di potersi fare una vita propria, senza dover dipendere, fino alla mezza età, dai propri familiari, poter accedere a un regolare mercato del lavoro, premiare l’impegno con il riconoscimento del merito, liberando la società dal servilismo delle raccomandazioni anche per ottenere il semplice rispetto dei propri diritti.

La sinistra deve ritrovare l’orgoglio delle proprie matrici popolari che sono nel pensiero occidentale, liberandosi da ingiustificati vittimismi. Occorre liberarsi di questa sindrome del cattivo occidente che ha sopraffatto e che continua a sopraffare il mondo. Altro che cancel culture, bisogna riconoscere la validità del modello occidentale e delle sue democrazie che non a caso sono la vera unica alternativa alla visione populista e suprematista di signori come Trump, come Putin e in Italia, nel nostro piccolo, Salvini.

L’occidente era e può ancora oggi essere un modello, proprio per questo è ambito da tutti i disperati del mondo, ma naturalmente non spetta solo a noi fare fronte a un esodo che incontrollato diverrebbe foriero di distruzioni e destabilizzazioni che proprio quel modello metterebbero definitivamente in crisi.

Non si può dire al proletariato italiano, americano o francese, beccativi gli immigrati, zitti e mosca. Non funziona così. Questo è il miglior modo per far vincere gli xenofobi, i suprematisti e i razzisti.

La sinistra deve rinnovarsi e proporsi come una forza progressista, moderna, portatrice sì di valori ma anche di risposte concrete. In Italia ci provò Renzi che arrivò allo storico risultato del 41% di voti alle elezioni, ma poi i soliti vecchi parrucconi interni al PD, irresponsabilmente, impedirono con una capillare guerriglia interna, che quel processo di rinnovamento proseguisse.

Elly Schlein segretaria del PD

Oggi alla Schlein, per restare in Italia, va detto che non c’è spazio per il famoso e politichese “Campo largo”, perché se c’è una cosa che una sinistra moderna, occidentale e filoatlantica non può fare è allearsi con i populisti, sia pure etichettati di sinistra. In breve, non si può difendere l’autodeterminazione dell’Ucraina e allo stesso tempo allearsi con Putin. Compito del PD è di riprendere quella stagione di rinnovamento con idee e proposte, non ci si può limitare a fare da boa per aggregare tutte le forze antidestra, occorre avere visione e uscire da schemi liturgici e vetusti.

Se c’è stato un merito alla nascita e nei suoi primi passi del PD è stato proprio quello di abbandonare gli stravecchi ideali socialisti abbracciando quelli democratici che per un secolo si erano avversati. Una resa che fu sintomo di una nuova consapevolezza politica. Sia chiaro, in politica ci sono momenti in cui occorre essere alleati anche con altri settori della sinistra o finanche con la destra, ma non si può costruire un progetto politico su premesse così confuse e incoerenti.

La sinistra deve mettere in secondo piano i temi minimi o inutili (scusatemi ma ritorno al deleterio “woke” che va abbandonato subito), occorre occuparsi di temi massimi. Proviamo a fare qualche esempio: battersi per un mondo del lavoro che sia più sicuro e meglio remunerato, che riconosca il merito e che non guardi più con ostilità l’imprenditore ma che veda in lui un soggetto anch’esso in sofferenza nelle dinamiche globali dell’economia di oggi. Non servono redditi di cittadinanza o altre forme di assistenzialismo a perdere, occorrono politiche che taglino con coraggio i rami morti della produzione valorizzando quelli vivi, che aprano il mercato alla concorrenza, che diano spazio e riconoscimento ai nostri cervelli giovani e che non li facciano fuggire, più merito e meno assistenzialismo, favorire la ricerca e l’iniziativa.

Occorrono sostanziose politiche per i giovani che vivono una realtà disperata e che spesso soffrono con dignità, senza proprio essere visti dalle attuali sinistre occidentali, se non come massa di manovra da catechizzare all’occasione per le proprie battaglie politiche di potere. Più che strumentalizzare le masse giovanili, queste andrebbero accolte e ascoltate.

La sicurezza e l’immigrazione sono temi purtroppo connessi e non si può fare finta che non sia così. Occorre essere selettivi e soprattutto occorre fare integrazione non come in Francia dove Macron sostenne “fieramente” che non esisteva un’identità culturale francese ma tante identità. Dimenticare la solida identità francese porta al presente dove le nuove generazioni di immigrati e i loro figli continuano a parlare cinese, africano o arabo continuando in buona misura ad ignorare la Francia, le sue tradizioni, il suo modello di vita e a volte finanche le sue leggi. L’integrazione, cosa richiesta dagli stessi immigrati, si fa costruendo una comunità che rispetti tutti ma che si fonda proprio sui valori, sulle consuetudini, sulle tradizioni e le leggi del paese ospitante e non viceversa.

Del resto, una Europa forte non può prescindere proprio dalle solide identità nazionali che poi hanno un minimo comune denominatore proprio in quell’insieme di valori politici, morali e culturali che sono rappresentati proprio dal tanto vituperato, paradossalmente stesso da noi, Occidente.

Queste cose non sono di destra o sinistra, sono cose di buon senso, e cercare ideologie posticce solo per darsi una identità, come fanno oggi le sinistre occidentali, è sbagliato. L’identità è una cosa che si costruisce sul campo e con il tempo, conducendo battaglie popolari e non populiste per i diritti delle donne ma anche perché le donne possano accedere al lavoro con pari dignità retributiva degli uomini. Riconoscere la cittadinanza ai tanti immigrati che si sono integrati nel tessuto produttivo e culturale del Paese, che danno ricchezza e lavoro non è solo doveroso ma necessario, e purtroppo finanche questo la sinistra, pur avendo avuto mille occasioni per farlo, ipocritamente non l’ha fatto.

Occorre una volta e per tutte prendere atto che le diseguaglianze nel mondo sono diminuite, quelle che sono aumentate sono proprio le nostre diseguaglianze, per cui invece di stracciarsi le vesti con l’occidente cattivo, il colonialismo e altre facezie, occorrerebbe prendere atto che nel nuovo millennio i malati siamo noi e siamo noi che abbiamo bisogno di cure anche perché la nostra sopravvivenza è fondamentale se è vero che malgrado tutto il “male” che rappresentiamo continuiamo a essere il faro delle speranze di tutti coloro che fuggono e che sognano di vivere proprio con il nostro modello di società.

Ecco, la lezione di Trump è proprio questa, proporre una prospettiva, leggere la realtà e dare una risposta, da vedere poi se è quella giusta, ma a domande concrete. Del resto, e questo valga per la sinistra, la politica è proprio l’arte di interpretare e migliorare la realtà e non i sogni.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

2 Commentaires

  1. Grazie per la sua riflessione che condivido quasi… in totalità
    finalmente un po’ di sfumature
    La sinistra non si deve nascondere dietro un antifascismo virtuoso che alla fine srotola il tappetto rosso a tutti i liberisti senza scrupoli che vendono al taglio (à la découpe) ai fondi d’investimento i nostri paesi (Francia, Italia)
    però Renzi ??? job act ? legge per i lavoratori???
    Perché la sinistra, la destra, « i fascisti color meloni » mandano soldi, armi, soldati ma lasciano morire di fame e disperazione la loro popolazione e poi manifestano per la pace !!! Dov’è finito l’ articolo 11 della Costituzione italiana?
    Vorrei più identità, più sovranità, più coerenza

    Grazie per il Suo articolo

  2. L’articolo propone alla sinistra di fare una politica neoliberista
    Trascura un elemento essenziale della sinistra, avere nel dna l’attenzione e la cura dei poveri.
    Il ragionamento del giornalista si basa sulla convinzione che sia possibile una crescita economica che dia lavoro a tutti.
    Convinzione smentita dai fatti.
    Il neoliberismo si occupa di produrre beni e servizi utili a massimizzare i profitti e non la qualità della vita estesa a tutti. La qualità della vita se migliora è solo un effetto collaterale e non un obiettivo di questa ideologia.
    La sinistra che si augura il giornalista non è altro che una destra con maggior sensibilità sui diritti.
    Sono completamente in disaccordo con tale visione
    Saluti
    Carlo canepa

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