La destra moderata e quella smodata

Tramontato il governo giallo-verde. Benedetto da Mattarella e trovato per via parlamentare, nasce il governo giallo-rosso. Un parto rapido, ma non senza travaglio. La politica italiana, da qualche anno, sembra essere l’arte dell’incongruenza. Appena qualche settimana fa, la sinistra invocava, innanzi alla palese paralisi del governo Di Maio/Salvini, il ritorno alle urne. In piena calura estiva, da una spiaggia, sulla sdraio e con una bibita ghiacciata in mano, con un tweet, Salvini prova ad accontentarla, annunciando la crisi di governo e la fine del contratto con i 5 Stelle.

Matteo Salvini – La Lega

Zingaretti stava già per dare il suo okay al voto, quando, con tempistica da politico navigato, direi consumato, Renzi, annusata l’aria che tirava, ha dichiarato che il ritorno al voto era una follia e che in Italia le crisi di governo vanno risolte in Parlamento, come vuole la Costituzione, e che pur di scongiurare un voto che danneggerebbe la già provatissima patria, dovere del PD, quale forza responsabile, era l’accordo di governo con i grillini.
Zingaretti scatta sugli attenti e dà il suo: “Contrordine compagni… e voilà il Conte bis è servito”. Grande il dispetto dei leghisti che già si strofinavano le mani pronti a gustare un voto che tutti i sondaggi li dava largamente vincitori.
Ora il governo è fatto con i buoni auspici dell’Europa e dei mercati, mai spread fu così basso.

Con la sua abile mossa, Renzi ha impedito di consegnare il paese ad una destra che è pericolosamente estrema ed irrazionale, affidando la sua politica più sui luoghi comuni e sui banali umori della pancia degli italiani, che su solide ed accurate analisi; ha impedito, altresì, di lasciare alla destra, questa destra, la designazione di fatto del nuovo Presidente della Repubblica, un ruolo che, dalla seconda repubblica, si è dimostrato incisivo e di grande rilievo, un rilievo largamente superiore a quello che fu negli anni della prima repubblica.
In una democrazia moderna e solida, l’avvicendamento all’esecutivo, di differenti forze politiche non costituirebbe inquietudine, ma è evidente che in Italia siamo in un periodo di transizione politica, che ormai dura da alcuni decenni, e questa destra, quella della Lega e mettiamoci anche di Fratelli d’Italia, qualche inquietudine, sulla tenuta democratica del paese, la suscita.

Giorgia Meloni – Fratelli d’Italia

Perché nel paese degli annunci e delle chiacchiere al vento, dire che una democrazia parlamentare deve, e sottolineo il ‘deve’, andare al voto senza che si possano verificare nuove maggioranze, è un’affermazione populista ma anche errata, specie considerando che la sovranità popolare è esercitata nei limiti della legge come recita proprio l’articolo 1 della Costituzione. Dire, come ha detto Salvini, che si deve andare al voto perché lui vuole un « potere assoluto » è populista, ma è anche pericoloso, specie in una democrazia che, uscita dalla dittatura fascista, è stata concepita con una Costituzione fondata su equilibri di pesi e contrappesi delicatissimi, che non possono tollerare poteri assoluti. Non ci piove che la Costituzione vada riformata, magari fosse accaduto in quel benedetto 4 dicembre del 2016, ma non certo nei suoi principi fondanti.

Il punto nodale del nostro sistema politico resta proprio la destra, che vive da tempo un’anomalia che pure andrebbe risolta. È evidente che, una preponderanza degli estremisti è vissuta dal nostro ordinamento, come un pericolo e purtroppo in Italia, diversamente da altre società europee ed occidentali, manca in sostanza quella destra moderata, conservatrice e liberale che farebbe da garante del rispetto proprio della nostra Costituzione.

Proprio sul momento che vive la potenziale coalizione di destra occorre soffermarsi.
La destra, con il suo patto di governo, era uscita sostanzialmente vincitrice nelle ultime elezioni politiche, ma solo grazie al preponderante vantaggio leghista sui “moderati” di Forza Italia. Nel corso dei 15 mesi di governo giallo-verde, il derby populista tra 5 Stelle e Lega ha premiato questi ultimi e la loro politica di annunci e di demagogia, specie sul tema dell’immigrazione. I 5 Stelle, rivelatisi, come era prevedibile, assolutamente inconsistenti sul piano delle proposte e incapaci sul piano della gestione amministrativa del governo, hanno perso in media un punto di consenso al mese fino a vedere nel mese di luglio, nei sondaggi, una Lega che aveva il doppio dei loro consensi ormai dimezzati dal lusinghiero 32% ottenuto al voto.
Il vero punto debole di questa destra si è rivelato proprio Forza Italia, un partito che ha ampie potenzialità di uomini e donne, che potrebbe svolgere un ruolo centrale nella politica italiana, specie considerando che il sistema ormai sembra sempre più rivolto al proporzionale e chi ricorda la prima repubblica può capire bene l’importanza, in un tale sistema, di forze duttili e moderate come oggi potrebbe essere il partito del cavaliere.

Silvio Berlusconi – Forza Italia

Proprio ora che il PD svolta verso la « vecchia » sinistra di LeU e fa un governo che è considerato il più a sinistra della storia repubblicana, Forza Italia potrebbe prendere le distanze dalla smodatezza salviniana e proporsi come vero riferimento di un’area moderata, conservatrice e liberale che pure è fortemente presente nel paese. E invece, no.

La crisi di Forza Italia è certificata anche dalla circostanza che finanche Fratelli d’Italia (partito ancora più nazionalista della stessa Lega), nel corso del tempo, ha scavalcato nei consensi il partito di Berlusconi, rendendo la destra, con il suo estremismo, una pericolosa mina vagante, un rischio per la nostra democrazia, un pericolo per la costruzione europea.
Forza Italia potrebbe, ma non può, avere un ruolo centrale; questo per la sua originaria anomalia di essere un partito azienda che non ha un fondatore ma un padrone, il quale non sembra disposto a cedere ad altri il suo potere.
Negli ultimi anni, i segnali di marasma di FI si sono fatti più evidenti, con una difficoltà di costruzione di un progetto politico, con i suoi dirigenti ed alleati che nel corso degli anni si sono succeduti, spesso finendo per lasciare lo stesso partito con sbandamenti a sinistra (vedasi Alfano, Casini e Lupi), con il governo Letta e poi Renzi, oppure a destra, l’ultimo caso è quello di Toti, ma prima c’è stata la Santachè.

Anche sul piano delle scelte politiche Forza Italia ha dimostrato tutta la sua confusione, proponendosi all’occasione come partito conservatore in difesa dei valori cattolici e per la famiglia, poi invece facendosi paladino affianco al PD di alcune lotte per i diritti civili, euroscettico ma poi europeista, una serie di sbandamenti frutto degli umori del suo patron piuttosto che di una chiara e dibattuta analisi politica. La grande occasione di ripresa Forza Italia l’ebbe con Renzi e la possibilità di riforma costituzionale. All’epoca il cavaliere si sentiva per il maggioritario, ma poi fece l’errore di scommettere sull’alleato Salvini, evidentemente un cavallo sbagliato e che ha drammatizzato ancor più la crisi del partito che dominò la scena politica nella seconda repubblica.

Finanche nell’occasione dell’ultima crisi di governo, si è palesato il marasma del partito. In modo naif Forza Italia, come per altri versi il PD, ha invocato a lungo il ritorno al voto, al cospetto delle palesi incapacità e della perenne litigiosità del governo giallo-verde. È evidente che, ancor più che per il PD, il ritorno al voto segnerebbe la fine di Forza Italia che subirebbe l’inevitabile Opa dell’alleato Lega, smisuratamente più forte e radicato nel paese.

Persiste in Forza Italia un’erosione interna che sembra inarrestabile, addirittura uno dei suoi « enfant prodige« , Toti, governatore della Liguria, non ha esitato a lasciare il suo vecchio datore di lavoro Berlusconi, fondando “Cambiare” con la dichiarata aspirazione ad essere la terza costola di una destra a guida Salvini, con l’ormai consistente alleato FdI della Meloni.
E pure, appare di tutta evidenza che, nel superamento degli schieramenti tradizionali del novecento, una destra moderna, liberale, europeista, attenta sul terreno dei diritti e che si batte per più privatizzazioni, avrebbe facilmente riscontro in un’opinione pubblica sempre più delusa e lontana dal voto e dalla partecipazione alla politica. Viceversa oggi, la politica appare sempre più cibo per folle isteriche e disinformate che mostrano una preoccupante incapacità di valutazione razionale della realtà, confondendo sempre più i social con la concreta durezza del fatti.

Purtroppo, Forza Italia non è mai riuscita ad emanciparsi dal suo padrone e fondatore, Silvio Berlusconi. Il quale appare sempre più annoiato, probabilmente lo diverte molto più il Monza calcio, che ha acquistato dopo aver perso il Milan, non riesce proprio a fare a meno della sua “creatura” preferendo portarla alla inevitabile morte (oggi i sondaggi gli assegnano un 4 o 5% dei voti). Rinunciando a farsi da parte (come anche l’anagrafe richiederebbe) a vantaggio di un serio dibattito interno e magari di un congresso, parola ancora impronunciabile in quel mondo, che potrebbe dare nuova linfa e forza ad un partito di cui, come in ogni democrazia occidentale, ci sarebbe bisogno.
Forza Italia ha perso molti dei suoi talenti, spesso giovani soppressi in culla dal loro stesso padre Berlusconi, ma avrebbe ancora uomini e donne che potrebbero costruire una stagione di rilancio di una destra moderata, anche conservatrice ma forse anche liberale ed innovatrice, ma ogni tentativo di tal fatta, viene immediatamente frustrato dalla gestione alla Mastro Don Gesualdo del cavaliere: “Roba mia”.

Casa Pound

In queste condizioni, appare difficile un futuro governo di destra a guida Lega e FdI, troppi sono i rischi per la nostra democrazia, la nostra Costituzione e finanche per la sempre vacillante ma necessaria costruzione europea.
E cosi anomalia per anomalia, è evidente che faccia discutere che Conte sia passato con nonchalance da un governo con i più spietati sovranisti ad uno con i più sfegatati europeisti. Turba le coscienze vedere insieme i « pidioti e i grullini », dopo che per anni si sono offesi ed infamati. È evidente che turba passare in un batter di ciglia, come fa il PD dall’essere i fautori indefessi del maggioritario a sostenitori convinti del nauseabondo e vetusto proporzionale.
Ma chi tiene e spera nella democrazia, in una conduzione serena e ordinata del paese, sa bene che, senza questo estremo e maleodorante compromesso, avremmo il tiranno alle porte a chiederci con energia e minacciosamente di aprire l’uscio.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

2 Commentaires

  1. Ad un certo punto fa capire nel suo articolo che a Renzi si deve la formzione di questo governo, in che modo scusi? tra l’altro Renzi ha appena fondato un partito proprio per minacciarne l’unità, visto che ora la maggioranza al senato dipende da lui.

    • Gentile lettore, che l’accordo PD e M5S sia nato su proposta di Renzi è un fatto riconosciuto dallo stesso PD, oltre che conclamato da tutte le cronache politiche. Zingaretti fino a quel momento aveva chiesto più volte che si andasse al voto. Evidentemente il fuoriuscito ex sindaco di firenze ha avvertito l’enorme rischio, dal suo punto di vista, di un voto che avrebbe portato molto probabilmente la destra estrema e sovranista a governare da sola il paese. La sua scelta successiva di lasciare il PD è forse connessa a questa mossa (Renzi ha dichiarato che il governo andrà avanti fino alla sua scadenza naturale), ovvero dalla sua convinzione di recuperare uno spazio al centro del quadro politico in un paese che sempre più appare tirato verso l’estremismo. Si tratta di un tentativo, vedremo se riuscito, di rimettere in gioco i moderati.

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