Nella cultura etno-popolare il giorno dell’Epifania, la Befana, per i bimbi di tutti i tempi, è sempre stato uno dei ricordi più belli dell’infanzia, quello in cui i doni ‘piovevano’ dal camino, giù dal tetto, grazie alla famosa vecchietta che – più tardi possibile – si scopriva che era poi la mamma, il papà, i nonni, insomma una figura splendidamente ed artatamente inventata per la gioia di esser piccoli, si potrebbe dire.
Nel tempo la calza ed i doni son cambiati, e di entità e di valore, anche se ci son sempre stati quelli per ‘bimbi poveri’, ma non meno apprezzati, anzi.
Nelle lingue dialettali delle nostre regioni tante son le favole, le poesiole, ‘il zzirudèli’ (le filastrocche) che, negli anni, si son tramandate ed è con dolcezza ed un pizzico di malinconia che a seguire si riporta una lirichetta in ferrarese, scritta tanti anni fa, per l’appunto, da uno degli autori dialettali da non dimenticare, il colonnello dei carabinieri Nino Tagliani più conosciuto con il suo scutmai (il cosiddetto pseudonimo) come Fanghét, quello con cui ‘firmava’ le sue sillogi poetico-letterarie, conservate nelle raccolte di AR.PA.DIA, l’Archivio Padano dei Dialetti del Comune di Ferrara, creato a fine anni Novanta da chi scrive.
La Vècia, la ‘vecchia’, poesia proposta in lingua dialettale ferrarese e nella traduzione in lingua italiana, per comprensione di tutte e tutti è, se si passa il calembour, precorritrice, nelle argute e vivaci asserzioni, di un mondo quanto mai (o, meglio, ancora ?) attuale, purtroppo.
Leggerete… e buona Befana a tutti!
LA VÈCIA
di Nino Tagliani detto Fanghét
La Vècia, che i putìn i a sémpar sptà
al sié da Znar, rivàda in granadèl,
truvànd tuti i camìn, cla nòt, smurzzà,
la ss’è dmandàda: Cuss è mai ’stal cvèl,
forse chissà, par causa dl’inflazión
i pansarà c’an porta più carbón!
E sse anch la legna l’è dvantàda cara,
cus vót che al ssia davanti a di putìn
che in tut al mónd mò spezialmént a Frara
quand iss dasmìssia i guarda s’al camìn,
anch sse magari tant birbún i è stà,
sse i ssò calzzit i è vód o cucunà.
A ssón dacòrd, purtrop che il tradizzión
i sèrav póch a métar su i fasó
però, sse par truvar ’na soluzzión
a tut i nòstar guai dal dì d’inquó
sla festa di putìn ass fa un marcà,
pensèmo zént indóv a ssén rivà.
LA BEFANA (stessa poesia tradotta in italiano)
La Befana, da sempre attesa dai bimbi
il sei gennaio, giunta su di una scopa,
trovando tutti i camini, quella notte, spenti,
si è chiesta: Ma che cosa è mai questo,
chissà forse, per via dell’inflazione
penseranno che non porti più carbone!
E se anche la legna è diventata cara,
cosa vuoi che sia per dei bimbi
che in tutto il mondo (ma specialmente a Ferrara)
quando si svegliano guardano su per il camino,
anche se, magari, son stati tanto birichini,
se i loro calzini son vuoti o colmi.
Son d’accordo, purtroppo, che le tradizioni
servon poco a metter su la pentola
però, se per trovare una soluzione
a tutti i nostri guai del giorno d’oggi
or si mercanteggia sulla festa dei bimbi,
pensate un po’, gente, dove siam arrivati.
Maria Cristina Nascosi Sandri
(pubblicato una prima volta nel 2021)