Gli italiani che si sono trasferiti all’estero notano per la prima volta certi caratteri della propria identità, sui quali i rimasti in patria quasi mai si soffermano. Il nostro parlare quasi sempre a voce alta, per esempio. E che dire dei pregiudizi – pizza, spaghetti e mafia – da cui vediamo afflitta l’identità italiana? L’emigrazione e il trapianto, inoltre, trasformano gli individui. Vedi l’indebolimento della lingua italiana e la decadenza di certi canoni originari, tra cui il canone estetico.
I personaggi della micro-società « italiana » di Montréal sono caratterizzati da un’evanescenza perfettamente intonata al carattere ibrido e fugace del nostro piccolo mondo di emigrati. Poche le testimonianze che resteranno su di noi. Di qui anche l’importanza di una rivista come la nostra.
Benché noi ritroviamo in Italia, quando vi torniamo, gli antichi legami d’affetto, solo al contatto degli italiani espatriati come noi riusciamo a provare una sintonia sottile e una comunanza profonda. Ciò si spiega col fatto che noi, italiani trapiantati, condividiamo le stesse fondamentali prove esistenziali: il viaggio oltreoceano, il confronto con altre culture, il Paese lasciato assurto a Patria…
In questo istante mi torna alla mente un incontro, breve ma speciale, che ebbi, anni fa, in una stazione di corriere a White Plains, New York, con una coppia d’italo-americani che si trovava per caso davanti a me nella fila. Con loro ebbi un’intensa conversazione, piena di simpatia, di senso di solidarietà e di comprensione reciproca, conseguenza del nostro comune destino di espatriati.
Nelle analisi delle differenze che esistono tra noi e loro: noi, italiani trapiantati, e loro, italiani rimasti, è inevitabile far ricorso a una parola che esprime la dimensione nostra essenziale: “minoritario”.
Chi è venuto a vivere qui dall’Italia, soprattutto in una terra tormentata come il Québec, è entrato nella dimensione del minoritario, di un essere cioè che non può più vedere le cose con gli stessi occhi e giudicare il mondo nella stessa maniera di prima. Chi è minoritario impara a vedere le cose “dal di fuori”. E talvolta questo “sguardo dall’esterno” lo rivolge non solo agli altri, ma anche a se stesso…
Claudio Antonelli
Da Montréal
N.d.r. Secondo il sito emigrati.it l’esodo degli italiani avvenuto tra il 1876 e il 1976 è stato il più grande della storia moderna. Circa 24 milioni di persone hanno lasciato il Paese in meno di cento anni, principalmente da Calabria, Sicilia e
Veneto. Tra le principali destinazioni: Argentina, Brasile, USA, ma anche Australia, Canada, Germania, Belgio, Francia, Inghilterra e Africa del Nord.
La Comunità italo-canadese, conta oggi 1,4 milioni di persone, 500.000 delle quali abitano nell’ area metropolitana di Toronto (4 milioni di abitanti) che è attualmente una delle città più multiculturali del mondo con il 49% della popolazione nata all’estero.