Anche gli italiani all’estero voteranno per il referendum del 4 Dicembre e il loro contributo potrebbe essere decisivo. A meno di un mese dal voto, incontriamo il capogruppo dei socialisti europei al Parlamento europeo, il lucano Gianni Pittella, per capire un po’ meglio come il destino di questo referendum possa incidere sull’Europa. Vogliamo capire anche, con Maria Grazia Troiano di “Europa per il Si”, quali sono le loro speranze e consapevolezze alla vigilia di questo importante appuntamento referendario.
E’ innegabile che il referendum costituzionale del 4 Dicembre abbia delle valenze che vanno oltre gli importanti argomenti di merito. Il voto è atteso anche in Europa e nelle sue istituzioni, specie dopo gli “sbandamenti” dovuti al Brexit e alle nuove inquietudini che suscita l’incognita Trump, il ricco miliardario di destra, che non viene dalla politica e che oggi si trova ad essere alla testa della più importante potenza mondiale, quegli Stati Uniti da sempre legati da stringenti vincoli con l’Europa e con l’Italia.
Abbiamo avuto occasione d’incontrare a Parigi, in occasione del suo tour a sostegno del Si alla riforma costituzionale, per il prossimo referendum del 4 Dicembre, l’onorevole Gianni Pittella capogruppo dei socialisti europei e Maria Grazia Troiano responsabile di “Europa per il Si”, che raccoglie numerosi comitati per il Si di italiani all’estero. I quali sono chiamati a questo voto entro il primo dicembre. A breve, infatti, entro il 20 novembre, dovrebbero arrivare, per tutti gli aventi diritto, le schede per votare all’estero*, con le relative istruzioni necessarie, per partecipare a questa importante scelta per il futuro italiano.
E’ bene ricordare che chi non avesse avuto il necessario plico postale con la scheda di voto, entro il 20 novembre, potrà farne richiesta direttamente al locale consolato italiano.
Ma eccoci dunque a scambiare alcune battute con i nostri ospiti, proprio sul prossimo referendum e sull’effetto che esso potrà avere anche per l’Europa.
“Sta a noi rispondere mettendo al centro il lavoro, la crescita, l’occupazione, lottando contro le grandi lobby finanziarie, a dispetto delle condizione precaria in cui versa una grande fetta degli europei”.
(Gianni Pittella)
NG.: Onorevole Pittella, In una recente ed inevitabilmente briosa intervista a Benigni, il premio Oscar ha dichiarato che la vittoria del No al referendum costituzionale sarebbe peggio della Brexit. E’ cosi? e se si perché?
GP.: La vittoria del No provocherebbe un effetto traumatico sul processo riformista in Italia, che ne uscirebbe ulteriormente indebolita, in un preciso momento storico che vede l’Europa attraversare uno dei suoi più acuti momenti di crisi
NG.: Provo a rovesciare la domanda. Di recente, in un convegno qui a Parigi, lo storico Marc Lazar, che come sa è molto vicino alle questioni italiane, ha parlato di europeizzazione della politica interna di ciascun paese. Una sorta di vincolo esterno rovesciato. Non sarebbe più la politica estera che condiziona ciascun paese ma la politica interna che condiziona le scelte comunitarie. Che segnale si attende l’Europa dal nostro referendum costituzionale?
GP.: Io mi auguro, lavorando sino al limite delle mie energie, che il Paese risponda positivamente al Referendum, con molteplici effetti benefici. Si migliorerebbe il processo legislativo, con notevoli vantaggi in termini economici, e l’Italia verrebbe allineata ai sistemi Europei: solo Italia e la Romania possiedono due Camere , che si bloccano l’una con l’altra, intralciando il lavoro e allungandone la tempistica. Una idiozia, che impedisce al Paese di emanare le leggi ed attuarle in tempi celeri.
NG.: Obama, per il suo fine mandato ha dedicato la sua ultima cena da Presidente all’Italia rappresentato dal capo del governo Renzi, presenti alcuni esponenti di grido della nostra cultura e dell’imprenditoria. Unanimemente si è detto che è stato un successo per il nostro paese. Ebbene Obama ha fatto un endorsement per il Si al referendum. Come mai? Possiamo considerarla un’ingerenza negli affari italiani?
GP.: Non la vedo assolutamente come una ingerenza nei nostri affari. Si tratta solo di una autorevolissima opinione, di un messaggio di speranza che Obama ha voluto lanciare su un Paese, il nostro, che sta giocando sempre più un ruolo da protagonista nello scacchiere internazionale. Con l’allarmante vittoria di Trump, il nostro ruolo di difesa dei valori democratici deve essere ancora più forte e vigile.
NG.: Lei che è un convinto sostenitore del Si alla riforma, sta girando in alcuni paesi europei per la campagna elettorale verso gli italiani che votano all’estero. Quali sono le sue sensazioni?
GP.: Spero in una forte azione nell’espressione del voto degli italiani all’estero, i quali comunque trarrebbero vantaggio dell’ammodernamento del sistema istituzionale del Paese post vittoria del Si
NG.: Ritiene che il voto degli italiani all’estero possa incidere o addirittura essere decisivo? Perché chi vive all’estero dovrebbe votare?
GP.: Si tratta ovviamente di un voto decisivo. La Brexit, la vittoria di Trump, i successi della Le Pen, di Orban, altro non sono se non espressione di un virus che ha trovato terreno fertile del disagio, nella disoccupazione e nello sconforto in cui vivono oggi molti Europei. La globalizzazione ha avuto i suoi perdenti, che oggi votano contro, stanchi degli effetti nefasti che hanno subìto. Sta a noi rispondere mettendo al centro il lavoro, la crescita, l’occupazione, lottando contro le grandi lobby finanziarie, a dispetto delle condizione precaria in cui versa una grande fetta degli europei.
NG.: Mi scusi se insisto, ma specie dopo l’incontro con Obama è parso che rispetto ad una Francia in pieno caos politico e di prospettiva con il Regno Unito che in fase di exit e la Germania con posizioni antitetiche agli Stati Uniti, il vero referente di un pensiero democratico, solidale e moderno come quello del Presidente uscente degli USA, sia proprio Renzi. Il quale ha avviato il suo corpo a corpo con l’attuale Commissione europea contro la tecnocrazia e per una ripresa dei valori autentici e fondanti dell’Europa. In questa, sia pur sommaria, ricostruzione quanto pesa il nostro referendum sul futuro europeo?
GP.: Avremmo più forza per fare tutto ciò. Noi con il Gruppo che mi onoro di Presiedere, con i i grandi leaders socialisti, se saremo corroborati da una grande vittoria del Sì al Referendum, potremmo avere più forza per questa battaglia.
NG.: Colgo l’occasione della presenza anche di Maria Grazia Troiano, coordinatrice del Comitato Europa per il Si, di cui è membro anche Gianni Pittella, con sede a Bruxelles, per chiederle intanto, informazioni su questo Comitato che risulta essere una sorta di coordinamento informale dei vari comitati per il Si, diffusi in Europa e credo anche in ragione della sede a Bruxelles dove c’è la Commissione Europea e il suo parlamento.
MGT.: Il comitato Europa per il SI è un comitato trasversale ed aperto a tutti coloro che credono che la vittoria del sì al Referendum possa donare all’Italia gli strumenti giusti per affrontare le difficoltà dell’attuale periodo storico, che il nostro paese e l’Europa stanno attraversando. Per questa ragione stiamo dando il massimo dialogando con i connazionali residenti in Belgio, in Svizzera, in Francia per spiegare le ragioni del Si e portare avanti insieme con tutti questa importante battaglia.
NG.: Tra di voi molti giovani. Come pensate di avvicinare e sensibilizzare il voto giovanile per il Si. Di recente D’Alema ha sostenuto che per il Si voteranno gli anziani, che cito a memoria, « sarebbero più confusi e meno informati ». Temete un voto giovanile che vi sia contrario? Ed infine, quali sono le vostre sensazioni sul voto dei tanti italiani all’estero, e in Europa in particolare anche sulla percentuale di votanti, si teme un forte astensionismo che, come si sa, non potrà, in questo caso, incidere sul risultato finale qualunque esso sia, non trattandosi di un referendum abrogativo.
MGT.: Credo che D’Alema si stia arrampicando sugli specchi pur di legittimare la sua personale scelta di sostenere il No al referendum. Piuttosto penso che i giovani siano ben informati rispetto ai contenuti e ai vantaggi di questa riforma, e che abbiano compreso perfettamente che c’è un visibile tentativo di una parte della vecchia classe dirigente che vorrebbe utilizzare questa occasione in modo strumentale, nella speranza di tornare probabilmente sulla scena politica trascurando il bene comune. Quindi l’unico modo per convincere a votare per il Si è raccontare semplicemente la verità ed entrare nel merito della riforma. L’astensionismo risulta uno dei mali che affligge le nostre democrazie e purtroppo si sta addentrando in modo sempre più deciso, ma ho fiducia e sono convinta che attraverso il lavoro capillare dei comitati sui territori, si possa ricreare prima di tutto un interesse da parte dei cittadini nel prendere parte a questa decisione storica, andando infine a votare con convinzione per il sì.
Nicola Guarino
Intervista a Gianni Pittella. Referendum costituzionale: L’Europa ci guarda.
Nicola, bella intervista, un po’ breve. Peccato.
Credo ci sia un aspetto importantissimo della riforma costituzionale che viene poco evidenziato, la parte della riforma che riguarda il rapporto Stato/Regioni.
Forse è la parte più significativa, quella che potrà veramente rendere lo stato più « efficienté ».
Sembra se ne vergognino a parlarne.
Deve esserci un motivo.
Sperando in un clamoroso SI.
Lisander
Intervista a Gianni Pittella. Referendum costituzionale: L’Europa ci guarda.
Bravo, bravo Nicola,per farlabreve, sono assolutamente d’accord. viva il « si ».
Intervista a Gianni Pittella. Referendum costituzionale: L’Europa ci guarda.
Gentile Signor Lisander,
Provo a venire io stesso incontro alla Sua cortese richiesta. In realtà, la riforma del titolo V della Costituzione costituisce uno dei punti più interessanti della riforma. Il vecchio Senato, se vince il SI, sarà sostituito da una camera dei territori, composta da 75 consiglieri regionali, 20 sindaci e 5 senatori di nomina del Presidente della Repubblica e che resteranno in carica, come lui, sette anni. Gli altri, che saranno eletti direttamente dai cittadini (mozione Chiti) con legge costituzionale, necessariamente successiva alla vittoria eventuale dei SI, dureranno in carica per il tempo di durante dei rispettivi consigli regionali. Per i sindaci fino alla fine del mandato. Il Senato vota come la Camera solo le leggi costituzionale e di revisione della Costituzione, vota altresi gli accordi internazionali che riguardano spesso le regioni. Costituisce un importante organo consultivo specie sulle competenze territoriali. Ma la cosa importantissima, a mio avviso, e che vanno a risolversi con questo strumento gli infiniti contenziosi che ci sono tra regioni e con lo Stato presso i TAR, Consiglio di Stato e anche Corte Costituzionale che sono letteralmente paralizzati dai ricorsi e contenziosi, con grave danno all’amministrazione della giustizia. Il nuovo Senato potrà evitare tutto cio’, risolvendo in fieri ogni contenzioso. Lo Stato avrà sovranità ed ultima parola su alcune materie cruciali: La sanità, il turismo, l’energia e i trasporti il che significa che le attuali sperequazioni nella sanità dovranno ridursi sotto una direttiva finalmente uniforme dello Stato, liberando cosi i cittadini da gravosi costi. Nei trasporti non potranno più verificarsi incidenti come quello di questa estate in Puglia, perché gli standard di sicurezza saranno uniformati. I trasportatori, ad esempio non avranno più a che fare nei loro viaggi con venti regolamenti diversi il che snellisce e migliore anche le attività di commercio. Non avremo più l’incredibile situazione che in Cina esiste un ufficio del turismo del Molise ma non dell’Italia. Ci saranno politiche tra le regioni che aiuteranno il paese a sentirsi ancora più unito. Avremo anche un consistente taglio dei costi. La riforma prevede che nessun consigliere regionale potrà guadagnare più di un sindaco. Vale la pena ricordare il libro « La Casta » di Rizzo e Stella dove si denunciava, ad esempio, che il governatore del Molise, non me ne vogliano i molisani, guadagnava come il Presidente degli Stati Uniti. Oltre al taglio totale degli stipendi dei senatori con l’abolizione di qualunque indennizzo, avremo l’abolizione dell’inutile CNEL e delle Province, ma avremo un tetto per gli stipendi dei consiglieri regionali e per i sindaci. Infine, a chi oscura il merito della riforma con l’eterna e spesso inutile polemica politica, vorrei solo ricordare che questa riforma è attesa dall’Europa, ma da molto tempo è attesa dagli italiani. Era stata appena licenziata la Costituzione che già il senatore comunista La Rocca e il democristiano Dossetti, auspicavano la fine del bicameralismo integrato, che fu il frutto di un tempo lontano, della paura del fascismo o del comunismo (erano i tempi della guerra fredda). Ebbene quei senatori, ma se ne convinse finanche Togliatti, auspicavano un senato delle regioni, espressione dei territori. La DC promise e poi non volle e per questo le regioni nacquero solo nel 1970 (fu anche quella una riforma costituzionale). Avere un senato delle regioni ci avvicina alle più moderne democrazie europee, come La Germania, la Francia (dove vivo), l’Austria. Davvero avere oggi due camere che fanno la stessa cosa con maggioranze diverse costituisce una perversione che impedisce a qualunque coalizione di governare. Accadde a Berlusconi nel 1994, anni dopo tocco a Prodi (per ben due volte!) e che dire del paradosso tripolare del 2013? Il Senato delle regioni è stato evocato più volte nella storia della politica italiana. Se si pensa al merito della riforma, che è l’unica cosa che conta, non si puo’ non credere che, a prescindere dalle proprie preferenze politiche, questa riforma è un bene per tutti, è un bene per il Paese.