No, non pretendo una medaglia; però non penso nemmeno di meritarmi davvero la situazione in cui mi trovo. Mi spiego. Ho passato anni a sostenere cose, sulla carta, giuste e sacrosante. Ad esempio, la libertà d’espressione. E quanto mi piaceva quella frase «detesto ciò che dite ma mi batterò fino alla morte perché possiate continuare a dirlo» ! Da matti, mi piaceva. E quando la tiravo fuori, giù fremiti di autocompacimento per quanto ero giusto, democratico, libertario, aperto, tollerante. (I più raffinati – non io – la citavano addirittura in francese, poiché attribuita a Voltaire. Arrotando le erre a più non posso per marcar la differenza : «… je me battrai jusqu’à la mort...». Senza nemmeno accorgersi, così facendo, di prendere una cantonata, perché la frase in realtà non è di Voltaire, ma di una sua commentatrice. La quale, essendo inglese, l’aveva appunto scritta nella sua lingua. Ma questo è un dettaglio che non può mettere in discussione l’impianto e la legittimità di una così giusta lotta).
E sempre sul punto della libertà di espressione (madre di tutte le battaglie), io non ho mai avuto dubbi sull’assurdità di ogni forma di censura. Ad esempio quella contro le parolacce nelle canzoni, ricordate? Dalla che scrive «per i ladri e le puttane io sono Gesù Bambino», un verso intenso, poetico, autentico, e i censori del festival di Sanremo (fascisti !) che gli impongono di cantare «per la gente del porto….». Lo so, la canzone è passata alla storia ugualmente, ma non c’entra: è una questione di principio. E De Gregori che scrive «perché Giovanna è stata la migliore – faceva dei giochetti da impazzire», e niente da fare, anche qui scatta la tagliola dell’Italia bacchettona, e lui (De Gregori) si trova costretto a cantare «ma è un ricordo che vale dieci lire». Che era pure bello, come verso, ma insomma : mica tanto gentile per la succitata Giovanna, a voler vedere.
E anche io a modo mio, «certo con tanti limiti e tante contraddizioni» (frase obbligatoria da dire, a sinistra, per non passare per mitomane) ho sostenuto l’idea di una scuola basata sulla partecipazione e sul confronto, e non sull’autorità. Basta con l’autorità! Basta con la scuola fascista (fascista !) dove ci si alza in piedi ad applaudire il direttore! E quanto alla pedagogia, poi, lì, nemmeno da parlarne, battaglie come se piovesse: per la fine dell’orrendo nozionismo su cui era basato il modello della scuola Gentiliana, a cui invece era necessario sostituire uno scambio fecondo e paritario di strumenti critici tra allievi e docenti; basta con le date, le declinazioni, le coniugazioni da mandare a memoria (terribile, eh? Io me le ricordo ancora adesso, quelle che ho studiato a scuola, non c’è niente da fare, ti si stampano lì e non se ne vanno più – faceva parte del complotto della società borghese per impedirci di aprire la mente ad altri orizzonti). E basta con il monopolio della cultura borghese! Giusto invece aprirsi alle contaminazione, alle culture popolari, etniche, al vernacolo, alla frase magari salace ma vera. Giusto far scendere l’insegnante dalla cattedra perché si mescoli alla classe, agli allievi, pari tra i suoi pari. Un mio amico sosteneva addirittura (per fortuna, inascoltato) che la vera riforma di cui c’era bisogno era l’abolizione tout court della scuola , «visto quello che ci insegnano adesso» (del resto anche Pasolini aveva espresso propositi non molto diversi).
Insomma, tutte queste cose, ed altre ancora, io le ho sostenute, perché ero (e sono tuttora) «di sinistra», perché credevo (e credo ancora) nella giustizia, nella libertà e nell’emancipazione, tutte cose importanti e belle. E adesso, come dicevo all’inizio, non pretendo una medaglia, quello no, quello sarebbe troppo ; però non penso nemmeno di meritarmi la situazione in cui mi trovo. Io mi sono battuto contro il nozionismo, e va bene, e ora mi ritrovo la senatrice del M5S che per ringraziarmi tuona contro « i regimi violenti come quello di Pino Chet » (sic) – ecco un esempio di persona che il problema della cultura mandata a memoria, proprio non ce l’ha. Mi sono battuto per una società, come diceva Luciano Bianciardi, basata sul consenso e non sull’autorità. E adesso un deputato dello stesso Movimento Cinque Stelle ci parla del Presidente della Repubblica come del «boia Napolitano», e i suoi colleghi ed i simpatizzanti dello stesso Movimento insultano selvaggiamente Laura Boldrini, Presidente della Camera, dandosi di gomito (virtuale. Su Internet) in una spirale di pesanti allusioni sessuali e fantasie di stupri – ecco, loro non ce l’hanno il problema della sottomissione all’autorità. Ce l’avevo contro l’ipocrisia delle buone maniere che soffoca i modi franchi, popolareschi, autentici. E mi sono ritrovato un ex ministro della Lega che paragona Cécile Kyenge a un orango, e un’amministratrice locale dello stesso partito che a proposito della stessa Kyenge si è serenamente chiesta «Ma mai nessuno che se la stupri?». Ecco, se io volevo il parlar chiaro, questo si chiama parlar chiaro.
Avevo un’istintiva diffidenza verso il nazionalismo, il culto della bandiera che mi rimandava, non dico al fascismo, ma alle guerre e ai confini tra le nazioni e tante cose che non mi piacevano? E in un recente passato mi sono ritrovato Umberto Bossi a proclamare sonoramente che «l’Italia dobbiamo mandarla a fanculo». Mi sono battuto contro l’ipocrisia religiosa ? E Silvio Berlusconi se ne è uscito fuori con una delle sue barzellette che si concludeva su una sonora bestemmia, e giù risate, e un Monsignore che mi ha scavalcato a sinistra dicendo che suvvia, che sarà mai una bestemmia, la bestemmia «va contestualizzata».
E insomma, se guardo al dibattito politico e sociale italiano di oggi, mi ritrovo sommerso da un diluvio di insulti, di volgarità, di fesserie spacciate per teorie miracolose, di aggressioni verbali ; da un esercito di maleducati, cafoni, deficienti, analfabeti che salgono sul pulpito e tengono lezione sui massimi sistemi e vomitano (per ora metaforicamente parlando, nel futuro è probabile che passino all’atto) su chi segnala loro qualche leggero strafalcione o li invita a una riflessione di più di dieci secondi su temi straordinariamente complessi.
Perché vi racconto tutto questo? Perché vi devo confessare una cosa veramente bruttissima e spero che voi, comprendendo la mia situazione, possiate essere indulgenti. Ogni tanto, nel mio candido lettino, mi capita di ripensare agli autori di quel delizioso duetto sul blog di Grillo a proposito di Laura Boldrini «e se gode ?», dice uno, «Allora me la scopo», replica l’altro. O a quello che scrive (giuro che è vero : Max Bugani, consigliere comunale del M5S) «Insegnate al mondo cosa significa dare un senso alla vita e alla parola dignità (…) Teniamoci per mano e andiamo avanti, a testa bassa, come Rocky Balboa, fino a farci rompere il collo da questi bastardi. Sono sempre più convinto che alla fine vinceremo noi. VINCIAMO NOI, meravigliosi onesti puliti e liberi cittadini a 5 stelle», e mi viene da dire: come NON diceva Voltaire (ma una sua commentatrice inglese), detesto ciò che dite e fin qui ci siamo. Per il resto, lo so che non è giusto e non è bello, ma sinceramente dover anche lottare fino alla morte perché possiate continuare a dire queste scemenze, ecco, quello ora come ora comincia un pochetto a pesarmi.
Maurizio Puppo