Tempo libero, tempo liberato? Turista o viaggiatore? L’estate è la stagione in cui si pensa al tempo come variabile pura, da utilizzare secondo proprie inclinazioni o desideri; ovvero non utilizzarlo affatto, seguendo un ozio creativo, semplicemente rilassante.
Il tempo libero, o finalmente liberato da scorie che un anno sa accumulare mese dopo mese, giorno su giorno. Già, ma libero da cosa? Liberato dal senso costretto del Pil, dall’investire ogni attimo nel lavoro (per chi ce l’ha), nella carriera (per chi può). Ma raramente nell’altruismo, nella cura del proprio io interiore mediante una buona lettura, un film, un’opera d’arte. L’arricchimento pare sia solo una questione di reddito. La civiltà del consumo si è impadronita ruminando e invadendo ogni istante del tempo che – appunto – non è più nostro.
Ecco perché allontanarsi fa bene. Ed è la grande letteratura a farcene carpire il senso. Il turista, il viaggiatore, concetti paritetici almeno nell’apparenza o nel sentire comune. Ma comune non è affatto. In soccorso ci viene la letteratura e il cinema del secolo scorso: Paul Bowles che nel suo capolavoro “Il the nel deserto” (1949) e portato magistralmente sullo schermo da Bertolucci nel 1990, ci rende edotti sulla purezza umana di chi vuol rigenerarsi “altrove”.
Nel romanzo di Bowles, Tunner dice a Kit: “Noi siamo forse i primi turisti che vengono qui dopo la guerra”. – Gli ribatte Kit: “Zitto, Tunner! Noi non siamo turisti, siamo viaggiatori … Il turista è uno che appena arriva pensa di tornare a casa, mentre il viaggiatore può non tornare affatto …” E aggiunge il narratore: “Poiché non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile; però tutto accade un numero minimo di volte … Quante volte guarderete levarsi la luna – forse venti – eppure tutto sembra senza limite”.
Lo scrittore si pone dunque il bisogno di guardare al viaggio come una allegoria della vita, e il tempo come ricchezza da saper valorizzare.
Nel dualismo fra turista e viaggiatore vige il senso umano: il turista porta con se il mondo in cui vive, la macchina fotografica (o i selfies moderni) per immortalare la vacanza e riviverla con nostalgia d’inverno; il viaggiatore porta invece con se un’aura di mistero, di avventura ben lontana dai quotidiani sentieri urbani. Il viaggiatore (di Bowles) abbandona il mondo di ogni giorno per lasciarsi rapire dal viaggio stesso.
Il viaggio mutua il bisogno di vita e noi tutti siamo “spettatori paganti di questo spettacolo”: possiamo scegliere se utilizzare il tempo e il viaggio come turisti o come viaggiatori.
Armando Lostaglio
Estate: Tempo libero, tempo liberato
IL TURISTA E IL VIAGGIATORE
Dici bene. Nella storia della letteratura mondiale tutti i grandi scrittori e poeti sono stati dei Viaggiatori e non dei turisti. Vedi Goethe, Steinbeck, Joyce, Cervantes per citarne alcuni. Non sono stati turisti perché diversi per sensibilità, per sete di equilibrio interiore, per particolare capacità introspettiva che spingeva a guardare il mondo con occhio diverso: la città, la natura, il paesaggio, i monumenti, le opere d’arte in genere erano sorgente di emozione e di riflessione profonda. Guardavano il mondo con l’occhio del sentimento, di quello spirito dell’animo che sa cogliere le palpitazioni emotive ed espressive dell’artista, le motivazioni profonde dell’uomo che ha generato ambienti di vita e di culto, le sofferenze degli umili che l’arte esprime, la vitalità pura della natura che genera e si rigenera.
Osservano, riflettono, annotano nel registro della mente ed esprimono originalità espressive che è nell’uomo ma che l’uomo-turista non può e non sa esprimere perché la sua mente è orientata al piacere della “visita” che pensa di immortalare con la macchina fotografica. Alla fine del Tour al turista “guidato” rimane la fotografia a cui ricorre per ricordare i luoghi visitati o i pranzi e i balli consumati in questo o quel ristorante; al Viaggiatore “solitario” rimane quella trasformazione culturale che il viaggio “libero” gli ha procurato e continua a procurargli nel momento in cui si ferma in questo o quel luogo, in questa camera d’albergo o in quell’angolo del contesto sociale di cui non sente né rumori né schiamazzi.