Se c’è una tradizione che non smette d’essere ricercata ed attesa presso tutti i popoli della terra, dopo il buio dell’inverno, è quella del ritorno della luce per i suoi impliciti significati: luce non solo in senso meteorologico, ma allegorico, religioso, filosofico, storico, quindi come simbolo di verità, trasparenza, testimonianza autorevole di giustizia, carità, amore.
Quella dell’Epifania è una festa variamente cara, perchè rivelatrice della stagione della rinascita, per cui si rinnova il ciclo vitale ed è collegata all’infanzia, l’età dei sogni e delle illusioni, prima della scoperta dell’arido vero, avrebbe detto Leopardi, il poeta che è riuscito ad essere il suo cantore immortale.
I riti per evocare il ritorno della luce sono molteplici:
si comincia il 13 dicembre, in prossimità del solstizio d’inverno, con la festa di Santa Lucia, martire siracusana, il cui culto, attraverso Venezia ed Istanbul, è giunto fino in Scandinavia, a Stoccolma e a Göterborg. In Scandinavia le fanciulle solitamente son vestite di bianco per accentuare la luminosità e portano sul capo una corona di candele che illuminano i loro passi incerti nella notte buia.
C’è bisogno di rinnovare questo ritorno e di celebrarlo come la nascita del sole, l’aurora foriera d’un giorno luminoso e propizio di speranze che s’affacciano a rendere accettabile il presente.
La magia d’una vita che si rinnova non ha smesso mai d’incantare sia gli antichi che i contemporanei.
Tutte le genti della terra hanno festeggiato e festeggiano la stagione della rinascita. Gli antichi Egizi avevano Horus, il dio-uomo, figlio di Iside, in cui si vide trasfigurato il Faraone, i Romani celebravano i Saturnalia, gli Ebrei Hanukkah, la festa delle luci, mentre i cristiani hanno scelto di riconoscere come luce la venuta di Gesù a Natale, aggiungendo poi, nella visita dei Re Magi, quel tocco orientaleggiante che lega l’Est all’Ovest, del lungo cammino nel deserto, dell’itinerario della stella, del compimento del prodigio nella rivelazione dell’apparizione divina in un umile fienile. L’Epifania è la prosecuzione del Natale, un gradino in più nel percorso della luce prima preconizzata, attesa ed infine rivelata.
Non ci si sottrae a questo schema che lega un po’ tutte le culture. E la luce continua a ritornare ciclicamente ed a infondere nuova energia e vitalità finche ci sarà il mondo della natura.
La straordinaria circostanza dell’Epifania non mancò d’essere ampiamente raffigurata nell’arte pittorica da Giotto, Leonardo, Botticelli, Gentile da Fabriano, Giorgione, Caravaggio, Rubens, Dürer, Mantegna e tanti altri grandi artisti. Tutti hanno fatto a gara a rendere la straordinaria ricchezza di forme e colori di questo suggestivo evento, puntando non solo sul tema sacro.
Anzi Gaspare Sacchi del Seicento, con la sua Adorazione, che si trova nella Pinacoteca di Brera, interpreta in modo speciale, perché oltre ad arricchire la gloriosa tradizione, arriva ad auspicare un incontro di razze e di mondi con il primo piano dei Magi, messo ben in evidenza e con lo sfondo scenografico a scalinate, con cui si spinge dal chiuso verso l’infinito dello spazio e del tempo, per arrivare forse ad alludere a noi, abitanti di una terra multietnica, desiderosi di uscire dal buio d’un lungo e tormentato percorso storico per trovare la pace.
Nel corso dei secoli la tradizione cristiana si è unita a quella folklorica: è nata così la Befana, che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio porta i doni e i dolciumi ai bambini, ricordando così l’offerta dei Re Magi a Gesù Bambino. La Befana è una delle figure più amate della tradizione natalizia italiana. Come recita una famosa filastrocca, questa vecchietta molto simpatica “vien di notte, con le scarpe tutte rotte e il cappello alla romana”, volando sopra le città a cavalcioni di una scopa, e lascia i suoi regali nelle calze appese dai bimbi. Questa figura della vecchia strega è diffusa in molti paesi e porta via tutte le Feste.
Gaetanina Sicari Ruffo