Ecco uno dei temi più controversi di questo inizio millennio: il populismo. Da destra e da sinistra le accuse di essere populista sono ricorrenti. Spesso il tema del populismo si è coniugato con l’accusa di essere xenofobi, di difendere gli usi della propria civiltà. Tuttavia il tema del rispetto della diversità culturale inevitabilmente deve collegarsi all’apertura verso chi queste diversità le riceve o le subisce. Uno spunto da dibattere e riflettere.
Fu Stalin ad introdurre nel vocabolario e nelle sentenze giudiziarie la tremenda accusa di « nemico del popolo ». Era « nemico del popolo » chi deviava dalla linea ufficiale del conformismo « rivoluzionario » imposto dal pensiero unico di allora, trionfante in Unione Sovietica e nelle gloriose « democrazie ‘popolari' ».
Pensiero unico cui si abbeveravano i progressisti di casa nostra che nei loro eleganti salotti borghesi e nelle austere sedi di partito tifavano per la miracolosa « Rivoluzione » da attuare ad ogni costo anche nella penisola. Che si pensi a Pertini, a Veltroni, a D’Alema, allo stesso Napolitano…
Oggi a far male nel nostro Occidente europeista e globalista è invece l’ accusa di « populismo », che viene lanciata senza risparmio contro chi, a stretto rigore di logica semantica, non è un « nemico » ma un « amico » del popolo, o almeno si dichiara tale. Amico che è classificato automaticamente dalle nostre élites pensanti come demagogico e opportunista. Sulla base di che? Sulla base appunto del suo « populismo ».
Un perfetto capovolgimento è avvenuto: dalla simpatia per i termini « popolo » e « popolare » – « Vedi: « Avanti Popolo! » e « Democrazie popolari » – e dall’anatema per il « nemico del popolo », siamo passati all’esecrazione di « populista », « populismo », termini esprimenti dopo tutto l’idea di « popolo » e di « popolare ».
Il « populista » incarna sic et simpliciter la nuova categoria del male, e quindi le sue idee sono istantaneamente bocciate senza che i « benpensanti » avvertano il bisogno di esaminarle nel merito. « Xenofobia », « razzismo », « superato nazionalismo » sono le immediate sentenze di condanna contro i nostri « malpensanti »; quando l’accusa non è addirittura quella sempiterna di « fascismo ».
Ma chi sono questi famigerati populisti?
Le nostre élites benpensanti, erettesi a vestali della political correctness, lanciano l’accusa di « populismo » contro chiunque non condivida l’entusiasmo, ritenuto obbligatorio, per l’attuale frenesia di abbattimento di ogni barriera a prodotti e a uomini all’interno di un’Europa dai confini incerti. Tanto che la stessa idea di un territorio europeo, con un suo popolo, è stata sostituita da uno « spazio »: « lo spazio di Schengen » che ricorda la « relatività » di Einstein. Infatti lo spazio Schengen è in costante espansione, proprio come l’universo di Einstein, o come l’animale misterioso di un film di fantascienza.
In esso comunque approdano masse e masse dagli altri continenti. Con il risultato che piu’ una certa idea dell’Europa prevale con i suoi principi di internazionalismo e con l’adorazione « a priori » del « diverso », e meno europea l’Europa stessa diviene.
Infatti un’assurda disuguaglianza distorce la normale logica: la popolazione maggioritaria, insediata in un territorio da secoli, è accusata di razzismo e di xenofobia se cerca di salvaguardare solo un po’ i propri valori, consuetudini, stili di vita.
Si fa invece di tutto per permettere ai nuovi arrivati di conservare le identità di partenza, basate spesso su valori e stili – « pubblici » e non « privati » – di vita spesso in aperta opposizione a quelli vigenti nel paese che li ha accolti. Cosa volete, la beatificazione a priori del « diverso » è il principio fondamentale del nuovo catechismo.
Questa nuova « rivoluzione », che non è piu’ comunista ma comunitaria e universalista e grazie al Papa anche ecumenica, è basata su un assioma: siamo tutti uguali e il pianeta è la nostra patria. Insomma, ancora una volta: « Viva la Rivoluzione! »
Claudio Antonelli
Il nuovo nemico del popolo: il « populista »
Questo articolo mi è molto piaciuto, perché espone il problema del rischio che stiamo correndo, quello di una cancellazione di una nostra identità culturale e storica. L’articolo scritto con garbo e misura da’,però, la giusta misura di quello che sta avvenendo. Mi complimento con Claudio Antonelli!