Le camelie… Per La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, Eleonora Duse, che tanto amò Firenze, usava cinque costumi diversi per i cinque atti, bianchi tutti, color neve, argento o avorio, oltre all’oro a rammentare la margherita del suo nome.
Un altro scrittore di gran fama alla Belle Époque, Paul Bourget, romanziere della mondanità, soggiorna a lungo e varie volte a Firenze e le dedica pagine di romanzi e di racconti in cui sono menzionati il Gabinetto Vieusseux e Doney. Il primo racconto italiano, Le Coup de soleil del 1874 offre alle Cascine una scena mondana tra le dame, i loro amici e i loro amanti nelle vetture sotto il sole che gioca sulle chiome, sulle sete e sui fiori. Rammenta questo “salotto all’aria aperta” gli Champs-Élysées e il Bois de Boulogne in una Firenze che viene definita, per il gran numero degli Inglesi che l’hanno scelta, una “Cosmopolis”, al pari di Venezia e di Roma in cui Bourget ambienta l’omonimo romanzo del 1892.
In Croquis Italiens di Études et portraits del 1889, lo scrittore definisce la Toscana “un giardino di profumi” e descrive i mazzi collocati, ogni mattina, dai fiorai lungo le basi di Strozzi, il quale più che un palazzo gli pare una cupa cittadella: “Vi sono tante rose bianche, rosa e rosse, tanti giaggioli dalle tinte viola, tanti esili garofani, nobili gigli, narcisi delicati, lilla pallidi, che in oasi si muta quella fortezza”. In un racconto, Steeple Chase, poi intitolato Maurice Olivier e inserito nei Nouveaux Pastels del 1891, se per le vie di Firenze si trovano molti fiorai, un principe italiano che mira a sedurre un’aristocratica francese, preferisce cogliere fiori da campo nel chiostro della Certosa detta allora di Ema. Le Sensations d’Italie del 1891 invece evocano la Toscana più che Firenze. Con il tempo si incupisce la visione del romanziere e nel 1918, in Nemesis, un anarchico nascosto in un laboratorio dell’Oltrarno concepisce un ordigno destinato a far saltare Santa Maria del Fiore.
Un altro contemporaneo famoso, Anatole France, accenna nei racconti medioevali Messer Guido Cavalcanti e Le Songe della raccolta Le Puits de sainte Claire del 1895, alle praterie lungo l’Arno “tinte di fiori come dipinti”. E nel romanzo fiorentino Le Lys rouge del 1894, letto ancora nella Francia degli anni 1960, sono evocati i corbezzoli e gli allori di Fiesole, i fiordalisi di cui si ornano perfino i vetturini per il calendimaggio, mentre sono le rose a segnare il percorso amoroso sulle scale del villino di via Alfieri in cui si ritrova la coppia e vicino al letto. Sulla Piazza della Signoria, dopo il bacio davanti ad un affresco dell’Angelico in una cella di San Marco, ancora spuntano le rose, mentre alla protagonista presa dalla voglia di un gelato, l’amante regala per evitarle di leccarlo in pubblico, un cucchiaino antico e prezioso che reca il giglio fiorentino. Tornata a Parigi, a teatro, in compagnia del marito, la protagonista esibisce una grande spilla di rubino a forma di giglio, simbolo della rivelazione dell’amore nato per lo scultore a Firenze. Dopo la rottura, le tinge il giglio di sangue l’abito bianco.
È ancora un tenero abbraccio in una cella di San Marco tra i “fiori sparsi” dall’Angelico, a suggellare l’amore della coppia di Sainte-Marie-des-Fleurs, romanzo di René Boylesve del 1897. Il titolo che moltiplica i fiori viene scelto dal narratore quale soprannome per la diletta, mentre il famoso piazzale è nominato più di una volta “Saint-Michel-Ange”.Tuttavia se Marie si adorna di rose sul cappello e alla cintura e a Fiesole le rose hanno “la calorosa grazia di vivi sorrisi”, i giardini di Boboli e i colli fiorentini con i neri cipressi e gli smorti ulivi preannunciano la prima incrinatura dell’amore, che conosce a Ferrara e a Venezia l’epilogo tragico.
Più che in un episodio fiorentino appassionato nel romanzo Mémoires d’un mari del 1903, nel libro dedicato a Firenze, Quinze jours à Florence del 1913, André Maurel, autore di diciotto libri sull’Italia — nel 2022 la Lyriks ha ripubblicato il suo viaggio in Calabria — descrive i fiori della città, dai lilla di San Miniato alle vasche fiorite di Boboli, dalle cascate di fronde sulle chine fiesolane ai vasi di cotto traboccanti delle Ville medicee. Ammira da San Miniato la misura che vige come nell’arte, nella natura dalle piante né troppo folte né troppo rade, né troppo rosseggianti né troppo verdeggianti, che creano un’armonia unica tra paesaggio e architettura. A far “fiorire” la pietra e il marmo è l’arte, così Giotto nell’innalzare il Campanile, e a perpetuare i fiori onnipresenti a Firenze, da San Miniato a Fiesole, quei fiori che paiono nati dall’anima del popolo, sono i Della Robbia che illuminano i cupi muri con la sinfonia dei lilla, delle rose e degli allori.
Firenze viene da Marcel Proust battezzata “città dei Fiori” in Du côté de chez Swann del 1913 e in Le Côté de Guermantes del 1920-21 e il Duomo, “Santa Maria dei Fiori”, mentre si copre di giunchiglie, di narcisi e di anemoni il Ponte Vecchio. L’intera città “miracolosamente profuma, simile ad una corolla”.
Così, più ancora di Paul Bourget, di Anatole France, di René Boylesve e di André Maurel, Proust ci offre una visione incantata della città fiorita, che mai vide, ma più di ogni altro seppe sognare.
Anne-Christine Faitrop-Porta
P.S.: Questo mio scritto è stato postato sulla pagina Facebook della splendida Biblioteca Marucelliana di Firenze in occasione del Mese della Francofonia. Con il gentile concesso della Direzione della Biblioteca, sono felice di poterlo proporre anche ai lettori Altritaliani.
https://marucelliana.cultura.gov.it/
https://www.facebook.com/BibliotecaMarucelliana
Copertine a corredo dell’articolo:
– Anatole France, Le Lys rouge, compositions de A. F. Gorguet, Paris, Romagnol, 1903, sur le site de la Bibliothèque Nationale de France, Gallica.
– Sainte Marie des Fleurs / René Boylesve, décoré d’eaux fortes originales de Charles Duvent, tirées par Valcke, 1913, sur le site de la Bibliothèque Nationale de France, Gallica.