Che cosa succede nella costellazione a cinque stelle del movimento di Grillo? Come spiegare un crollo che in poco più di un anno ha fatto scivolare il movimento del “Vaffa” dal 34% dei voti al 17%? In questo solo anno M5S è passato in Italia dal primo posto al terzo, scavalcato dalla Lega rampante di Salvini e finanche dal balbettante PD di Zingaretti.
Di Maio, Casaleggio Jr. e soci hanno sperimentato, anche loro, la dura legge che vuole che si è vincenti all’opposizione ma immediatamente in crisi quando si è al governo. Questo assioma non spiega tutto e rischia di essere fuorviante specie in considerazione del dato che la Lega, pure essa all’opposizione nella passata legislatura, ha compiuto, stando al governo proprio con i grillini, esattamente il percorso opposto, passando dal terzo al primo posto nelle preferenze degli italiani che votano.
Alla base della débâcle grillina, vi è quindi di più. Certamente per un partito liquido come il loro (ed è bene chiarire che qui vi è una prima differenza con la Lega, che liquida non è), è difficile amministrare il governo, riuscire a mantenere le entusiastiche promesse populiste fatte in campagna elettorale, specie partendo da una realtà che, dopo il governo Renzi e poi Gentiloni, seppure migliorata, rispetto agli anni della crisi economica più profonda, manteneva sempre il paese su una soglia di pericolo.
La seconda motivazione è che la Lega al governo rischiava meno, in primis perché non forza di maggioranza al governo, e poi perché i dicasteri assunti non comportavano grossi rischi economici e quindi non costringevano, come nel caso dei grillini, a fare i conti (letteralmente) con la dura realtà economica del paese, trovatosi ancora una volta in un contesto europeo di stagnazione, se non di recessione.
L’altro elemento che spiega la differenza di sorte tra Lega e grillini è nel fatto che pur nell’era del digitale e dei social la presenza territoriale è ancora decisiva. La Lega ha, specie in alcune aree del paese, un solido radicamento, mentre M5S, che pure ha molti movimenti che lo guardano o lo guardavano come un riferimento, non è stato mai capace di costruire questo radicamento e nemmeno di gestire questi movimenti per un progetto comune di società. Un errore simile fu anche di Renzi e il suo PD, che raccolse messi di voti, ma che non si curò proprio di costruire un consenso reale nel paese puntando, in modo illusorio, unicamente sulla comunicazione nei social e sui media.
Ulteriore errore grillino è stato fare un governo senza regole chiare, con il Premier Conte, che è apparso come un semplice mediatore, una figura di contorno, rispetto ai due veri protagonisti, i contraenti Di Maio e Salvini. Così facendo si è generata una confusione incredibile, con Salvini che nominalmente è ministro degli interni ma di fatto interviene in assoluta libertà avendo voce anche sulla politica estera, sulle infrastrutture, finanche sulle politiche familiari, sull’ambiente, sulla difesa, finendo per entrare in contraddittorio ed in contraddizione con i vari ministri titolari di quei dicasteri.
Tutto ciò spiega due cose: La prima è che Salvini come leader ha molta più consistenza di Di Maio, che ha dalla sua solo il fatto di essere meridionale, cercando così di costruire almeno lì, il suo feudo, cosa peraltro difficile, perché i sondaggi anche nel meridione, sia pure in misura diversa, dicono che un nuovo voto premierebbe il “comandante” della Lega molto più che M5S. C’è poco da fare nel derby populista, dove essere leader conta moltissimo, chi ha più carisma e quindi più successo è proprio l’attuale ministro degli interni. Il quale viene disperatamente, e spesso con poco successo, arginato più dall’anonimo Conte o da Tria, ministro dell’economia con passaporto di Mattarella, che da Di Maio, che appare sempre più in bambola, stordito, incoerente.
Il confronto tra i populisti e l’oggettività del quadro economico stanno portando ad una rapida consunzione dei grillini che rischiano a questo punto seriamente di estinguersi in pochi anni.
Il Movimento perde pezzi e che pezzi? Si parla di esponenti della prima ora come la Nugnes, lo stesso Fico appare oggi in gravissimo imbarazzo, ma quel che peggio è, è che perde l’onda di movimenti che ne erano presupposto ed origine. La delusione è crescente, episodi come l’Ilva di Taranto, la TAP in Puglia, la mancata chiusura delle trivelle nel Mediterraneo, l’incapacità di riportare le acque ad essere pubbliche, il fumo con pochissimo arrosto del reddito di cittadinanza e le ondivaghe decisioni sull’Europa anche in sede di costruzione della Commissione, per finire con il colpo mortale inferto alle speranze dei “No-Tav”, sono la cifra del fallimento grillino.
Ma probabilmente è anche il fallimento della politica liquida, quel plasmarsi di continuo sulle aspettative della cittadinanza, senza avere un’idea, un progetto per il paese, senza avere un’idea sul quadro geo-politico attuale, restando finanche soli senza alleati in Parlamento europeo, riprova che non basta ripetere e fare proprie le richieste, a volte irrazionali e compulsive, di una popolazione in parte eccitata dai social e dai media, per essere, un partito o un movimento di successo.
La politica deve guidare i cittadini, non farsi guidare, la politica ha una sua dignità e deve costruire il consenso, non acconsentire ad ogni richiesta, anche la più demagogica e folle. È la politica che guida un popolo e non viceversa, anche perché il rischio in questi casi è di precipitare nelle paure, nei rancori di una folla che, in quanto tale, perde tutte le logiche e le sensibilità che sono di ciascun individuo.
Alla massa non basta avere speranze, occorre rispondere alle paure, dare soddisfazione ai rancori, alle rabbie ed in questo lavoro, la Lega ha dimostrato tutta la sua efficacia. Più della pur allettante promessa di un reddito senza lavorare, ha fatto preso il cieco accanimento contro gli ultimi (gli immigrati, i rom, i diversi) rappresentati, senza nessun concreto allarme, come il pericolo per gli italiani, per la loro salute, il loro futuro. Visti, come fummo visti noi quando immigrati eravamo, come portatori di malattie, mafiosi, delinquenti pronti a rubarci le case, il lavoro.
Sul piano tragico dell’irrazionale, la Lega ha dimostrato di essere molto più efficace, nel costruire mostri, dei grillini. La cui fine potrebbe essere, più che un problema la soluzione, spingendo la Lega nel suo alveo naturale, quella di una destra che deve fare i conti anche con quelle forze (sempre più deboli, ma presenti) del moderatismo, che oggi in quell’area sono rappresentate essenzialmente, se non unicamente, da Forza Italia. E a sinistra (ma cosa debba essere oggi la sinistra è ancora un dibattito che non ha trovato conclusione), il PD potrebbe costruire un’alternativa; ma a due condizioni: una di creare una proposta nuova, veramente rivoluzionaria (come ha ricordato Zingaretti nel Consiglio Nazionale) e che non sia solo l’ennesima operazione nostalgia; la seconda condizione è di tenersi alla larga dai grillini e questo, non per l’incompatibilità di idee e di programmi (cosa evidente). Bisognerebbe capire, a questo punto, qual è il programma di Casaleggio e Di Maio e forse occorrerebbe capire anche qual è il programma del PD, cosa ancora ignota; e non solo perchè i Cinque Stelle hanno eroso i democratici con anni di campagne diffamatorie e bombardando ogni giorno il paese di fake news, ma per il semplice motivo che M5S è per sua natura, ormai potremmo dire storicamente, inaffidabile.
I fatti di questi mesi dimostrano una sola cosa, che Lega e i grillini sono insieme solo per la conservazione del potere e, ironia della sorte, finanche il garante Conte sembra oggi solo intento a ritagliarsi un ruolo nel potere prossimo venturo.
Su queste basi il PD, per storia, per gestione, per le sue regole democratiche, non può che ritenere i grillini come il loro peggiore antagonista, quello con il quale alcun accordo è possibile. La tentazione è forte perché, quando sarà conclusa l’attuale esperienza di governo giallo-verde, ovvero quando Salvini avrà deciso di staccare la spina, ai grillini resterà solo l’ossigeno del PD per tentare una disperata risalita. Se ciò non avverrà, Salvini con le luci di Palazzo Chigi andrà a spegnere anche la costellazione a 5 stelle che ormai è sempre più fredda.
Nicola Guarino