‘Gennj che si ribellò ai cellulari’ di Costanza Savini

Con ‘Gennj che si ribellò ai cellulari’ Costanza Savini conferma la sua eccezionale capacità di tessere parole, raccoglierle, come si raccolgono erbe, fiori e piante in un bosco, sceglierle con cura per farne essenze e pozioni magiche, mettere insieme il meraviglioso e il reale, il visibile e l’invisibile e creare una via di comunicazione tra noi e l’energia della natura.

Gennj è una bambina che indossa tutti gli odori e i profumi di persone, ambienti, cose e perfino dei telefonini, perché è nata con un organo in più invisibile e magico che le fa indossare gli odori delle cose senza sceglierli e senza volerlo. Eppure indossare l’odore dei messaggi e delle immagini che appaiono sui telefonini non la fa stare sempre bene, anche se per aiutare sua madre è costretta a farlo lavorando ogni giorno nelle Sale della Pubblicità. Fino a quando all’improvviso accade qualcosa di diverso e da quel momento la sua vita cambierà completamente.

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Costanza Savini, Gennj che si ribellò ai cellulari, illustrazioni di Greta Croci, OM Junior, 2017

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Per capire l’opera della Savini è necessario parlare di Costanza, autrice bolognese di cui abbiamo già parlato in questa rubrica per il suo Ismail.

Tutto in Costanza Savini è narrativa. E per potervela presentare partiamo dal ritratto qui sotto, realizzato da Octavia Monaco.

Costanza Savini ritratta da Octavia Monaco

Eccola Costanza nel suo mondo a più dimensioni. Quegli occhi chiusi sul mondo reale e aperti, svegli sull’universo. Il corpo morbido per poter meglio attraversare i diversi strati dell’esistenza. Sempre a più piani e livelli. La penna in mano per poter disegnare e ritrovare il mondo perduto di cui ognuno di noi è in eterna ricerca. La penna è parola e le parole ‘via via che escono dalla nostra bocca e dall’apertura del nostro ombelico, esse arrivano alla persona a cui sono dirette, alle sue orecchie e al suo ombelico che altro non è che un vulcano ripiegato nel corpo‘, come dice la stessa Costanza nel suo ‘Sette storie per l’anima’.

Il mondo narrativo di Costanza è quella linea netta che trancia il mondo noto dall’ignoto, quella natura in parte visibile e in parte invisibile che va ricercata e ritrovata nel più profondo: il ritorno alla natura (reale e di sé) è uno dei motivi ispiranti e fondanti il suo lavoro. Strani alambicchi che danno accesso a quegli spazi oscuri di noi stessi, che sono poi le tecniche che Costanza usa nelle terapie atte a risvegliare le sensazioni profonde e a sciogliere i blocchi energetici della persona.

Abbiamo chiesto all’autrice di spiegarci di cosa si occupi e cosa significhi sciogliere i blocchi della persona:

Costanza Savini: « Mi occupo di terapie psico corporee di breve durata, che hanno come obiettivo principale quello di accompagnare e sostenere la persona nell’attraversamento o nella risoluzione di un conflitto o problema personale. In tale processo non solo utilizzo il dialogo, ma anche le tecniche corporee della pratica Bioenergetica di Alexander Loween terapeuta americano e il contatto nutritivo della terapia Organismica di Malcolm.

L’idea dominante è che nella relazione d’aiuto, oltre a una parte di accompagnamento incentrata sul dialogo, sia necessario lavorare anche sul contatto diretto, corporeo, volto a risvegliare le sensazioni profonde e a sciogliere i blocchi energetici della persona, per permettere di comprendere meglio se stessi dall’interno.

Costanza Savini in un suo laboratorio

Ad accompagnare questo processo di ‘guarigione’ è spesso la parola, che in terapia e in scrittura sono considerate da Costanza Savini ‘parole stimolo’:

C.S. « La mia attività di scrittrice fa sì che negli incontri individuali, oltre al lavoro verbale e corporeo, io affianchi spesso anche la scrittura di stralci di diario o di singole « parole stimolo », che emergono a ogni incontro e sono sempre diverse. Della « parola stimolo », una volta individuata e tra-scritta, la persona dovrà fare uso per aiutare il prodursi di un movimento dentro di sé e il processo di cura. La “parola stimolo”, infatti, in qualche modo parla al nostro cervello e attiva la nostra volontà ».

In questo ritratto come nell’opera della Savini vi è un continuo rimando al mondo animale e vegetale e all’infanzia, come vediamo nel gruppo dei bambini che danzano sotto la luna che si fa sole e che rieccheggia il principio dell’equilibrio maschile/femminile.

E al mondo dei bambini Costanza torna spesso con le sue favole, con le quali parla ai bambini, ma anche agli adulti che hanno dimenticato di essere stati bambini, che hanno smesso di parlare con il loro bambino interiore. Sono favole per bambini e sono favole per adulti. Sottile e forse nulla è la differenza tra i due generi, come ci spiega la stessa autrice:

C.S. « Non c’è realmente una differenza tra favole per adulti e favole per bambini, per me gli adulti hanno anche più bisogno dei bambini di narrazioni fiabesche, ma non hanno il coraggio di ammetterlo perché la considererebbero una debolezza. Inoltre i bambini vivono già in un mondo di favola che purtroppo i grandi, loro malgrado, contribuiscono a demolire. Ed è per questo che gli adulti raccontano favole ai bambini, perché in realtà le raccontano a loro stessi, in quanto attraverso la fiaba possono riappropriarsi di archetipi eterni e, come tali, dotati di un grande potere catartico su di un mondo sempre più ambiguo e disorientante ».

Gennj che si ribellò ai cellulari‘ è l’ultimo dei racconti di Costanza Savini.

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Come Ismail, Gennj è una creatura intrisa di simboli, illusioni che si trasformano in sogni, sogni che si trasformano in realtà. Gennj vive in conflitto tra la materialità dell’esistenza e la spiritualità di un mondo ‘altro’ da cui è profondamente attratta, e per lungo tempo ne è inconsciente. Sino al momento della consapevolezza.

I personaggi di Costanza sono magici, loro malgrado, sono ingenui, hanno un dono e non lo sanno usare: sono personaggi in formazione, in cammino. Creature fragili e potenti, là dove per potenza si voglia intendere ‘tensione’, overosia quel bisogno istintivo, inconsapevole, appunto, di andare oltre. Quel vivo sentimento di vuoto da riempire e la continua ‘tensione’ verso questo sé pieno.

« Per Costanza Savini la letteratura è un viaggio che porta ai confini dell’inconoscibile dove la teneur prévaut sur le sense« . Che cosa sia la ‘Teneur’ in Gennj ce lo spiega Costanza Savini stessa:

C.S. « La ‘Teneur’ per me è una sorta di ritmo o stile interiore che dà unicità di significato a ciò che facciamo o diciamo. GENNJ a mio avviso ne è pervasa e ne è pervasa anche quando la sua vita sembra essere completamente al servizio del mondo degli adulti dove tutto è calcolo, automatismo e tecnologia. In qualche modo il suo stile interiore, attraverso dei piccoli impercettibili segni e indizi, come le mani che giorno dopo giorno le si raffreddano sempre di più, prevale sul sense-non sense della sua vita prima della sua ribellione ».

Gennj è un’indossatrice di odori. Nasce con il dono di assimilare gli odori che la circondano, li fa suoi e li esalta, ne è trasformata, risveglia in chi l’avvicina il desiderio di riappropriarsene.

L’odore: il più impalpabile dei sensi, indica la permeabilità e ricorda la capacità di assimilarsi e confondersi all’ambiente.

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« Quali odori? Beh! Per primo l’odore del latte della sua mamma. Poi quello dell’auto del papà. (…) A casa dei nonni, (…) l’odore di fritto della cucina, dove la nonna aveva cotte alcune gustosissime creps alla nutella ».

« Gennj indossava anche l’odore del tempo atmosferico: e cioè l’odore del sole nelle giornate di bel tempo, della pioggia quando pioveva, della notte non appena arrivava il blu della sera e delle stelle durante le notti in cui il cielo era tutto stellato« . (da ‘Gennj che si ribellò ai cellulari’, Pagg. 12 e 16)

Perché Costanza Savini abbia scelto tra i cinque sensi proprio l’olfatto, ce lo spiega così :

C.S. »L’olfatto è il più arcaico e complesso dei cinque sensi, il più legato alla memoria ancestrale individuale e viaggia su dei circuiti spesso inconsci giungendo alla memoria e alla percezione cosciente attraverso vie misteriose direttamente connesse alla Natura ».

Cosi Gennj cresce plasmata nel suo mondo, circondata dall’amore della casa e della famiglia, da tutti quegli odori che assorbe, fino a quando un episodio tragico sconvolge il suo processo di crescita:

« Finché un giorno il padre morì improvvisamente »

Così , con estrema e crudele semplicità la vita adulta si apre drammaticamente alla bambina. Gennj resta sola, la madre si ammala di tristezza, si isola nel suo dolore, e per poterla curare e salvare la piccola è costretta a lavorare e vende cellulari.

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Il mondo di adulti da cui è circondata è avido del suo dono: i vecchietti del piccolo negozio di cellulari sono « senza scrupoli », il proprietario della fabbrica di cellulari brilla per calcolo e cupidigia e per sedurre la piccola Gennj sgrana « un sorriso strano e inquietante ».

Gennj tocca i cellulari, ne assorbe l’odore e tutti ne sono attratti. La piccola diventa una macchina per far soldi. Il suo dono viene mercificato. È fagocitata dall’ingordigia e dall’avidità del mondo adulto.

Il suo corpo ne subisce le conseguenze e comincia a prendere le distanze da sé e dal mondo esteriore, come a proteggersi:

« Le sue mani diventavano giorno dopo giorno sempre più fredde! (…) Insensibili al contatto con le persone e le cose » (Pag.17).

E per potersi in qualche modo rigenerare e riconfortare, nella sua solitudine Gennj dipinge, disegna e colora, sono certo le « parole stimolo » che Gennj tenta di recuperare dentro di sé per ritrovare il proprio sé:

« Bisogna sapere, infatti, che la sua vera passione era quella di dispingere tutto quello che secondo lei era troppo grigio e senza luce: fossero fogli di carta, scatole e scatoloni, muri e perfino parti del proprio corpo come le mani, le gambe o la pancia » (Pag. 20).

Nessuno sembra interessarsi a Gennj se non per i suoi poteri ‘sedutori’, per quella sua emanazione di sé, quella sua straordinaria capacità di infondere purezza e vivacità, con il suo profumo, in oggetti corrotti e privi di vita.

Eppure ogni volta che questa sorta di trasmigrazione di vita/morte avviene, qualcosa nel suo petto si spegne, là dove batte il cuore, e ha come « l’impressione di soffocare come se le mancasse l’aria ».

Gennj diventa un simulacro, adorata e dimenticata. Amata e allontanata, rivestita da un’aurea di santità inafferrabile, quasi impalpabile e tanto più seducente.

Più assorbe il mondo più il mondo l’assorbe, la consuma, come in un vortice. In lei avviene una sorta di sdoppiamento, come avviene nel Santo che profuma d’ambrosia, profumo amato dagli uomini, ma aborrito dagli animali della foresta, ad indicare l’allontanamento dalla Natura.

Così è il ‘San Giorgio’ di Costanza Savini, personaggio che troviamo nella sua raccolta di racconti ‘Sette storie per l’anima’:

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« Il santo diventa un’isola di luce troppo abbagliante perché gli uomini e gli animali lo possano guardare, di un profumo troppo intenso perché lo possano sopportare. La santità è il vestibolo della solitudine, perché il santo si muta in un precario della vita, con una parte di se stesso sempre al di là di se stesso, in quell’altro in cui si è calato » (in ‘Angelique’ – ‘Sette storie per l’anima’).

Gennj continua a tentare di salvarsi, sogna il mare perduto, i pesci guizzati via, i fiori dal profumo che stordisce e stordita si risveglia al mattino con quell’odore onirico appena, a stento, recuperato.

Tenta nel sogno di alimentare quella parte di sé sradicata come fa la madre di Azalaij, altro personaggio della raccolta ‘Sette storie per l’anima’, che parlava alle piante e che vive in quel luogo mistico ed onirico dove fioriscono le rose da cui ‘si estraggono profumi ed essenze (…), un profumo quale doveva essere quello che permeava i giardini del paradiso’:

« In principio mi sono seduta vicino alle piante per osservale, spiegava ad Azalaji, poi ho chiesto loro di aiutarmi (…). Sono convinta che le piante abbiano una forma di intelligenza, che permette loro di comunicare con noi, basta solo ascoltarle » (in ‘Sette storie per l’anima’).

E Gennj continua a dipingere e disegna ‘alberi, prati e frutti coloratissimi’, dipinge dame e madonne distese su letti di fogli.

Gennj è la donna albero strappata alla natura, sradicata dalla terra che la alimenta.

Le ‘Donne albero’ sono una serie di illustrazioni di Octavia Monaco, progetto a cui Costanza Savini ha partecipato, creando una serie di aforismi/poesie a corona delle illustrazioni. Sull’accostamento tra Jennj e le donne albero l’autrice risponde:

C.S. « Sia in GENNJ che nelle Donne Albero di Octavia Monaco c’è un ritorno romantico alla Natura, con una differenza però: le Donne Albero non sembrano mai essersi allontanante dalla Natura ma da essa erompere, mentre GENNJ vi ritorna, dopo essere stata costretta dagli adulti, che hanno fatto del suo dono un uso distorto, ad allontanarsene ».

Le Donne Albero - Primavera - Octavia Monaco

Questa piccola creatura dall’aria fragile è in realtà un personaggio potente, che ha in sé una grande forza e determinazione. Senza esitazione Gennj reagisce alla morte del padre, si muove rapida per aiutare la madre. C’è in lei una grande forza vitale, che la rende personaggio mitico ed eroico. Non a caso Costanza Savini ha scelto di mettere GENNJ, il nome della protagonista, sempre in maiuscolo per simboleggiare così il suo riappropriarsi con forza della propria identità.

Ciò nonostante questa eroina conserva in sé tutti i tratti dell’umanità: tanto forte è nell’affrontare le sue disavventure quanto più ci si stupisce nel vedere scorrere sul suo viso quelle lacrime di tristezza. Ma con la determinazione che la distingue Gennj non esita quando l’occasione di un ritorno alla Natura le si presenta e accetta la sfida. Non è un caso, certo che non lo è, che questa consapevolezza (il momento venuto) le si presenti all’età di 13 anni, in quel particolare periodo della vita in cui si passa dall’infanzia alla vita adulta, attraversando quel mare indistinto e sconcertante che è l’adolescenza.

Dietro ‘i rami più fitti del grosso albero’ Gennj scorge quel fiume che sa, in cuor suo sa, la porterà altrove, verso il mondo adulto, nuovi incontri e nuove esperienze. In quel fiume la giovane donna si adagia e si lascia trasportare, come si lasciano trasportare gli adolescenti dal fluire dell’esistenza. È proprio in questa fase che Gennj riprende contatto con gli elementi della natura:

la morbidezza dell’acqua del fiume, la leggerezza dell’aria, ‘come una farfalla’, la focosa sensualità dei ‘muscoli duri della terra’. Ed è proprio in questa ripresa di contatto con la Natura che Gennj prende ‘la sua prima decisione importante’: diventa donna. Adulta ‘in totale libertà’. Smette di lasciarsi vivere per iniziare una vita sua, vissuta in piena consapevolezza.

Capita raramente di leggere favole che in uno spazio così breve sappiano affondare tanto profondamente nella natura umana, cogliere i processi più intimi dell’evolversi naturale della persona e svelarli, come si svelano arcani, con immagini di tale vivacità e verità, come sottolineano efficacemente le 9 splendide illustrazioni di Greta Croci, giocate sui colori soffici della personalità delicata della protagonista, su uno sfondo dai colori netti e forti, come forte è la sua determinazione interiore. Quel chiaroscuro che, via via che il personaggio si autodetermina, lascia spazio alla forza del colore e il tratto si fa più netto.

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Potremmo quasi parlare, inventando un’assurda definizione, di ‘fotosintesi esistenziale’. Non poi così assurda per il personaggio Gennj secondo l’opinione di Costanza Savini:

C.S. « Come nella fotosintesi clorofilliana le piante traggono energia dalla luce del sole donando ossigeno agli altri esseri viventi, cosi figure come GENNJ ritrovano nella Natura, grazie appunto alla loro “fotosintesi esistenziale”, una forza vitale che consente loro di trasmettere anche agli altri esseri umani un entusiasmo trainante, una sorta di annegamento sensoriale nella vita« .

‘Gennj che si ribellò ai cellulari’ non è una favola per bambini, non è neanche una favola per adulti. È la storia che ogni individuo in crescita e in cerca dovrebbe poter leggere, per ritrovare in essa la parola magica che cura, quella ‘parola stimolo’ che come luce indica il percorso da seguire.

L’augurio è infatti che ogni lettore che abbia la fortuna di incontrare Gennj possa anch’esso, come lei, ritrovare i propri ‘sensi’, ritrovando quel ‘sentire’, primitivo, istintivo e sensuale, che permetta di tornare in sintonia con il mondo che lo circonda, qualunque esso sia, e che possa viverlo pienamente ‘in totale libertà’.

Carla Cristofoli

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Costanza Savini, Gennj che si ribellò ai cellulari, illustrazioni di Greta Croci, OM Junior, 2017

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Costanza Savini, foto di Luca Bolognese

Costanza Savini, vive a Bologna, dopo la laurea in Giurisprudenza inizia a occuparsi di realismo magico, storia e sociologia delle religioni. Nelle sue opere emerge una particolare attenzione e sensibilità per i temi sociali che vanno dall’emarginazione al potere curativo della parola, indagati sempre in una prospettiva metafisica dell’uomo e della natura. Collabora con riviste internazionali sul tema dell’integrazione multiculturale. Tra le sue pubblicazioni: Morte nei boschi (scritto con Giorgio Celli, Mursia 2011), Il sesso dell’Angelo. Racconti al femminile (Mursia, 2011). Sette Storie per l’Anima. Parole come Rimedi (Il Ciliegio, 2015), ‘Ismail e il grande coccodrillo del mare’, Eunoedizioni, è del 2016. Nel 2007 è stata finalista al Premio Carver con Il lago in soffitta (Mursia, 2007).

Il sito di Costanza Savini: www.costanzavini.it

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Le splendide illustrazioni che accompagnano i racconti di Costanza Savini sono di Greta Croci:

nata a Reggio Emilia nel 1974, si laurea in Ingegneria Edile a Bologna, approfondisce l’architettura palladiana formandosi al Centro Studi Andrea Palladio e all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Ha collaborato con il prof. Paolo Zermani partecipando a numerosi progetti di prestigio tra i quali gli allestimenti del museo di Arte Sacra di Chiusdino (Siena), la progettazione della Biblioteca dell’Università di Firenze a Sesto Fiorentino (Firenze) e del Museo del Disco all’interno della Rocca di Noceto (Perugia).

Coniuga l’attività di progettazione ingegneristica con quella di illustratrice.

È madre di due figli, Virginia e Lorenzo, e vive con la famiglia a Medicina in provincia di Bologna.

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Per meglio comprendere e approfondire la ricerca artistica di Costanza Savini vi consigliamo la lettura di questi altri suoi testi:

Costanza Savini, ‘Sette storie per l’anima – Parole come rimedi’, Edizioni Il ciliegio, 2014.

Una favola, anzi sette favole, per adulti. Una sorta di “ricettario di rimedi”, una raccolta di racconti suddivisi secondo i giorni della settimana. Le storie e le parole, se lette giorno dopo giorno seguendo l’ordine e le pratiche collegate, vogliono aiutare ad avviare un processo di trasformazione e di cura:

Costanza Savini, Dora e le uova, illustrazioni di Greta Croci, OM Junior, 2017.

Un’altra favola per bambini, ma non solo per loro. Nata insieme alla grande Gennj , troviamo la piccola Dora, che cova le uova avvolte in una copertina di lana. Le cova ovunque e perfino in classe durante le ore della scuola, convinta che prima o poi un pulcino potrebbe nascere anche da un uovo così covato da lei perché lei ci crede ed è convinta, infatti, che basta credere fino in fondo a una cosa, perché questa in qualche modo accada. Fino a che un giorno proprio in classe durante una delle ore più noiose, un pulcino bianco fuoriesce dall’uovo covato da Dora, strabiliando così sia la maestra sia la scolaresca sia chi leggerà questa storia fino in fondo.

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Carla Cristofoli
Carla Cristofoli è nata a Cagliari. Dal 2008 vive e lavora a Parigi, dove insegna italiano. È autrice di due racconti per bambini. Scrive regolarmente brevi racconti, pubblicati su riviste online. È co-fondatrice e responsabile di FormaRes.fr, centro online di formazione per la lingua italiana. Dal 2015 collabora con il magazine Altritaliani.net, per il quale pubblica recensioni su romanzi, raccolte di racconti e poesia a tematiche contemporanee.

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