Roma è davvero la capitale di un’Italia che forse solo ora, che si profila un nuovo corso politico, cerca di rialzare la testa.
Lasciamo perdere la sociologia, non ci pensiamo a lunghi e forse vani discorsi del tipo: “La perdita delle ideologie ha determinato, una crisi d’identità culturale” e nemmeno può solo parlarsi di crisi della famiglia, della scuola, perdita dei valori pedagogici.
Può essere, può essere tutto. Ma il punto è che la politica è troppo debole, che il paese ha un’etica fragile, una scarsa coscienza del suo essere società, comunità. Come direbbe il Prof. Sartori, il paese non ha sviluppato gli anticorpi della democrazia, che è a sua volta fragile, contraddittoria.
Non si tratta solo di partitocrazia. Certo, la mancanza di scuole politiche, certo la crisi di partecipazione dal basso alla vita della società, ci ha portati all’idea di una politica banalizzata ad affare personale, ad interesse squisitamente di gruppo, di lobby. La politica come affare, ecco: “Benvenuti a Roma”.
Se la politica è debole i politicanti sono forti, gruppi trasversali pericolosissimi, privi, come è ovvio di qualsiasi identità, ma dietro tutto questo, dietro la partita di calcio sospesa e ripresa solo quando “’A Carogna” dice si’, c’è tutto un mondo, ci siamo noi.
Vedere dietro la capitale italiana abbandonata nelle mani di “Er Cecato”, fascista e mafioso (nel Lazio un connubio vincente) che con i nostri soldi si arricchiva, con corruzione, appalti, minacce, arrivando a speculare sulle disgrazie dei rom o dei rifugiati, dei carcerati che vogliono reinserirsi nella società, c’è tutto un mondo, ci siamo noi.
Certo, mala politica. Certo, mala politica che si fa sistema, che alla fine nella bella Roma decide tutto in nome di loschi affari, e poi vederli filosofeggiare sul mondo dei vivi e dei morti fa davvero cadere le braccia. Ma questa Roma è il rovescio della medaglia di quella Roma raccontata magistralmente nel film la “Grande bellezza” che contrasta la sua nobile e possente storia con una decadenza civica, civile, morale e culturale spaventosa.
Quei politici che hanno favorito la “malaimpresa” oltre che la malavita, non sono là per caso. Ci sono perché sono stati scelti dai cittadini. Alemanno è stato scelto dai romani, mica da Mago Zurli, e spesso chi vota questi amministratori lo fa anche per interessi egoistici e non per il bene della comunità. Dietro a tutto questo ci siamo noi. Gli italiani. Ci siamo noi che da Craxi a Berlusconi, ma ancora prima (dovremmo risalire fino agli albori della nostra storia unitaria), siamo cresciuti con l’idea che le regole sono un impiccio, che l’autorità dello Stato è una cosa da canzonare, raggirare, che è meglio non fidarsi, meglio cercare la scorciatoia, la tangente. Le tasse? Meglio non pagarle, del resto che mi danno in dietro? Chi me lo fa fare? L’esame? Ma mio figlio e fragile, cerco una raccomandazione, non perché non sia bravo, ma cosi è più tranquillo.
Significativamente l’ex magistrato Gerardo Colombo, uno dei protagonisti della lotta alla corruzione, nel periodo di mani pulite, ha detto che quella stagione fini’, il giorno in cui si inizio’ a trattare quella corruzione che potremmo definire “spicciola e quotidiana” che coinvolgeva non i politici, ma i comuni cittadini. Un fenomeno di malcostume vastissimo e che fa da humus per i grandi scandali che occupano le prime pagine dei giornali.
Tra i tanti che oggi gridano contro la politica, vi sono tanti che non si sono vergognati di evadere le tasse, di portare soldi all’estero, di marcare presenza al posto di lavoro per poi andare via dopo dieci minuti per fare un’attività in nero, di aver ottenuto favori per raccomandazioni, che non si scandalizzano di pagare in nero o di assumere lavoratori in nero, che non si scandalizzano di vendere prodotti contraffatti, che fanno piccoli e grandi abusivismi edilizi nella certezza che tanto tutti chiuderanno un occhio, che volentieri diffondono opere culturali clonandole, senza pagare i diritti d’autore. Tanti che sono contro la tracciabilità negli acquisti, che non si meravigliano che i negozi esigono pagamenti solo in liquido, dove si preferisce avere la spazzatura in strada piuttosto che avere una discarica, che ad ogni opera nuova si oppongono a prescindere, secondo la logica del “mai nel mio giardino”, pretendendo che sia fatta altrove, si veda la TAV. Un paese che non vuole regole non può stupirsi di quello che accade a Roma. Un paese dove, dopo mille illegalità e scorrettezze quotidiane, in tanti, la sera, si siedono davanti alla TV, ed ipocritamente si scandalizzano e commentano e si commuovono, nel vedere i funebri talkshow di politica che rappresentano le storture del sistema politico.
La realtà è che occorre, lo diciamo da tempo, una vera e propria rivoluzione culturale, che ci renda europei, oserei dire “normali”. Una rivoluzione che potrebbe partire dai giovani che a naso mi sembrano meno permeabili alla corruttibilità, ma forse è un auspicio più che una convinzione. Un paese che vuole evitare le responsabilità come se fossero problemi, che vive dell’alibi che migliorare o migliorarsi non serve, tanto il sistema è marcio, come se poi noi non ne facessimo parte. La democrazia richiede che tutti si assumino la responsabilità di avere condotte civili e diligenti.
L’evadere in famiglia, nel lavoro, nella scuola, nelle relazioni sociali, le normali regole della convivenza e della correttezza, non ci dà il diritto di critica verso gli abnormi fenomeni corruttivi e malavitosi, a cui stiamo assistendo da decenni. Essere i protagonisti compiaciuti di piccole illegalità quotidiane favorisce le grandi illegalità e non ci consente più moralistiche ed ipocrite critiche al sistema.
E’ cosi in un numero mostruoso di casi fino al giornalista televisivo che si faceva vanto di essere stato raccomandato da De Mita, e che è ancora li, nessuno l’ha licenziato. In un paese dove è ritenuto naturale che per venti anni un capo di governo a curato i suoi interessi con leggi “ad personam”, dove dei tanti misteri dagli anni di piombo, alle stragi “di Stato” ai rapporti tra mafia ed istituzioni, non si scopre mai niente (e temo spesso per ignavia, incapacità più ancora che per insabbiamento). Un paese dove la normalità è ritenuto un disvalore mentre tutto deve essere “eccezionale veramente”.
Possiamo stupirci? Stupirci del Batman di Anagni, che si mangia il consiglio regionale del Lazio? Possiamo stupirci che all’epoca la pornostar Cicciolina fosse la seconda per numero di preferenze alle elezioni (sia chiaro, adoro le pornostar, ma quali erano i suoi meriti politici?). Dove, negli anni delle “olgettine”, fior di cattolici ritenevano del tutto normale che le loro figlie si prostituissero per ottenere un lavoro.
E’ difficile spiegare l’Italia all’estero, perché questo paese è troppo anomalo, contraddittorio. Questo è un paese in cui i sindacati dopo venti anni di nulla si indignano perché un governo decide di eliminare con realismo il precariato ed aiutare i giovani che da generazioni sono stati abbandonati a se stessi. Un paese che da sempre ha cancellato la parola merito prima per motivi ideologici e poi per semplice convenienza politica (sia chiaro dei politicanti). Un paese dove in tanti vogliono parlare di tutto ma pochissimi si sentono di assumersi delle responsabilità, di prendere delle decisioni.
Un paese vecchio, diviso in consorterie, rancoroso, involgarito, irrispettoso ed illiberale, un paese senza memoria, pieno di furbi privi di scrupolo.
Io non mi arrendo. So bene che il problema è strutturale e mi sembra che voler puntare molto sulla scuola, l’educazione, come vuole fare il governo, sia la strada giusta, come anche l’inasprimento delle condanne, imporre la certezza della pena, creando una giustizia più rapida e puntuale. Io sento che in questo paese c’è anche tanta gente onesta, che vuole lavorare seriamente e con dignità, che è stanca di elemosinare diritti, che non ne può più di essere strumentalizzata dai populisti di turno.
Gente a cui non frega niente della destra e sinistra (ormai foglie di fico che servono solo a giustificare mille malefatte) e che chiede cose concrete in primis un paese che venga civilizzato, che possa essere in linea con gli standard europei di funzionamento e correttezza. Che chiede di pagare le tasse (magari un po’ meno) e che le paghino tutti. 150 miliardi di euro fuggiti all’estero non è da paese normale; 130 miliardi di euro di evasione fiscale, non è normale; 70 miliardi di corruzione all’anno, certificati dalla Corte dei Conti, non è normale; vedere distruggere ogni anno intere città per nubifragi, senza mai trovare soluzioni valide non è normale. Prendere continue multe dall’Europa perché non si riesce a risolvere il problema spazzature o perché non si dà soluzione al problema carceri non è normale; assistere ad una classe politica che, per 20 anni, ha condotto allo sfacelo il paese porre mille difficoltà per il rinnovamento italiano e per la realizzazione delle necessarie riforma non è normale ed è irresponsabile.
Quando tante sono le cose anormali ecco che allora avere la “mafia capitale” diventa un fatto di triste normalità. L’abbiamo detto si tratta di creare anticorpi che rendano più forte la nostra democrazia. Molto deve rinnovarsi la politica, ma anche gli italiani dovrebbero forse smetterla di lamentarsi sempre, incominciando a porsi delle domande sul proprio civismo, sulla propria etica.
Veleno
“Er Cecato”, “A Carogna” e gli anticorpi della democrazia.
Molto bello questo articolo, senza se e senza ma. Semmai solo un piccolo forse: se tutti quelli di noi che non vanno mai sulle pagine dei giornali ci impegnassimo a fondo, ognuno con le proprie convinzioni, con le proprie idee, con la propria integrità, facendo la propria parte e interpretando il proprio ruolo, se tutti decidessimo di tornare a votare, perché nella vita bisogna anche battersi e non solo battere la ritirata, allora …forse. Romano Ferrari.
“Er Cecato”, “A Carogna” e gli anticorpi della democrazia.
Gentile Signor Ferrari, come si fa a non essere d’accordo con Lei? Speriamo bene!