Ad aprire le porte al fascismo nel 1922, tra i tanti motivi, ve ne fu uno particolarmente importante le divisioni nella sinistra, con i comunisti, che appena separatisi l’anno prima, dai socialisti, vedevano in questi il loro principale avversario, non guardando, con la dovuta attenzione, alle ben più temibili camicie nere di Mussolini. In tanto astio, al limite dell’odio, furono ampiamente ricambiati dagli stessi socialisti, che, dopo aver perso il controllo dei sindacati, chiusi nel loro rancore videro nel Pci più ancora che nel fascismo il loro peggiore nemico.
Questa piccola digressione storica ci permette di capire meglio i pericoli per il Paese nonché le difficoltà attuali della sinistra di oggi che allora come ora, fatica ad interpretare la complessa realtà del paese, che superate le ideologie comunista e socialista, ambisce a rappresentarsi come una sinistra moderna, progressista, riformatrice e democratica. Non è un caso che il partito che dovrà fronteggiare la destra alle prossime elezioni del 25 settembre sia proprio il Partito Democratico, che sostanzialmente è uscito bene per coerenza, dalla vergognosa fine del governo Draghi.
Gli unici partiti, infatti, che sono stati coerenti in questa crisi, sono stati proprio il PD e Fratelli d’Italia che da sempre è stata l’unica opposizione al governo di unità nazionale. In vero, a queste andrebbe aggiunto Italia Viva visto che fu proprio la mossa del cavallo di Matteo Renzi a far cadere il governo Conte, incapace di programmazione e di fare riforme, per aprire le porte a Draghi. Gli altri, tutti, seguirono. Logica vorrebbe quindi che almeno per coerenza ad esser premiati fossero principalmente queste forze politiche.
Finalmente Letta sembra aver capito, seppure con due anni di ritardo, che un partito liberal democratico, parlamentarista, con un’anima ed un background socialista e cattolico, non può fare alleanza con una forza non liberal-democratica, bensì populista, che, in tutto il corso di questa pessima legislatura, è stata capace di fare governo con i sovranisti della Lega e insieme a Berlusconi, demonizzato sin dalla loro nascita e dai loro Vaffa Tour, e che poi in un batter d’occhi, con lo stesso Conte è passato ad un governo che, all’opposto del precedente, comprendeva la sinistra e quindi una visione progettuale che era all’antitesi del cosi detto governo giallo-verde. Per poi ancora con la stessa nonchalance, passare ad un governo di unità nazionale a guida Draghi ovvero l’esatto contrario del populismo. E dire che la legislatura si era aperta con l’affermazione grillina che loro avrebbero aperto il parlamento come una scatoletta di tonno, e che avrebbero dato fuoco alle poltrone. Sic!
Ma finanche Letta, che non è apparso un fulmine nella lettura della politica italiana si è avveduto, forse rassegnato a fare a meno di alleanze con quel che resta (non molto) di M5S.
Ci sarebbe quindi l’occasione per i progressisti, i riformisti, i liberal-democratici, per costruire un progetto comune, coerente da contrapporre ad una destra data vincente nelle semplificazioni sondagistiche, ma che in realtà vive anch’essa in una fase di cruente lotte intestine che lasciano presagire tempi davvero duri per il Belpaese che pure con Draghi aveva fatto segnare una crescita del 10% una cosa in Italia mai vista nemmeno ai tempi del boom economico. Una crescita già ridimensionata dalla guerra, dalla inflazione galoppante e dal perdurare di una pandemia che ci lascia il in una costante incertezza.
Sarebbe l’occasione per far confrontare, nel pur breve tempo che ci porterà a questa anomala tornata elettorale, quelle forze che hanno molte similitudini, ideologiche, affinità storiche e sensibilità come detto liberal democratico, forze come IL PD, Italia Viva, Azione di Calenda Più Europa, i socialisti, i radicali della Bonino, ma che potrebbero aprire un confronto anche con forze neonate come Insieme per il Futuro di Di Maio (molto vicina al sindaco Sala di Milano) e che potrebbe interessare anche i tanti fuoriusciti ed elettori che non si riconoscono più in una Forza Italia che si è piegata al populismo di Salvini, il tutto in una sicura base di partenza che era ed è il già condiviso programma Draghi, avviato ma non portato a termine a causa delle bizze populiste di Conte e Salvini.
Purtroppo, anche in questo caso i moderati e progressisti sembrano, come un tempo i socialisti e comunisti, non avvertire il pericolo che il paese corre di finire sotto un governo, sovranista, demagogico, post fascista e fortemente anti-europeista, e a nemmeno 24 ore dall’avvio della crisi, si legge già, nelle varie cronache politiche di distinguo, di rancori, di divisioni, che non servono al paese e che tradiscono quanto si era detta nell’immediatezza della caduta del governo, quando la parola d’ordine sembrava per tutti loro: Farsi carico dell’agenda di Draghi e portare con forza a compimento il suo programma. Una parola d’ordine ripetuta anche con enfasi da tutte le forze politiche menzionate, a partire dal PD, che a questo punto dovrebbero lavorare alacremente per proporsi come guida per un’alternativa elettorale credibile contro il caos che c’è a destra.
Letta assicura che non ci sarà nessun campo largo con Conte e quel che resta dei grillini (un buon elemento di chiarezza), ma allo stesso tempo studia come evitare di allearsi con Italia Viva di Renzi e questo per evidenti conti in sospeso personali che lo stesso Letta non riesce a saldare, costi pure il bene dell’Italia. Calenda, da parte sua, parla di evitare ammucchiate di moderati contro la destra. Ed è evidente la diffidenza di Azione nei confronti del neonato gruppo di Di Maio e, per altri versi, nasconde anche il personalismo Calenda/Renzi che appare di difficile soluzione, per cui Renzi resta legato con il suo Italia Viva al Partito Socialista Italiano di Nencini, Calenda si tiene il suo alleato Più Europa e pur essendo forze accomunate da programmi e idee pressoché identici, non riescono, non solo a fondersi ma neanche a federarsi per un progetto comune di governo che si chiami Agenda Draghi.
Tanta miopia politica mette l’opinione pubblica almeno quella che abbia un minimo di coscienza e che sia più avveduta, davanti ad un disagio senza fine. Un Paese che ha 5 milioni di poveri assoluti, con imprese prossime alla chiusura e con altre che chiuse sono già con una emergenza climatica che è già presente e che non ci permette di rinviare ulteriormente provvedimenti che giuoco forza cambieranno definitivamente il nostro modo di vivere, con una crisi energetica che letteralmente gli italiani avvertiranno sulla loro pelle ai primi rigori autunnali, con i progetti e le riforme da attuare per avere i fondi europei del PNRR per i quali lo stesso governo Draghi era nato e si è battuto, il problema politico diventano i veti incrociati le simpatie e antipatie personali, tutti atteggiamenti che denotano un’immaturità della classe politica, una scarsa sensibilità e generosità politica, una mancanza di coraggio e di responsabilità i cui effetti sono tali che finanche chi scrive non riesce ad immaginarli tutti.
Oltretutto, tanta ignavia mette a rischio anche la nostra storia repubblicana e la stessa tenuta democratica del nostro paese, con istituzioni sempre più lontane dai cittadini, con oltre la metà della popolazione che non si riconosce più nella nostra democrazia tanto da non partecipare più al voto, politico, amministrativo o referendario che fosse.
È bene ricorda che Italia Viva è stata pronta ad allearsi per il governo Draghi finanche con Conte malgrado le offese e le violenze morali subite dalle campagne infamanti di odio allestite dai grillini e dai loro giornali come Il Fatto. Ma quella di Italia Viva appare un’eccezione, gli altri del fronte liberal-democratico sono allo stato ben lontani da mettere da parte i loro personalismi, i propri rancori nel nome del bene comune del paese e di quel proclama e promessa che appare già dimenticata dopo un giorno ovvero di portare avanti l’agenda Draghi.
Agenda che di fatto può essere la stella polare solo di quella coalizione che federandosi può esprimere un programma chiaro e convincente capace di spingere gli elettori a tornare al voto, nessun altro potrebbe arrogarsi la titolarità di quella agenda. Non i grillini che hanno causato la crisi del governo, non Forza Italia o la Lega che quella Crisi hanno portato a termine e non certo i coerenti Fratelli d’Italia che a quel governo si erano sin da subito opposti.
Nicola Guarino
Sarebbe bello che qualcuno mi spiegasse cosa c’è di buono nell' »agenda Draghi ». Io ho visto un Presidente del Consiglio sprezzante nei confronti del Parlamento, « populista » in modo inquietante (i suoi ultimi discorsi: il popolo italiano mi vuole, quindi sarebbe bene che i deputati confermassero il loro patto di fiducia nei miei confronti…), che ha governato battendo ogni record quanto a decreti e « fiducie », quasi fosse l’amministratore delegato nel consiglio di amministrazione di una società (ma il Parlamento è cosa alquanto differente); liberista all’eccesso (nel pacchetto « Concorrenza » l’ingiunzione a privatizzare i servizi idrici, nonostante 2 (due) referendum che hanno visto invece il popolo italiano esprimersi in modo opposto); scarsamente attento ai temi sociali (l’ostilità nei confronti dei sindacati, la riduzione dell’IRPEF a tre scaglioni, con penalizzazione degli stipendi medio-bassi a favore degli stipendi medio-alti, l’indisponibilità a migliorare il « reddito di cittadinanza » seguendo le proposte della Commissione guidata da Chiara Saraceno, creata dallo stesso Governo; l’assenza di ogni misura per limitare la precarietà creata dal Jobs Act renziano; l’aver affidato alle Agenzie interinali private il compito di reclutamento dei lavoratori penalizzando i Centri per l’impiego; l’incapacità di proporre una seria riforma delle pensioni per risolvere le criticità causate dalla legge Fornero; la scarsa attenzione al problema dell’evasione fiscale, il grande male italiano: fra gli 80 e i 100 miliardi di euro ogni anno … ecc. ecc.); più « atlantista » dello stesso Biden (reiterato invio di armi all’Ucraina, i cui dettagli – a differenza che in Germania – sono stati secretati, nel momento stesso in cui si prevede una riduzione degli investimenti pubblici in sanità e scuola (ti informo, caro Nicola che oggi si attendono 12 mesi per una colonscopia in Lombardia, 5 se ci si rivolge, pagando, al settore privato); aziendalizzazione e precarizzazione del personale della scuola, con totale assenza di misure per l’edilizia scolastica. Potrei continuare ancora a lungo, citando una lista infinita di decisioni azzardate e superficiali (clamorose sul terreno della transizione ecologica, per la quale il suo ministro proponeva il ritorno al nucleare, bocciato da un referendum), di nomine discutibilissime ma utili al « pensiero unico » : un Carlo Fuortes alla RAI, dove ogni pluralismo è stato cancellato. E’ triste peraltro, e qui concludo (il mio giudizio complessivo è ormai chiaro, no?), che ogni qualvolta in Italia gli snodi politico-economici mettano in pericolo gli equilibri economico-sociali prevalenti si chiami un rappresentante extra-parlamentare del mondo degli affari a mettere gli italiani sull’attenti (con la triste complicità dei Presidenti della Repubblica di volta in volta in carica), Mario Monti qualche anno fa (che Napolitano nominò senatore a vita per una parvenza di correttezza istituzionale) e Mario Draghi oggi, entrambi accaniti liberisti e sostenitori della più che invecchiata teoria del trickle down. Una indiretta « finanziarizzazione » della politica fatta sulla nostra pelle.