Chiamati a nuove elezioni dal Presidente Macron, appena pochi minuti dopo gli exit poll delle Europee, tra pochi giorni i francesi si recheranno alle urne per eleggere la nuova Assemblea Nazionale. Come si presenta il quadro politico?
Lo scenario, scosso dalla subitanea decisione di Macron, appare estremamente complesso. La larghissima vittoria del RN della Le Pen e di Bardella ha portato una fibrillazione del quadro politico con scelte evidentemente poco meditate e che potrebbero essere determinanti nell’orientare i gusti degli elettori.
I gollisti, i repubblicani, si sono clamorosamente spaccati con il loro presidente Ciotti che ha scelto di allearsi con Bardella, tradendo la tradizione repubblicana di quel partito, al punto da generare l’esclusione dello stesso dal partito, esclusione poi cancellata dalla giustizia francese che ha reintegrato Ciotti nel suo ruolo di presidente del partito. Una situazione surreale che pone gli elettori repubblicani nel dilemma, non sapendo più di fatto quale uso quel partito farà del loro sostegno.
A sinistra, l’effetto della vittoria delle destre ha generato il formarsi dell’un po’ retorico e del tanto demagogico “Fronte popolare”, una sorta di revival dell’antifascismo francese. In questo fronte si sono riunite le più significative forze della sinistra. Una alleanza di cartello tra forze politiche che in realtà vanno d’accordo su ben poco. Gli ecologisti si trovano di colpo a fianco di convinti sostenitori delle centrali nucleari, il leader di LFI Melenchon a fianco di intransigenti antisionisti come Julien Bayou che dichiara la necessità di proteggere gli ebrei dal dilagante antisemitismo in Francia, contraddicendo proprio Melenchon che, a dispetto delle più di tremila aggressioni antisemite nel paese nel solo 2024, dichiara che l’antisemitismo è un fenomeno marginale, mentre il vero problema sarebbe l’islamofobia dei francesi. Glucksmann per i socialisti aveva ottenuto uno straordinario score alle europee con il 14% dei voti di tanti che non sopportano il fondamentalismo della France Insoumise e sognavano una sinistra moderna e progressista. Invece, a sorpresa, pur dichiarando che il suo non è un matrimonio d’amore, Glucksmann ha ceduto a Melenchon che, peraltro appena il giorno prima della sua adesione aveva dichiarato, che lo stesso neoleader (per un giorno) dei socialisti, non fosse di sinistra.
Si può anche pensare che tutti quelli che detestano la Le Pen e ne temono l’avanzata con Bardella istintivamente votino questo Nuovo Fronte Popolare, ma per fare che? Ancora non è chiaro chi sarebbe l’eventuale candidato al premierato in caso di loro vittoria. Si candida anche l’ex Presidente Hollande uscito in fretta dal suo pensionamento e che viene contestato, nemmeno tanto sotterraneamente, dai suoi stessi compagni del Fronte. Si vota a sinistra per fare cosa? Per quale Premier? su quale programma concreto che non sia un conto delle fate, dove si promette di tutto e di più. Perché il punto centrale è proprio rendere la Francia governabile, con programmi e scelte che aiutino il Paese ad uscire dall’attuale impasse.
È possibile che, uccisa in culla la speranza di un rinnovamento della sinistra dallo spaventato Glucksmann, gli elettori che avevano scelto socialista proprio in alternativa al profeta Melenchon, abbandonino Glucksmann al suo destino per votare Attal e i sostenitori del presidente Macron, a questo punto unico credibile argine riformista alla destra e unico riferimento per un futuro governativo credibile.
Si aprono così tre scenari, tutti di difficile realizzazione.
Il primo è un nuovo trionfo di RN con Bardella che tuttavia reclama per governare la maggioranza assoluta dei voti. Cosa non semplice e non tanto per l’alleanza di cartello del Fronte Popolare, ma per la circostanza che proprio la lista di maggioranza presidenziale potrebbe trovarsi ad aggregare una parte dei repubblicani, disorientati dalla mossa di Ciotti, nonché una parte di tutta quella sinistra moderata che orfana di Glucksmann potrebbero preferire una via più moderata e progressista agli equivoci del Fronte Popolare.
La seconda ipotesi, forse remota, è una vittoria del Fronte popolare. Ciò aprirebbe un periodo di estrema confusione in Francia (come avverrebbe anche nell’ipotesi opposta di vittoria delle destre) con l’acuirsi di tensioni culturali e sociali tra i francesi poveri e i nuovi poveri (non a caso la maggior parte dei voti per Bardella sono venuti dal proletariato francese di souche, preoccupati della competizione sociale con gli immigrati). Si porrebbe il problema di formazione di un governo che non ha certezze, dove finanche chi deve essere il premier è un rebus, dove verrebbero al pettine tutte le grandi differenze tra partiti e movimenti che frettolosamente si sono uniti al solo scopo di essere contro la destra ma che un minuto dopo una eventuale vittoria, inevitabilmente litigherebbe su quasi tutto, dalla transizione ecologica, alle pensioni, dalle politiche economiche a quelle di politica estera (difficile mettere insieme finanziati da Putin e filo ucraini; filo palestinesi con nemici del fondamentalismo di Hamas). È un’ipotesi possibile ma pericolosa e che non risponde oggettivamente alla domanda di governabilità del Paese.
La terza ipotesi sarebbe una netta crescita di Gabriel Attal e dei presidenzialisti (non facile ma possibile, malgrado l’antipatia che nei sondaggi raccoglie Macron). Un successo che non darebbe comunque (a meno di clamorose sorprese) la governabilità riportando tutti alla casella di partenza del gioco dell’oca delle politiche francesi. Una situazione di instabilità che potrebbe portare Macron a scelte, visto il soggetto, imprevedibili: una soluzione da governo tecnico all’italiana? Perpetuare un governo del presidente privo di maggioranza parlamentare? Un fatto è certo, Macron qualunque sia l’esito delle elezioni non lascerà la presidenza e terminerà il suo mandato alla scadenza naturale del 2027.
Sicuramente Macron e la Francia chiedono aiuto ai francesi per una soluzione chiara per il futuro del paese. Anche questo non sarà semplice, la Francia è un Paese profondamente diviso, pervaso da conflitti e rabbie interne, in piena crisi di identità e che, come dimostra il voto delle europee, chiede il rispetto proprio di questa identità che gran parte del popolo sente tradita.
La tentazione Bardella è forte proprio nel segno di un riscatto di masse di persone che negli anni si sono sentite private del proprio modello di vita: Francesi ma non più padroni della loro casa, la Francia. A torto o a ragione per tanti, specie delle classe più popolari, Bardella è la promessa nazionalista di ritornare alla loro Francia, con una identità chiara e non più minacciata dalla globalizzazione. E poi nel voto FN c’è una Francia arrabbiata, che fa fatica a sbarcare il lunario, che non si fida più delle élite, che si sente disorientata tra istituzioni schiave di mode come la cultura woke, pronte ad aderire supinamente ad obbrobri storici e culturali come il “Cancel culture”. I francesi amano la democrazia, la libertà, sono la patria della democrazia, della libertà e laicità, ma vorrebbero un potere forte che dia valori chiari, che non si vergogni della propria storia, del suo modo di essere, storia e modo di essere che appartengono a tutta la comunità occidentale che nei valori francesi e repubblicani si riconosce.
Attal potrebbe farcela, solo però a condizione di una severa autocritica di tutto il campo macronista e con l’impegno serio e rigoroso a riprendersi tutti quei valori identitari e storici, ceduti per troppo tempo ad una destra che ne ha fatto tesoro. Preoccupandosi non di compiacere l’informazione e i salotti di tendenza ma di dare risposte ai francesi riunendoli nel nome proprio di quei “sacri” valori laici che da sempre ispirano la vita e la formazione dei cittadini.
Nicola Guarino