Grande rimpianto per la scomparsa dello scrittore,
traduttore, regista televisivo e di teatro Vittorio Sermonti. Conosciuto soprattutto come esperto di Dante e suo appassionato cultore, non si limitò soltanto a leggerlo e studiarlo, ma contribui’ ad approfondire i suoi temi e la sua drammatizzazione in testi specifici e poi nei teatri alla luce della frequentazione dei filologi Cesare Segre e Gianfranco Contini.
Fu uno spirito eclettico che seppe coniugare l’amore per lo spettacolo allo studio appassionato di autori antichi e moderni.
Dopo la Sapienza di Roma, dove conseguì la laurea in Filologia Moderna con una tesi su Lorenzo Da Ponte sotto la guida di Natalino Sapegno e Giovanni Macchia, passò poi all’insegnamento di latino e greco nel Liceo Tasso della stessa città e fu docente all’Accademia nazionale di Arte drammatica.
Lavorò per la RAI e la Tv, traducendo testi non semplici come Ovidio, Molière, Racine, J. P.Sartre, Fr. Schiller, R. M. Rilke, persino Orphée aux Enfers di Offenbach (versione ritmica,1978). Scrisse innumerevoli testi, racconti e romanzi.
Aveva esordito nel 1954 con La bambina Europa cui seguì Il tempo fra cane e lupo sulla primavera di Praga ed ebbe frequentazione con importanti scrittori come G. Parise, C. Garboli, C.E. Gadda, G. Bassani, P.P. Pasolini, esemplari interpreti d’un Novecento che fu chiamato “il secolo breve”, ma di certo fu uno dei più drammatici. Egli stesso fu testimone oculare di episodi sconcertanti del periodo del dopoguerra che documentò fino all’ultimo romanzo autobiografico: Se avessero.
Non si sa se apprezzarlo di più per la sua capacità didattica che abbracciò così vasti campi del sapere che per la sua vena creativa che si volse a vivificare indirizzi così diversi. Molti ignorano le sue interviste impossibili: Giulio Cesare, Marco Aurelio, Otto Bismark, Vittorio Emanuele II, il libretto d’opera scritto per Giorgio Battistelli nel bicentenario leopardiano (1998): Giacomo mio, salviamoci!, i 14 racconti verdiani, estratti da altrettante opere di Verdi, il gran numero di conferenze-spettacolo, mutuate da temi danteschi come: Virgilio al limbo, Il dictat della memoria, L’altre stelle nel mezzo, che hanno sorpreso per la loro leggerezza e la densità concettuale.
Si può dire che il palcoscenico, nel quale recitò in maniera magistrale, fu la sua casa nella quale profuse tutte le sue superbe qualità d’interprete rigoroso e attento studioso di testi antichi e moderni che più da vicino lo avevano allettato, primo tra tutti Dante. La passione per questo nostro padre della lingua e della letteratura nazionale gli era venuta fin dall’infanzia, quando il padre avvocato gli recitava i versi della Divina Commedia nella quale si trovano le radici di tutta la civiltà italiana. Con lui si eclissa un mondo vario ed autentico di grande cultura, richiamata a novella vita, ma non la speranza d’un suo ricordo imperituro che sicuramente non mancherà di alimentare vivide e grandi energie.
Gaetanina Sicari Ruffo