Domenica 30 Aprile, il PD sceglierà con le sue primarie il nuovo segretario. In lizza tre candidati. L’uscente Matteo Renzi che dovrà vedersela con Orlando già ministro di giustizia e il governatore della regione Puglia Emiliano.
Per la prima volta delle primarie più tranquille e che qualunque sia il risultato non dovrebbero determinare sussulti e strappi in quel partito che, è bene ricordare, è l’unico partito disciplinato da regole democratiche (a destra, Berlusconi, Salvini e Meloni non hanno mai avuto un congresso e non hanno organismi dirigenti, come M5S dove anche se si parla di democrazia diretta nei fatti decidono Grillo e il figlio di Casaleggio con la sua società).
Liberatosi dall’equivoco della doppia anima, che ne ha condizionato la vita sin dall’ascesa di Renzi nel 2013, con la fuoriuscita dell’ala conservatrice che intanto ha creato un suo partito, il PD potrà esprimere senza problemi e senza complessi la sua vocazione di rappresentare una sinistra moderna e progressista.
I tre candidati hanno già chiarito che qualunque fosse la scelta degli iscritti e simpatizzanti che si recheranno alle urne, non vi saranno scissioni o traumi.
Orlando (Mozione Orlando) ha finanche sostenuto che fatta libera la possibilità di battersi all’interno del partito per le proprie convinzioni, qualora, come nei pronostici, vincesse ancora Renzi, lui si adopererebbe per l’interesse del partito nel rispetto della volontà degli elettori.
Emiliano (Mozione Emiliano) si propone come opposizione dura all’interno del partito, allo scopo di dimostrare che il partito vuole essere un soggetto plurale capace di contenere una sua linea ma anche il dissenso.
Renzi (Mozione Renzi) non dà per scontato alcun risultato e ha rimarcato come in queste primarie, per questo poco mediatiche, il confronto sia stato sempre civile e senza alcuna delegittimazione reciproca.
Orlando si propone di essere fulcro, magari con l’aiuto del nuovo soggetto costruito dall’ex sindaco di Milano Pisapia, di un centro sinistra che mantenga ben fermi i valori e i contenuti che furono storicamente della sinistra.
Emiliano punta ad un’alleanza con Grillo, per costruire, a suo avviso, un nuovo percorso politico per il futuro del Paese.
Renzi vorrebbe ripartire dalla consapevolezza delle nuove categorie politiche che non sarebbero limitabili ai vecchi criteri di destra e sinistra, puntando su una contrapposizione che tenga conto delle evoluzioni del mondo e dell’Italia. Un confronto tra progressisti e modernità contro la conservazione e la paura che negli ultimi anni sembra aver condizionato la vita di molti elettori, allontanandoli dalla politica.
Queste primarie sono un’incognita. In primo luogo ci si domanda se si potrà ripetere il mezzo miracolo dei due milioni di votanti che vi fu nel 2013 con la clamorosa percentuali vittoria di Renzi che poco dopo alle europee porterà il PD al record di voti con il “famoso” 41%. Nell’unico confronto televisivo avutosi i candidati sembrano considerare un buon risultato quello di arrivare ad almeno un milione di votanti.
Queste primarie sono state preceduti dal congresso del PD che è stato un occasione di dibattito per il partito in cerca di rilancio dopo la pesante sconfitta subita al referendum costituzionale. Anche per questo il voto è importante costituendo un modo per ripartire, specie ora che ogni equivoco interno si è concluso con la pur sofferta scissione dei mesi scorsi.
Si tratta di delineare il futuro del partito ma anche quelle che saranno le mosse necessarie per ricostruire un rapporto con i cittadini che negli ultimi anni (specie ne periodo del governo Renzi) è diventato molto difficile e pieno di incomprensioni.
I candidati non hanno rinunciato, in un sostanziale silenzio dell’informazione, di percorrere in lungo e in largo il paese per parlare e proporre non solo formule elettorali o alchimie per future alleanze, ma tornando a discutere di periferie (tema mancato negli ultimi anni), di sviluppo, economia, ambiente e molto dei giovani che proprio nel referendum costituzionale volsero le spalle ai democratici.
I circoli anche all’estero hanno già votato, con il netto successo di Matteo Renzi, ma il voto dei simpatizzanti, potrebbe rivelare delle sorprese, specie per i più affezionati all’alleanza di sinistra su cui Orlando si è molto speso.
Domenica la parola va quindi agli elettori del PD che anche all’estero potranno votare ed esprimersi secondo le consuete regole previste per il voto alle primarie.
Infine, anche lo stesso strumento delle primarie è, per la prima volta, sotto esame. Il suo futuro dipenderà molto proprio dalla capacità di attrarre cittadini alla partecipazione. Un’occasione democratica che il partito spera, comunque la si pensi su chi andrà ad essere segretario, non sia persa.
Nicola Guarino