Dieci anni dalla dipartita di un maestro assoluto del Cinema italiano, o meglio, di un cinema evoluto divenuto universale: Dino Risi.
Nato a Milano il 23 dicembre 1917, si era spento a Roma il 7 giugno 2008. Come pochi altri è l’emblema di una commedia irrisoria e graffiante, perfetto interprete di quanto scriveva Mario Monicelli: “La commedia all’italiana è trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all’italiana da tutte le altre commedie”.
Dieci anni fa ci lasciava, dunque, con quel patrimonio immenso di varia umanità fatta anche di sorrisi, anzi talvolta di risate a crepapelle: come la scena del maresciallo Carotenuto-Vittorio De Sica e la “smargiassa” Sofia Loren che ballano un mambo in Pane amore e… (1955): è fra le scene d’arte comica più amate del cinema di ogni tempo.
Quando a Venezia nel 2002, in occasione del Leone d’Oro alla carriera, avemmo modo di chiedergli come era nata quella scena, ci rispose “in maniera del tutto naturale, giravo quel film con due attori straordinari e quindi non è stato difficile ottenere quel risultato”. Sembrava timido Dino Risi: quell’anno la Mostra lo omaggiava riproponendo Il sorpasso, capolavoro assoluto (divenuto tale grazie anche a Vittorio Gassman e a Jean-Louis Trintignant) datato 1962, ritenuto precursore dei road-movies americani; riproposto (ben restaurato) in Sala Grande, è stata un’apoteosi specie per i molti giovani presenti, con oltre dieci minuti di applausi. Gli donammo in quella occasione l’articolo con una nostra precedente intervista relativa al suo rapporto di amicizia con il regista-scrittore Pasquale Festa Campanile (lucano di Melfi), che ci autografò. Risi aveva girato nel ‘57 Nonna Sabella tratto da un suo romanzo.
Con Una vita difficile del 1961 con Alberto Sordi magnifico e dolente, la critica lo assimilava a Billy Wilder. Quello stesso anno girerà nella allora poco conosciuta Maratea (in Basilicata) A porte chiuse con Anita Ekberg appena diventata icona felliniana de La dolce vita.
Tanti i suoi film che sono ormai cult: Poveri ma belli e il successivo Belle ma povere a fine anni ’50 lo consacrano fra i maestri assoluti della Commedia. Sarcasmo e rilettura della storia con La marcia su Roma (1962) e quindi I mostri (1963), entrambi con Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman; ne Il gaucho (1964, interprete Amedeo Nazzari) racconta invece la fallimentare trasferta in Argentina di un gruppo di presunti cinematografari. Risi è piuttosto cinico ne Il vedovo con Alberto Sordi e una magnifica Franca Valeri. Il regista sa far ridere di noi stessi con l’Italia vacanziera del boom: L’ombrellone (1965), con Enrico Maria Salerno e Sandra Milo, per poi lavorare con Nino Manfredi e Totò in Operazione San Gennaro (1966): questo film è ritenuto semplicemente perfetto da un attore regista di rilievo come Michele Placido. Ci sarà nuovamente nel ’67 Gassman ne Il tigre e Il profeta (1968).
Negli anni ’70 continuerà a mantenere alta l’attenzione sui vizi e le debolezze degli italiani, è addirittura precursore della stagione degli scandali (sempre attuali) con In nome del popolo italiano, ancora con la inossidabile coppia Tognazzi-Gassman; quindi un provocatorio affresco sulle ansie terrene del sacerdote ne La moglie del prete, con la coppia da Oscar Loren-Mastroianni. Sono quelli gli anni prolifici ed ineguagliabili di Dino Risi che affronterà anche il dramma psicologico con Profumo di donna (1974, candidato all’Oscar) con Gassman, e Anima persa (1977) qui con Catherine Deneuve: entrambe le opere sono tratte da romanzi di Giovanni Arpino; di Profumo di donna sarà girato nel 1992 il remake americano Scent of a Woman, con Al Pacino che vincerà il Premio Oscar come miglior attore.
A cavallo fra anni ‘70 e ’80, Risi si immerge nel dramma del tempo, mantenendo intatta la sua cifra tenue e riflessiva: Caro papà con Gassman è una lettura familiare degli anni di piombo; e quindi Fantasma d’amore con gli eccellenti Marcello Mastroianni e Romy Schneider ripresi nella luce fredda di Pavia. Dino Risi contribuì pure alla scoperta di talenti come l’italo-francese Coluche (Michele Colucci di origine ciociara) e di Beppe Grillo e Claudio Bisio in Scemo di guerra (1985); negli anni ’50 debuttò ragazzino Mario Girotti che da grande diventerà il brillante Terence Hill (Trinità), oggi solo un malridotto Don Matteo televisivo.
Dino Risi aveva conseguito da giovane la laurea in medicina a Milano ma non volle diventare psichiatra, secondo il volere dei genitori; preferì lavorare da aiuto regista con Alberto Lattuada e Mario Soldati. Realizzerà il suo primo corto nel 1946 dal titolo Barboni sui disoccupati milanesi e un documentario sulle macerie lasciate dalla guerra nella sua città. Si è sempre ritenuto ateo, profondamente stupito dalle diversità della condizione umana, che ha saputo carpire e manifestare col suo genio irridente.
Armando Lostaglio
PS: En clôture de la Semaine italienne du 13e arrondissement, Altritaliani vous signale:
Lundi 2 juillet à 20h30 – Hommage à Dino Risi (Salle des fêtes de la Mairie)
Projection du film de Dino Risi « Au nom du peuple italien » avec Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Agostina Belli et conférence sur le cinéma italien, animée par Paolo Modugno.
Dino Risi, né à Milan en 1916, aurait pu rester médecin, mais comme il aimait le dire, fatigué de soigner des gens qui ne gué- rissaient pas, il préféra se vouer au cinéma. Plus que tout autre, il a réussi à tra-vers ses films à raconter l’histoire de l’Italie du XXème siècle. Nom-breux sont ceux qui considèrent qu’il a créé le genre de la Comédie italienne. Si son cinéma est jubilatoire, c’est certainement parce qu’il offre une savoureuse alchimie entre son génie burlesque et sa vision satirique féroce.