Storia del presepe.
Nel 1223 a Greccio, un piccolo borgo dell’Italia centrale in provincia di Rieti, dopo un viaggio in Palestina, San Francesco ricostruì con persone e animali le scene della Natività, realizzando in questo modo la prima rievocazione della nascita di Gesù, che nei secoli successivi sarebbe stata replicata in tutte le case del mondo.
Dal 1223 a oggi sono trascorsi quasi 800 anni, eppure il filo tenace che lega il piccolo borgo immerso nella Valle Santa di Rieti a Betlemme è ancora più saldo che mai. San Francesco arrivò su queste alture con l’intenzione di rifare a Greccio una nuova Betlemme.
Gli ultimi anni della sua vita trascorrono tra i sintomi dolorosi della malattia e la situazione turbolenta del suo Ordine, malgrado ciò vuole celebrare il Natale sulle montagne reatine il 25 dicembre 1223. Per questo comunica a Giovanni Velita, signore del luogo: “Ecco vorrei che in qualche grotta della montagna che possiedi facessi collocare una mangiatoia con il fieno e vi conducessi un bue e un asinello così come erano a Betlemme. La notte di Natale verrò lassù e tutti insieme pregheremo nella grotta”.
Secondo una vecchia leggenda popolare San Francesco, vagando per questa valle, (ci tornò almeno due volte fra il 1223 e il 1226), incontrò un fanciullo a cui consegnò un tizzone chiedendogli di lanciarlo in aria. Il pezzo di legno cadde proprio nel luogo dove poi è sorto il santuario. La grotta è aggrappata a settecento metri sul fianco dei monti Sabini, davanti si apre il dolce panorama della piana reatina. Francesco d’Assisi amava visitare questo luogo per i suoi splendidi paesaggi e per la semplicità che caratterizzava gli abitanti del paese.
Sin dai primi giorni, vivendo nell’eremo dove in seguito fu edificata la piccola cappella, aveva ammirato la semplicità degli abitanti, la verità che incarnavano, a loro decise quindi di donare la visione del Dio che diventa uomo e apre gli occhi nella paglia sotto le stelle che avevano orientato i Re Magi. Sarebbe questo il nucleo incandescente del presepe dettato dal Poverello, la cui predica incendiò l’animo semplice dei paesani. L’intuizione del presepe si configura del resto anche come un gesto profondamente politico: la Terra Santa dev’essere ovunque, soprattutto dovremmo inciderla nel nostro cuore. Al tempo della quinta Crociata proclamare tale convinzione significava mettersi a rischio, perché questa rappresentazione doveva lanciare un messaggio a Papa Onorio III affinché capisse l’inutilità delle crociate, la nascita di Gesù poteva essere commemorata ovunque e non serviva riconquistare il Santo Sepolcro di Gerusalemme.
A Greccio, fondato sembra da una colonia greca e uno dei borghi più belli d’Italia, la sacra rappresentazione si sviluppa attraverso sei quadri viventi e una sceneggiatura degna di uno spettacolo teatrale, fra musiche e luci suggestive; a fare il resto la bellezza del luogo, una sorta di anfiteatro che sorge nel piazzale antistante il Santuario, la natura incontaminata che lo circonda, i costumi, la bravura degli interpreti. Appena entrati nella Chiesa, si incontra la Cappella del Presepio, edificata sul luogo dove avvenne la rievocazione.
Nella Grotta si conserva un affresco di scuola giottesca del XIV secolo che rappresenta il Natale di Betlemme e il Natale di Greccio. Percorrendo uno stretto corridoio si arriva ai luoghi abitati dal Santo e dai primi frati: il Refettorio con due affreschi del sec. XVI, il Dormitorio antico dove si conserva la celletta con la roccia su cui dormiva S. Francesco. Al piano superiore si visita il Dormitorio ligneo del XIII secolo del tempo di S. Bonaventura da Bagnoregio, Ministro Generale dell’Ordine (1257-1274), attraverso il coro del XVII secolo si entra nella prima chiesa dedicata a San Francesco dopo la sua canonizzazione, 1228, dove si nota il primitivo coro dei frati, alcune opere in copia di Biagio d’Antonio della scuola del Ghirlandaio, una pala d’altare di scuola umbra del XIV sec., un affresco del B. Giovanni da Parma, un frammento di affresco che ricorda la remissione dei peccati a S. Francesco avvenuta a Poggio Bustone e una copia di un Crocifisso del XIII sec.
Ma dove si trova la prima rappresentazione del presepe? Dopo quello vivente di Greccio inventato da San Francesco, il presepe più antico del mondo sembra sia quello di Arnolfo di Cambio (Colle val d’Elsa 1240- Firenze 1310) in Santa Maria Maggiore, la Basilica romana dedicata al culto della Vergine e all’infanzia di Gesù. È anche il più toccante e commovente nella storia della scultura. Basta guardare gli occhi del bue e dell’asinello partecipi del grande evento o le figure massicce dei pastori, gli umili a cui per primo si palesò il figlio di Dio appena nato, per comprendere la grandezza di questo architetto e scultore (suo è il progetto di Palazzo Vecchio e della Basilica di Santa Maria del Fiore a Firenze).
Prima rappresentazione scultorea della Natività nella storia, il Presepe sarebbe stato commissionato al celebre architetto da Papa Niccolò IV che fu anche il primo frate francescano a divenire Papa. Le otto statue del Presepe, la Madonna col Bambino al centro, San Giuseppe appoggiato al bastone, le teste del bue e dell’asinello e i Re Magi, uno dei quali inginocchiato sembrano scolpiti a tutto tondo, in realtà sono altorilievi su una superficie di marmo.
La Madonna col Bambino è un’aggiunta del 1500 (l’originale sarebbe andato perduto). Elegante e raffinata negli intagli, la scultura ricorda per alcuni aspetti il gotico francese dello stesso periodo a cui però non manca l’impronta realistico-romanica della scuola di Nicola Pisano a cui l’artista si formò. Uno stile unico, tuttavia, contraddistingue la solennità delle figure e la disposizione scenica. Ispirandosi al presepe di Greccio, Arnolfo realizzò un apparato scultoreo in grado di celebrare la Natività in tutta la sua sacralità, coniugando bellezza stilistica e ricerche realistiche avviate in quegli anni, gli stessi che segneranno il passaggio dall’età medievale a quella moderna.
La Basilica posta sulla sommità del monte Esquilino è conosciuta anche come “Sancta Maria ad Praesepem” perché secondo la tradizione conserverebbe nella cripta i resti della mangiatoia dove Gesù Bambino venne deposto la notte della nascita. Arnolfo di Cambio, una delle personalità più complesse e originali del gotico italiano, si formò alla bottega di Nicola Pisano con lui lavorò all’Arca di San Domenico nell’omonima chiesa a Bologna (1264-67) e al pulpito del duomo di Siena (1265-1269). Protagonista indiscusso della scena artistica romana, nella città eterna realizzò i cibori delle chiese di San Paolo fuori le Mura e di Santa Cecilia in Trastevere oltre alla celebre statua in bronzo di San Pietro in trono, oggetto di grande venerazione nella Basilica vaticana.
Francesca Graziano