Un testo di Julia Kristeva, pubblicato dal Mulino nel 1987 e riedito quest’anno: “In principio era l’amore”, è tornato in auge. La sua tesi accosta la psicoanalisi e la fede per dire come sia importante far dialogare l’umanesimo illuminista con l’umanesimo cristiano e superare i fondamentalismi che minacciano di distruggerci.
Julia Kristeva è una filosofa d’ origine bulgara, che vive ed opera in Francia dal ’64. È la redattrice della rivista d’avanguardia Tel Quel. Dopo aver seguito i corsi di Jacques Lacan, è divenuta anche lei psicanalista ed ha stabilito una profonda relazione tra semiologia, la scienza che studia i segni, e la psicanalisi. La insegna a New York ed a Parigi.
Dirige pure il Centro Roland Barthes che si occupa di linguaggi. È una studiosa del nostro tempo che s’interroga sui problemi più assillanti: l’io, l’amore, la depressione, l’esilio, il dolore, cercando nel contempo di scavare nell’animo femminile (Santa Teresa, e la trilogia Hannah Harendt, Melanie Klein, Colette) per avere delle risposte efficaci in merito agli itinerari di vita.
Nel far questo ha avuto un’intuizione veramente sorprendente che espone nel testo: In principio era l’amore. Potrebbe sembrare che non si sia allontanata dal pensiero di Freud che concepisce l’amore come l’ancoraggio più forte della vita individuale, il rifugio della coscienza in un altro essere che rappresenta la sintesi del mondo, mentre tutt’attorno infuriano i venti della realtà non sempre bene identificata.
Il suo ragionamento sembra riportarla alla psicanalisi delle origini, a concepire “l’amore verso il padre” come un mascheramento della psiche che si scopre debole e scissa.
Ed è qui che s’innesta la considerazione della fede. Pure la fede nasce per consolidare, su di un terreno di incertezze, una scelta che vuole essere autorevole e salda, per annullare il senso della propria identità narcisistica.
Il Cristianesimo è la religione che meglio ha saputo coniugare l’impatto dell’uomo con la figura paterna. Numerosi sono i passi delle Sacre Scritture in cui risalta questa immagine più o meno protettiva che rappresenta un principio d’autorità. Pensiamo per un momento all’episodio del sacrificio di Isacco, quando il padre viene messo alla prova nella volontà di sacrificare a Dio il suo figliolo molto amato o a quell’altro padre del figliol prodigo che non rimprovera mai le sregolatezze del figlio, ma gli perdona e lo ricolma di doni, appena tornato a casa.
Nell’uno e nell’altro caso, l’amore paterno è così completo e ridondante da voler fare pieno dono dei suoi sentimenti e dei suoi averi.
Il vero centro della dottrina della fede cristiana non è l’amore che assolve alla sua alta funzione di unire e di legare, ma è il mistero della Crocifissione e della morte di Cristo. È lì il punto di forza della soluzione dell’amore del Padre che si compendia nella morte del Figlio cui segue la resurrezione. Si è di fronte ad una separazione traumatica e ad una resurrezione, cioè al recupero della vita, acquisita eternamente.
Così la psicanalisi è un antidoto alla frattura dell’io, come la fede, con la Crocifissione di Cristo è pronta a soddisfare la trasgressione del peccato dell’uomo all’Onnipotente. Si tratta sia nell’uno che nell’altro caso, della fede e della psicoanalisi, di perdite per cui, una volta sanato l’io, possono essere rinsaldati nuovi legami ed amicizie.
La tesi di Julia Kristewa accosta la psicoanalisi e la fede per dire come sia importante superare i fondamentalismi che minacciano di distruggerci. Ci dice che alla lezione di Freud (1856-1939), è subentrata quella di Jacque Lacan (1901-1981) e dei principi fondamentali della sua speculazione: l’io svolge una funzione difensiva del soggetto immaginario e l’inconscio coincide con la totalità del soggetto stesso. Dietro il registro dell’immaginario c’è il registro del simbolico che si esprime attraverso il linguaggio. Il limite del pensiero freudiano sta in effetti nell’esasperazione del complesso edipico e quindi dell’istintività. Il fine ultimo della psicanalisi non è soltanto di trovare una cura per guarire, ma soprattutto la verità.
E’ importante quindi superare il divario esistente tra illuminismo e cristianesimo, cioè di due autorità ideologiche che hanno creato una morale ed indirizzato le coscienze. In piena epoca di globalizzazione occorre superare sia quella del nichilismo imperante che quella del fondamentalismo religioso. L’umanità non ci appare più come un universo, ma un multiuniverso. Bisogna comprendere le morali degli altri che sono fuori dal cristianesimo e viceversa, se si vuole evitare lo scontro ideologico. Così come siamo sollecitati ad imparare nuove lingue per comprendere gli altri, bisogna imparare nuove morali per saperle accordare tra loro.
Nel momento in cui la nozione del peccato perde senso per la parte secolarizzata della popolazione, resta la grande preoccupazione dell’etica laica. Ci vuole dunque un’integrazione tra modernità laica e tradizione religiosa. È necessario che nelle scuole si insegni storia delle religioni, per incamminarsi non verso un sistema di regole assolute, ma verso la tolleranza ed il rispetto delle idee altrui.
Gaetanina Sicari Ruffo
JULIA KRISTEVA
In principio era l’amore
Psicoanalisi e fede
Il Mulino 2015
Intervista a Julia Kristeva su In Principio era l’amore