Il testo “Cose di Francia” della studiosa Anne Christine Faitrop-Porta per le edizioni Città del Sole, propone una raccolta di articoli scritti da Corrado Alvaro nel periodo francese e pubblicati tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta quando era collaboratore per la rivista “Il Mondo” (di Giovanni Amendola e poi di Mario Pannunzio).
Nel 1922 lo scrittore inviava col titolo di Lettere dalla Francia al giornale, una serie di spunti, recensioni che poi sono stati riuniti per la prima volta dall’editore Falzea nel 2006 e che già nei Diari del ’50 erano parzialmente rifluiti.
Tra questi elementi spicca un brano particolarmente interessante per la produzione artistica alvariana: l’introduzione ai Miserabili di Hugo.
Alvaro avrebbe scritto di lì a poco nel ’30 la storia dei pastori di Aspromonte dove il tema della povertà e della giustizia sociale appaiono centrali.
Ma ci sono profonde differenze, rispetto ai Miserabili. Alvaro mostra uno stupore profondo di fronte alla scrittura di Hugo. Gli sembra che accumuli eventi fra loro diversi come moralismo, forme epiche e si stupisce che scrittori russi come Dostoevskij abbiano provato ammirazione per lui, come perfino Baudelaire che doveva divenire lo scrittore maledetto, ossia ribelle, non conformista.
Ci sono in queste riflessioni i prodromi di quello che in genere si definisce la poetica di Gente in Aspromonte. Non si tratta solo di realismo ne’ di lirismo. I pastori di Aspromonte sono avvolti da un’aurea di commozione straordinaria e la loro vita viene rappresentata con profonda, drammatica, verità.
Non è bella la vita dei pastori di Aspromonte.
Appoggiati ai lunghi bastoni con i cappucci
calati sul capo sembrano antiche divinità.
La stessa commozione e la stessa solennità nei personaggi di Hugo. Ma li’ c’è qualcosa in più. I personaggi dei Miserabili hanno subito una metamorfosi. Sono divenuti non solo innocenti ma addirittura santi. La madre di Cosetta è santa, peccatrice, ma santa, santa del suo patir, avrebbe detto Manzoni non a caso cresciuto alla linfa vitale degli storici liberali francesi.
I poveri, i malheureux, sono santi. Santo è Jean Valejean, ergastolano, ladro, redento e convertito che non solo alleva Cosetta come figlia ma distribuisce a chi ha bisogno, i suoi beni.
La madre di Cosetta è Maddalena e Jean Valejean è considerato tra S.Paolo e S.Francesco.
Grandi peccatori e grandi convertiti! In loro la conversione si celebra come il mito dell’innocenza riconquistata. C’è come il mito del ricominciamento in questi personaggi, il tema dell’innocenza, dell’inizio che si trova in Rousseau ma anche in Pascal.
È che i malheureux hanno nel loro retroterra Saint-Just e l’idea che la legittimazione nella storia del potere passa attraverso di essi.
I re, i potenti non sono mandati da Dio o legittimati per eredità di sangue, ma proprio da loro, dai miserabili.
E torna ancora Manzoni che del governatore di Milano dice che sarà chiamato a rispondere su come avrà trattato gli umili, categoria tutta manzoniana, datigli in balia.
Cioè dietro la metamorfosi dei malheureux in Hugo c’è l’ideologia dei philosophes francesi, dietro i pastori di Aspromonte di Alvaro c’è semplicemente la trasfigurazione operata dalla memoria nostalgica di un mondo sparito per sempre.
Carmelina Sicari