Anche se non con i canoni del secolo scorso, possiamo dire con tristezza, ma anche con consapevolezza che nel mondo è ormai in corso, da alcuni anni, la Terza guerra mondiale.
Come profeticamente aveva detto anni fa Papa Francesco, questa è una guerra mondiale a « pezzi », dove non ci sono le formali dichiarazioni di guerra che hanno caratterizzato il primo e il secondo conflitto mondiale, mancano le regole, se di regole si può parlare, tipiche dei trascorsi conflitti. Parliamo di una guerra che non è simmetrica e fatta unicamente da eserciti di coalizioni nazionali, vi partecipano infatti anche raggruppamenti, finanziati e sostenuti militarmente da paesi che sono interessati ad una strategia della tensione mondiale, che giocano su uno scacchiere integrato di geopolitica dove le diverse realtà si misurano alla ricerca di nuovi equilibri mondiali, dopo quelli persi con la fine del blocco comunista.
La Russia attacca l’Ucraina che aspira a aderire all’Unione europea, evidentemente abbracciandone il modello politico e lo stile sociale di vita. Hamas si sostituisce all’Isis, che comunque non è ancora finito, e attacca Israele attraverso l’uso più abominevole possibile del terrore, inducendo così quel paese a una durissima reazione nella striscia di Gaza.
Tante vittime innocenti, mentre l’autorità nazionale palestinese resta a guardare, un po’ per effettiva debolezza (da che Mazen n’è alla presidenza, la Palestina non ha più conosciuto un voto democratico), un po’ per un’evidente simpatia nei confronti dei terroristi di Hamas che hanno come obbiettivo dichiarato l’eliminazione del popolo ebraico.
A completare questo scenario di fuoco e sangue ci sono i pirati yemeniti che assaltano, nel mar Rosso e a Suez (storico scenario di tensioni internazionali…), le navi commerciali di tutto il mondo e le reiterate e sempre più pressanti minacce cinesi contro l’occidentale (per usi, costumi e politica) isola di Taiwan.
Alcuni commentatori, non ultimo il direttore di Milano Finanza, hanno sottolineato come il minimo comune denominatore di queste guerre sia l’attacco all’Occidente. Al suo stile di vita, al suo modello di società, al suo modello politico che è la democrazia.
Effettivamente, inquieta la circostanza che ora che quel modello democratico appare evidentemente in crisi, con l’affermarsi anche in occidente di governi populisti, a volte dichiaratamente nazionalisti che sempre più mirano a forme di democrazia illiberale se non a veri e propri premierati con poteri sempre più concentrati in poche mani, vedasi in Italia, i rischi che sta correndo la Francia, l’avanzata incontenibile – così si preannuncia – di Trump negli Stati Uniti o le vicende Olandesi e delle giovani democrazie dell’est Europa e le stesse difficoltà della Germania, mentre si consuma la crisi di queste democrazie, ci troviamo, dopo gli anni del terrorismo islamista (che non si è mai concluso), con la Russia del tiranno Putin all’attacco dell’Ucraina, la teocrazia iraniana che foraggia e sostiene il terrorismo islamista al fine di destabilizzare l’area mediorientale e non è un caso che si saldino alleanze strane (fino a un certo punto) tra Iran, Russia e Cina con strizzate d’occhi della Turchia e di tutti quei paesi arabi che continuano a sognare la fine del modello di vita occidentale.
La fine degli equilibri novecenteschi, per certi versi ampiamente contestabili anche da un punto di vista etico, fondatesi sul terrore dell’atomica tra USA e URSS, sul colonialismo e poi un post-colonialismo contraddittorio e complicato, non hanno facilitato la prosperità e la pace nel mondo.
A rendere ancora più ineluttabile lo scivolamento dei nostri destini politici verso conflitti sempre più drammatici e estesi per il mondo contribuiscono altre circostanze: la prima è nella debolezza dell’Europa che continua ad essere divisa, incapace di formare un esercito comune e un piano di difesa integrato, che non risolve le sue contraddizioni lasciando ancora fare agli USA senza decidersi ad intervenire in prima persona negli scenari di fuoco che ha alle porte; vi è poi un sovrappopolamento sempre più ingestibile nel pianeta e i conflitti di interessi tra vecchi e nuovi capitalismi. Così che mentre l’Europa e altri paesi di cultura occidentale, appaiono sempre più sensibili a temi decisivi anche per un futuro processo di pace, come l’ambientale, altri, Cina e India in primo luogo, non sembrano per scelta o per cecità capaci di capire gli enormi rischi di un mondo destabilizzato da un cambiamento climatico che è nell’evidenza delle cose.
Quasi che la storia si possa fermare in un eterno presente senza avere alcun rispetto e alcuna sensibilità verso coloro, i nostri figli, che questo mondo erediteranno.
Come sempre è accaduto storicamente, nessuno dice di volere la guerra e il timore è che, come sempre è accaduto storicamente, alla fine ci ritroveremo nell’immediato futuro nel pieno di una disastrosa Terza Guerra mondiale; anche perché il futuro piaccia o no sembra imporre al pianeta un nuovo ordine necessario per determinare, come fu alla fine del 1945, una nuova fase di prosperità e pace dipanando i conflitti e le contraddizioni sempre più complessi del nostro tempo che la diplomazia non appare più capace di gestire e risolvere.
Non ce lo auguriamo ma gli inquietanti segni ci sono tutti.
Nicola Guarino