Collescipoli per me? Bella domanda!
Ma iniziamo dai dati sensibili: Collescipoli è un piccolo borgo medievale, arroccato su un colle a pochissima distanza da Terni, in Umbria, una delle regioni più verdi e più suggestive di Italia.
Ci sono pochi abitanti: è un piccolo paese circondato da molta campagna e la vita scorre ad un ritmo più lento tra le sue stradine in pendenza, piene di storia e di nomi provenienti da un passato celebre, tra Scipione l’Africano e i Garibaldini.
Per me è sempre stato un paesino piccolo, silenzioso fino all’inverosimile e niente più di una base dove fare ritorno, in quella che chiamo “casa” e che continuerà ad esserlo per molto tempo, nonostante adesso viva a Milano, la città dei miei sogni.
Fa sorridere l’idea che i sogni debbano per forza portare lontano e in qualche grande centro abitato quando si è giovani, per poi tornare ai sogni bucolici dei nostri progenitori quando ci avviamo verso la terza età. Non so se per me sarà così: adoro le metropoli, le ho sempre adorate e non amo molto la campagna, un po’ perché sono cresciuta “cittadina” e un po’ per una mia personalissima avversione nei confronti degli insetti.
Eppure Collescipoli adesso per me ha assunto un significato completamente diverso, anche perché ho scoperto di avere, proprio nella strada dove abito, a quattro numeri di distanza, un ottimo motivo per tornare e una delle ragioni per cui sognare in grande. Tenendo i piedi per terra adesso mi è ancor più possibile.
Collescipoli dallo scorso settembre è diventato il paese a impatto zero dove si tiene il Jazzit Fest, festival a impatto zero (a partire da zero contributi pubblici arrivando all’impatto zero sull’ambiente!) che mi ha davvero cambiato la vita.
Da poco si è conclusa la seconda edizione, con ventimila presenze in tre giorni (dal 27 al 29 giugno) e pur non avendo avuto la possibilità di partecipare ho avuto l’immensa gioia di seguire le iniziative tramite social ed è stato un piacevole brivido riconoscere ogni angolo di quel paese, sentendo una nostalgia e una voglia di tornare a casa che non pensavo di poter provare.
Adoro Milano e i suoi angoli nascosti in bella vista che riescono a conquistare in dieci secondi chiunque abbia la pazienza e la volontà di prendersi un minuto di pausa dal corri corri frenetico della quotidianità, ma rimane il fatto che ho imparato ad amare il mio piccolo paesino proprio pochi mesi prima di lasciarlo e la nostalgia si fa sentire.
Una dolce nostalgia, fatta di messaggi di persone amiche conosciute grazie al festival nonostante avessimo vissuto per anni nello stesso paese senza saperlo; fatta di sorrisi in fotografie appese in giro per la casa; fatta di panorami mozzafiato della campagna umbra nonostante io preferisca il mare; fatta di tutte queste cose e mille altre ancora, che tutte insieme formano un puzzle colorato e variopinto, su cui si può leggere, mettendo l’ultima tessera al suo posto, una unica parola: “CASA”.
“Un uomo percorre il mondo
intero in cerca di ciò che
gli serve e torna a casa per trovarlo.”
George Augustus Moore
“Il torrente Kerith”, 1916
Chiara Colasanti