Cinema: Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi sbarca in Francia.

Arriva nelle sale cinematografiche francesi: Sotto le nuvole. Presentato alla ottantaduesima Mostra del Cinema di Venezia, il lungometraggio documentario di Gianfranco Rosi, regista pluridecorato nei Festival con film come Sacro GRA o Fuocoammare, ci propone questo bellissimo documentario frutto di tre anni passati tra le terre flegree e vesuviane per raccontare di questa nostra società che nei secoli si è costruita sul respiro della terra viva del Vesuvio e dei Campi Flegrei.

Quanto fosse viva questa terra ce lo ricorda la frequenza con cui si susseguono scosse e piccoli terremoti che in molti temono possano essere propedeutici a qualche sviluppo certamente più drammatico.

Eppure, la realtà che ci racconta Rosi ha il sapore e la leggerezza di quel fatalismo tipico di chi ama e teme quelle terre, ma che resiste perché sulla friabilità di quel suolo ha costruito e radicato negli anni la propria esistenza, i propri affetti.

Il regista, opera dopo opera documentario dopo documentario, ha costruito un suo stile narrativo che gli permette di creare dei documentari per nulla didattici o divulgativi, forte del suo montaggio narrativo che riesce, senza nessuna voce fuori campo e senza alcun intento di spiegare e orientare lo spettatore, a far parlare le immagini e al più gli involontari protagonisti del suo tessuto narrativo.

Il suo far parlare direttamente i luoghi e i suoi abitatori, senza nessun orientamento di sceneggiatura fa di Sotto le Nuvole quasi un omaggio a Rossellini e al neorealismo, peraltro evocati anche con una sequenza del film “Viaggio in Italia”, a parte l’esercizio di stile dell’uso del bianco e nero che crea una atemporalità di luoghi che effettivamente sono, con le sue testimonianze, non solo archeologiche, senza tempo.

Così a tenere il filo del viaggio e della storia in quei tormentati territori, ci pensa la Circumvesuviana che attraversa quei comuni che sotto al vulcano negli anni si sono costruiti, spesso senza alcun piano regolatore, ammassi di edifici sovrappopolati, si pensi che ad esempio Portici è uno dei comuni più popolosi d’Europa su un suolo che è una potenziale polveriera e allo stesso tempo una miniera di “oro” con i suoi tesori archeologici, con le sue continue scoperte che estendono e arricchiscono il patrimonio culturale di Pompei e non solo di nuovi tributi.

Ma Rosi, come sempre nel suo cinema, non si accontenta di raccontare le cose e i luoghi e così il suo sguardo si rivolge agli uomini e alle donne che lì vivono la loro vita, con tutte le difficoltà anche sociali che sono proprie di quei territori.

Questo ci dona un senso di leggerezza ricordandoci che quei territori, spesso evocati solo per l’eruzione del 79 d.C. che ci ha lasciato con gli scavi di Pompei, Ercolano e altri, sinistri simboli di morte, sono ancora oggi più vitali che mai con protagonisti della quotidianità come la figura di Titti, vecchio professore in pensione che oggi, da volontario, tra una lettura e l’altra dei suoi amati Miserabili  di Hugo, fa il doposcuola a tanti bambini e ragazzi figli di famiglie che non hanno mezzi economici per poter provvedere da soli.

Oppure la ricca umanità dei Pompieri che specie nell’area flegrea, rovescio della medaglia di questi affascinanti luoghi di acqua, terra e fuoco, si trovano a fare più dei compiti che gli sarebbero propri per regolamento, finendo per sostenere psicologicamente mogli, bullizzate da mariti violenti e finanche periodicamente e con l’infinita pazienza di chi è abituato a vivere nel pericolo, per dare il segnale orario a un vecchietto che li chiama solo per questo.

Una leggerezza di Rosi che è in sintonia con il racconto quotidiano di quelle zone. Seguendo la vecchia Circumvesuviana si riesce a comprendere fino in fondo come questo mondo abbia una sua continuità nel dramma e nella commedia, realizzando quel tessuto culturale, quel senso della vita che è proprio di quel mondo.

Ancora una volta Rosi senza forzare la mano ma certo scegliendo i luoghi, gli oggetti e i personaggi della realtà su cui focalizzarsi, riesce nel miracolo di creare un documentario che ha la forza coinvolgente di una fiction. Così lasciando parlare quei panorami, i volti immobili delle statue patrimonio archeologico e i volti vivi ed espressivi dei protagonisti, gente comune ma spesso unica, di oggi.

Nicola Guarino

Articolo in francese E trailer del film QUI

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, scrittore, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani e anche scrittore ("Tutto qui" - Graphe.it ed., è uscito nel 2024).

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