Si è apena aperta a Ferrara, un’esposizione dal titolo “Carlo BONONI. L’ultimo sognatore dell’Officina ferrarese”: è la prima, monograficamente parlando, dedicata a Carlo Bononi, uno dei grandi protagonisti della pittura del Seicento il cui nome, non a caso, è stato spesso accostato a quelli di Tintoretto, dei Carracci o di Caravaggio, ed è organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte, a Palazzo dei Diamanti dal 14 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018.
L’operazione di recupero è durata tempo, ma ha potuto metter a fuoco la figura di un artista ferrarese come il Bononi che fu pittore di grandi cicli decorativi sacri e di pale d’altare di certa emozione ed impatto per il visivo fruitore.
In realtà, un piccolo ma significativo prodromo alla sua arte c’era stato, seppur collettaneo, esattamente 4 anni fa, quando a Palazzo Trotti Costabili, sede del Seminario vecchio, in via Cairoli, in centro a Ferrara, aveva svelato parte delle opere non solo di Carlo Bononi, ma anche di altre glorie tutte locali come lo Scarsellino, Francesco Costanzo Catanio, nonché quelle dei ‘fuorisede’ Ludovico Carracci e Guercino.
Era stata allestita in contemporanea con quella dedicata a Zurbarán a Palazzo dei Diamanti: due facce del Seicento, due visioni diverse eppure egualmente affascinanti, accomunate dal progetto Immagine e persuasione. Capolavori del Seicento dalle Chiese di Ferrara colpite dal terremoto . Una mostra davvero importante. Innanzitutto perché richiamava l’attenzione sui danni provocati a Ferrara ed ai suoi gioielli artistici dal sisma del 2012, ma anche perché ebbe il merito di accendere i riflettori sul Seicento ferrarese, a torto considerato ‘minore’.
‘Figlia’ di un altro terremoto, quello ben più drammatico e devastante che aveva colpito la Capitale Estense nel 1570, nonché delle innovazioni liturgiche e devozionali seguite al Concilio di Trento, questa stagione determinò, attraverso numerosi cantieri e commissioni artistiche, un profondo rinnovamento del volto di Ferrara. Quello da essa vissuto fu, in realtà, un grandissimo Seicento, solitamente ed ingiustamente considerato subalterno ai fasti cosmopoliti della casata degli Este nel Quattro e Cinquecento.
E pure ora, in questo incipiente autunno, Palazzo dei Diamanti di Ferrara ha inaugurato da pochi giorni con una grande mostra dedicata alla riscoperta di uno dei primi pittori barocchi italiani, accostato dalla critica a Caravaggio e Zurbarán: il ferrarese Carlo Bononi, che torna in auge da protagonista, nella prima mostra monografica, come si diceva, a lui dedicata, curata da Giovanni Sassu e Francesca Cappelletti, e organizzata della Fondazione Ferrara Arte e delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.
Bononi, negli anni drammatici dei contrasti religiosi, dei terremoti e delle pestilenze, divenne ben presto un ‘maestro della luce’ – come si definiscono oggi i grandi pittori del passato ed i grandi direttori della fotografia del cinema d’aujourd’hui: il sapiente uso della stessa e l’abile ricorso alla teatralità fanno di lui uno dei primi pittori barocchi della penisola, come testimoniano le seducenti decorazioni della splendida ed unica basilica ferrarese dedicata a Santa Maria in Vado.
Ma Bononi fu anche un grande naturalista: nelle sue opere il sacro dialoga con il quotidiano. Tele come il Miracolo di Soriano o l’Angelo custode mostrano quanto sentita fosse per l’artista la necessità di calare il racconto religioso nella realtà, incarnando santi e madonne in persone reali e concretamente riconoscibili.
Un’operazione che aveva iniziato Masaccio nel Quattrocento, quando le ‘sue’ Madonne avevano il viso di splendide popolane, ragazze stupende dalla bellezza non più angelicata – come fino ad allora era stata dipinta Maria, la Madonna, Madre del Salvatore.
Anche il nudo maschile, ancorché sacro, rivela ed afferma una propria vivida sensualità, tutt’affatto realistica e vitale.
Ma Bononi non dipinse solo soggetti religiosi e fu apprezzato da grandi come Guido Reni che, a pochi mesi di distanza dalla morte di Carlo, avvenuta nel 1632, lo esaltava descrivendolo «pittore non ordinario» dal «fare grande e primario», dotato di «una sapienza grande nel disegno e nella forza del colorito».
Anche Jakob Burckhardt – il grande estimatore di Biagio Rossetti, che aveva definito come ‘quel semplice capomastro che aveva fatto di Ferrara la Prima Città Moderna d’Europa, nel 1492, con le sue vie lunghe e diritte’ – nel suo Cicerone, nel 1855, davanti alle decorazioni di Santa Maria in Vado si dichiarava convinto di trovarsi di fronte al prodotto di una delle menti più brillanti del suo tempo…
Maria Cristina Nascosi Sandri
Da Ferrara
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Carlo Bononi. L’ultimo sognatore dell’Officina ferrarese
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
14 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018
Informazioni
tel. 0532 244949 | diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it