Compie 25 anni l’appuntamento delle 20:00 di RaiTre, BLOB, realizzato da Enrico Ghezzi Marco Giusti (critici di cinema) e promosso a suo tempo da Angelo Guglielmi, un lungimirante direttore di rete.
Abbiamo spesso scritto e parlato di una certa poetica in questo programma unico nel suo genere, emulato da malriusciti esperimenti: unico perché unici sono i suoi autori. Perché parlare di poetica, satira e riflesso civile di un programma televisivo come Blob che da anni cerca di carpire i lati più reconditi di un mezzo di comunicazione tanto diffuso e familiare?
Perché ha una visione cruda e realista come sa esserlo il cinema, perché allude ad una certa avanguardia espressiva rimanendo fedele a quanto gli appare sotto gli occhi, quotidianamente trasmesso. Talvolta Blob è cinema puro, è montaggio essenziale, è poetica di visioni e di musiche, talvolta di silenzi. E’ utopia e concretezza al tempo stesso.
“Ciò che aliena l’uomo, ciò che lo allontana dal libero sviluppo delle sue facoltà naturali non è più, come accadeva ai tempi di Marx, l’oppressione diretta del padrone ed il feticismo delle merci, bensì è lo spettacolo che il regista filosofo francese Guy Debord identifica come “un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini”. Da un regista dell’avanguardia, viene una definizione prepolitica, dunque, del mezzo televisivo. “La prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale – sosteneva – aveva determinato nella definizione di ogni realizzazione umana un’evidente degradazione dell’essere in avere ». Rimane inflessibile il pensiero di Debord, autore di pochi film dal forte impatto innovativo (passati qualche edizione fa alla Mostra di Venezia, grazie appunto ad Enrico Ghezzi). Per un altro regista francese, Jean-Luc Godard, “la televisione crea l’oblio, il cinema ha sempre creato dei ricordi… ».
La televisione che, grazie al sapiente uso del montaggio, diventa cinema evoluto. Nella storia del cinema i due pensieri certamente più importanti per codificare il linguaggio cinematografico del montaggio e le sue infinite evoluzioni, sono quelli di Ejzenstejn e di Andrè Bazin. Entrambi hanno concretizzato un dilemma storico riguardo la presenza del montaggio all’interno della favola cinematografica, ovvero la dicotomia tra il cinema narrativo e il cinema espressivo.
Il montaggio determina oltre al ritmo di un film anche il rapporto che un autore determina con il reale, da cui verrà in ogni modo influenzato. Il montaggio, dunque, non è altro che la definitiva selezione del materiale visivo e sonoro ottenuto dalla realtà, già filtrata attraverso una volontà drammaturgica (la sceneggiatura) e scenica (la regia, la fotografia e il suono). Questo e molto ancora rappresenta Blob, per una televisione che restasse fonte critica di se stessa.
Resteranno emblematici, nella loro poetica espressiva, quei tre minuti di immagini dei lavoratori di colore con i pochi averi (in buste nere) mentre salgono sul pullman che da Rosarno li porterà chissà dove; in sottofondo la struggente canzone di Domenico Modugno “Amara terra mia” che il cantautore interpretò quale colonna sonora di uno sceneggiato televisivo proprio su emigranti calabresi, qualche decennio fa.
Armando Lostaglio