A 250 anni dall’apparizione de “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, l’opera, fondamentale per l’intelligenza del nostro Illuminismo, appare in fieri. Mentre, infatti, le opere dei grandi philosophes francesi, hanno trovato attuazione e compimento nella storia, il libro di Beccaria è ancora lontano dall’avere concreto riscontro, mentre il “Contratto sociale” di Rousseau è al fondamento del concetto di democrazia moderna e il pensiero di Voltaire e quello degli enciclopedisti hanno animato il dibattito politico e quello scientifico.
Il libro di Cesare Beccaria ha un lungo orizzonte di attesa, nel senso che attende ancora di avere completa attuazione concreta, ossia nella storia. Non che non si è subito riconosciuta la sua importanza, al suo apparire. Segnava anzi una linea di demarcazione tra un sistema inumano medievale di torture ed arbitri e la necessità proposta dal testo di commisurare i delitti alle pene. La cultura dei Lumi era il terreno su cui si era innestata fecondamente la dottrina giuridica di Cesare Beccaria.
Nel 1764 il confine tra diritto ed arbitrio era ancora sottile. In fondo solo nel 1602 Campanella era stato sottoposto dal S.Uffizio alla tortura ed aveva fatto ricorso alla follia per sottrarsi alla morte per rogo come era accaduto a Giordano Bruno nel 1600.
L’esplodere della legge segnava il confine tra era antica e moderna. Ma, ed è questo il punto, l’incipit del cammino della civiltà giuridica si è come arrestato senza ulteriori progressi, dopo questa fortunata diffusione. In genere il momento iniziale è seguito da una lenta ma continua espansione. Invece il cammino di quella comparazione iniziale delitti-pene sembra essersi raggrumito e sembra aver dato origine ad una nuova forma di disparità, di disuguaglianza.
Il volume dell’economista francese Thomas Piketty, autore di “Il capitale nel XXI secolo” (Bompiani 2014), ha suscitato notevole dibattito proprio perchè ha ipotizzato il crescere esponenziale del capitale. Solo i ricchi diventeranno sempre più ricchi e la disuguaglianza aumenterà.
Dei tre principi della civiltà dei Lumi: libertà, uguaglianza, fraternità, forse il più disatteso è proprio l’uguaglianza, non solo come oggetto del capitale trionfante, come nello “Spaccio della bestia trionfante” di G. Bruno, ma proprio per la sua assenza nella civiltà del diritto.
E si sa che nella triade, se un principio vien meno, anche gli altri due vacillano fino a sparire. Se c’è disuguaglianza non c’è libertà e tanto meno fraternità. Non c’è più la tortura è vero, almeno esplicitamente ufficializzata, ma c’è disuguaglianza tra delitti e pene soprattutto tra i soggetti.
Il meccanismo introdotto come artifizio massimo, la prescrizione, è uno dei mezzi, ma ve ne sono altri e sarebbe interessante esplorarne alcuni, mentre per la ricorrenza beccariana vengono organizzati convegni.
Beccaria avrà un seguace autorevole in Manzoni, che ne sposa la figlia e che ne “I promessi Sposi” porta avanti il diritto di due oscuri giovani che intendono sposarsi anche se un prepotente signorotto li ostacola.
Forse è questo il frutto più maturo di quell’opera e forse Manzoni, allievo degli storici liberali francesi come Thierry, è l’espressione più convincente sul piano ideologico e storico, della necessità dell’uguaglianza.
Carmelina Sicari
Reggio di Calabria