Prendiamo a prestito solo il titolo del libro di Fruttero e Lucentini, A che punto è la notte (da cui il film di Nanni Loy del 1994, con Mastroianni) quale spunto interrogativo su quanto ci accade intorno e sulla nostra testa, della “notte” che avvolge questa regione (la Basilicata) e il Mezzogiorno più vasto.
A che punto è giunto il nostro cammino tortuoso in una terra combattuta fra economia ed ecologia, fra malaffare e bisogno di crescita collettiva? Lo scandalo petroli, l’Ilva di Taranto, Bagnoli … Ci sono tutti gli elementi per un giallo che veda affaristi e classe politica avviluppati, familismi amorali e di contro la volontà di cambiamento, spesso arenata. Governi ostaggio delle consorterie multinazionali oppure solo volenterosi di “sbloccare” (ad ogni costo) una Italia da troppo tempo ingessata da poteri occulti? Tesi ed antitesi che si affrontano in voci urlate televisive ed inchieste sulla stampa. La magistratura che fa la sua parte: ultimo appiglio e baluardo cui l’uomo comune cerca sostegno ai suoi dubbi, e pretende giustizia.
C’è un dialogo nel film di Dino Risi In nome del popolo italiano (1971) fra il giudice Bonifazi (Tognazzi) e l’imprenditore Santenociti (Gassman) che meglio non potrebbe ritrarre l’antica diatriba fra gli affari (talvolta opachi) e la giustizia: un manuale di economia, politica e giurisprudenza.
Tuttavia, si assiste sulla propria pelle che nulla si muove nella direzione voluta e spesso annunciata (specie nelle campagne elettorali): gli interessi sono sempre in mano ai pochi, le classi dirigenti si muovono in equilibrio precario, talvolta sul filo del rasoio imposto dal malaffare. Burocrazia e paralisi operativa fanno il resto. Eppure il terreno sporco di nero è lì, quello vero, dove un tempo pascolavano greggi e mandrie, dove si coltivavano vitigni e cereali: zootecnia e attivismo rurale ormai non più operose.
La valle dell’Agri, il Sauro, un tempo aree interne di uno sviluppo che pure arrancava, sono ormai terre di estrazioni e degli affari sempre più incontrollabili. Troppe le responsabilità diffuse, inestricabili i fili da riannodare. Si parla in questi giorni dei territori lucani come agli inizi del secolo scorso si racconta nello struggente film Il petroliere (“There Will Be Blood”, del 2007 diretto da Paul Thomas Anderson) nel quale il pluripremiato Daniel Day-Lewis interpreta un minatore texano che diviene un potente petroliere, nella California agli albori delle lucrose attività estrattive. Ma l’amara conclusione del film suona come una sorta di maledizione legata all’oro nero.
Gli scandali e gli arresti in questa regione non facciano preludere a quei fantasmi. Ma conciliare economia ed ecologia, macro interessi e salute pubblica è la sfida che richiede intelligenze evolute, preparazione e buona volontà contro l’efficienza marpiona di chi sa solo sfruttare e manipolare.
Armando Lostaglio
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Addio Terre di Magna Grecia e di Lucania
Stringe il cuore e
lacrimano di rabbia
i pensieri
ed i miei occhi.
Sbarrati, increduli e
sbigottiti a tanto scempio
Perpetrato!
Su questa terra figliastra
di una Italia matrigna,
terra, da sempre orfana:
mai libera di crescere
ma nel vario tempo,
profanata, conquistata, sfruttata e
seviziata!
In ogni suo essere
e metro quadro.
Dai Romani prima e da una
Sequela dopo, fino agli ultimi
Italici Basilischi? Figli caini collusi,
venduti e svenduti a Francesi, Tedeschi
e chissà quanti altri, ora.
Addio! terre di Lucania dai Greci amate
lodate e rispettate,
terre di sosta e di respiro
per viandanti e apostoli,
terre di refrigerio,
terre della bradanica antica,
terre da due mari lambita
Terre di boschi, di …
acidule e fresche acque
nettare di vita.
Terre vessate, deturpate, inquinate da rifiuti tossici
e con Tempa Rossa &c, per noi avaro e amaro petrolio.
Terre non più sotto l’egida di Dio
ma predominio, ormai del nero Demonio!
o … dio denaro.
Ernesto Grieco
amara constatazione !!!!
E’ amaro constatarlo … ma, a qualsiasi punto sia la notte, è sempre (e ancora) notte !!!!!