La vicenda WickiLeaks ripropone il confronto tra politica europea e amministrazione USA. Anche se si tende a sottovalutare le rivelazioni uscite, queste provano da un lato l’attuale pochezza politica dell’occidente e per contro l’abilità dell’informazione di stampa e televisiva che viene confermata proprio da WikiLeaks. L’esempio sulla questione russo-georgiana. Appare la pretesa americana di trattarci tutti come paesi a sovranità limitata e minuscola la figura di Berlusconi nello scenario mondiale.
In Francia le rivelazioni di WikiLeaks hanno avuto un effetto molto meno dirompente che in Italia. Certo alcuni documenti diplomatici americani non mancano d’impallinare il presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, descritto come “un imperatore nudo” a causa del suo scarso livello di popolarità. Trattandosi di un presidente francese, le fonti USA non si limitano a riprendere l’espressione classica “il re è nudo”, ma vi aggiungono un aspetto napoleonico: parlano di Sarkozy come di un “imperatore”. Resta da capire dove sia la notizia tanto straordinaria. Che Sarkozy sia “nudo”, nel senso che l’opinione pubblica gli ha voltato le spalle, è cosa di pubblico dominio. Non passa settimana senza che un sondaggio la confermi. Se l’efficienza dei servizi segreti americani si limita alla lettura dei giornali e dei sondaggi, non è davvero difficile spiegarsi l’11 settembre…
Un punto più delicato delle rivelazioni di WikiLeaks riguarda l’atteggiamento che Parigi e Roma hanno avuto nell’estate 2008, al momento del conflitto in Georgia. In forte polemica col Cremlino, che vuole ripristinare il proprio potere di fatto sull’area caucasica, le autorità della Georgia hanno allora tentato la conquista delle aree del loro Paese difese dai militari russi e abitate da minoranze favorevoli alla Russia. Mosca è pesantemente intervenuta, riconquistando le zone contese e avanzando anche nelle aree indiscutibilmente georgiane. La Francia aveva allora la presidenza di turno dell’Unione europea e l’Eliseo si è comportato in modo inappuntabile. Sarkozy è volato a Mosca, ottenendo la fine dell’avanzata russa in Georgia, che rischiava di metter fine all’indipendenza stessa di questa repubblica caucasica, un tempo appartenente all’URSS. In cambio, Sarkozy ha dato un sostanziale sostegno alle ambizioni russe sui territori contesi, intenzionati a far secessione dalla Georgia perché abitati da popolazioni filorusse.
Questo comportamento di Sarkozy è stato sostenuto da buona parte dell’Unione europea, tra cui l’Italia, mentre altri Stati dell’Ue (a cominciare dalla Polonia) hanno sposato al cento per cento la causa della Georgia.
Questa seconda linea, molto dura verso Mosca, è stata anche quella dell’Amministrazione statunitense, allora guidata dal presidente George W. Bush, che sempre in quel periodo era in forte polemica con Mosca per la decisione di realizzare in Europa orientale un sistema di missili antimissile americani. L’amministrazione Obama ha poi rettificato la politica estera degli USA proprio nel senso auspicato da Sarkozy: il compromesso sulla questione georgiana si è consolidato, ottenendo ormai il sostanziale consenso di Washington. Il progetto di missili antimissile è stato in un primo tempo ritirato da Obama (cosa che ha messo in grave imbarazzo i polacchi, campioni di ostilità alla Russia, che parevano ansiosi di installare sul proprio territorio le nuove basi militari statunitensi) e poi rilanciato, ma questa volta in pieno accordo con Mosca.
Le attuali rivelazioni di WikiLeaks riportano attacchi americani alla politica di Parigi, che nel frattempo si è pero’ rivelata quella giusta. Si è insomma ripetuta la solita storia: Washington crede di poter esigere un’obbedienza pronta, cieca ed assoluta dai propri alleati europei, irritandosi tutte le volte che questi ultimi prendono – in modo più o meno evidente – le distanze dalla politica ufficiale della Casa Bianca.
Nel 2003 la Francia ha rifiutato di partecipare all’attacco all’Irak, fortissimamente voluto dagli Stati Uniti. Secondo molti osservatori, anche americani, i fatti hanno dato ragione all’allora presidente francese Jacques Chirac, che rifiuto’ di partecipare alla spedizione. Il fatto stesso che il democratico Obama sia stato eletto alla presidenza è, almeno in parte, una conseguenza dei problemi provocati dagli errori della politica irachena del suo predecessore repubblicano Bush.
Oggi le rivelazioni di WikiLeaks imbarazzano e umiliano soprattutto gli americani, dimostrando la loro permanente difficoltà di rispettare gli alleati europei. Invece di prendersela con i Paesi che nel 2008 assunsero una posizione equilibrata sulla questione georgiana (posizione rivelatasi giusta) e invece di ironizzare sulla Francia per il ricordo della sua mancata partecipazione alla disastrosa guerra irachena (mentre Parigi aveva probabilmente ragione), gli americani farebbero bene a riflettere sul modo in cui rendere più efficace l’Alleanza atlantica nel periodo storico successivo alla fine dei vecchi “blocchi”.
Leggendo i documenti di WikiLeaks, una sola cosa è chiara: la vera figuraccia l’hanno fatta gli americani. Se qualcuno ha perso credibilità internazionale, si tratta proprio di loro. Per quanto riguarda l’Italia, la persona del presidente del consiglio Silvio Berlusconi è, questa volta, secondaria. Il problema è più serio di un Berlusconi qualsiasi. Il problema, in questo caso, va oltre la sua discutibilissima persona.
Proprio come ai tempi della “guerra fredda”, Washington non concepisce neppure l’idea che gli alleati europei possano avere una politica estera autonoma. Questo è il problema e questa è una ragione in più per scommettere sull’unità europea…
Alberto Toscano
WikiLeaks: gli USA, superpotenza zoppa, e l’indipendenza europea
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