Si è inaugurata il primo ottobre a Venezia, all’interno del prestigioso Palazzo Ducale, nella spettacolare sala dello Scrutino, un’affascinante mostra storica dal titolo “Venezia e l’Egitto”, dedicata ai rapporti millenari tra la città lagunare e l’antico Stato africano.
Oltre 300 opere – tra cui scritti, testi inediti, cartografie, reperti preziosi, opere d’arte – sono proposti in nove sezioni che, con efficaci didascalie e immagini riprodotte su video, ripercorrono un’avventura suggestiva ed entusiasmante sugli scambi culturali e le loro influenze tra la Serenissima e il mondo egizio.
L’esposizione parte dai ritrovamenti archeologici che documentano le relazioni in età classica, per arrivare all’apertura del canale di Suez; iniziativa già proposta nel ‘500 dal governo marciano, ma realizzata solamente nel 1869, su progetto dell’ingegnere trentino Luigi Negrelli, allora capo delle ferrovie del Lombardo Veneto, e dall’ingegnere idraulico veneziano Pietro Paleocapa, già autore dei principali interventi alle bocche portuali di Venezia.
La mostra, promossa dalla Fondazione Musei Civici, dall’Autorità Portuale, con la collaborazione di molti enti, dal Patriarcato alla Provincia, dalla Regione Veneto ai ministeri degli Esteri e dei Beni culturali è stata curata dai docenti Enrico Maria Dal Prozzolo e Rosella Dorigo e Maria Pia Pedani che si sono dimostrati entusiasti di questo progetto, realizzato a tempo di record, un anno di lavoro con il coinvolgimento di quattro atenei (Verona, Ca’Foscari, Iuav e Padova) e l’orgoglio di aver trovato la maggior parte del materiale presso musei, fondazioni venete, e archivi italiani.
Sotto le suggestive decorazioni del soffitto della sala, realizzate dal pittore-cartografo Cristoforo Sorte, la mostra si apre con la visione dell’ampia “Pala feriale” (1345), dipinto su tavola in quadri di Paolo Veneziano (e i figli Luca e Giovanni) capolavoro della pittura veneziana del XIV secolo, in cui si mescolano elementi artistici orientali e altri occidentali.
L’opera fungeva da copertura o custodia della Pala d’oro, conservata nella Basilica di San Marco, che veniva esposta ai fedeli soltanto nelle maggiori festività. Su di essa sono raccontati alcuni episodi del ciclo narrativo della vita di San Marco, dai miracoli, al martirio fino al trafugamento del corpo del santo il successivo trasporto a Venezia, di cui è il santo Patrono. Dal Tesoro di San Marco sono presenti altre importanti testimonianze egizie come il “Vaso di Artaserse I” o “l’ampolla degli Arieti” realizzata al Cairo alla fine del X secolo. Durante il percorso viene inoltre indagata l’iconografia del Leone marciano, che ha contatti con l’immagine identificativa del sovrano di Baybars, chiamato “Il leone d’Egitto”, e che innalzava come insegna araldica proprio un leone (la cui immagine è anche raffigurata sulla moneta, il “Dinar” d’oro). Dalle monete, alle sue contraffazioni, si ripercorrono i commerci, con le bolle dogali, i resoconti di mercanti, consoli, ambasciatori, le lettere di cambio e poi i metodi per decifrare o criptare i testi con i simboli egizi, o i disegni su prontuari per “dialogare” con le dita delle mani per accordarsi su prezzi e quantitativi di merci. E inoltre, la cartografia, le carte di navigazione, le mappe con vedute del Cairo o di Alessandria, astrolabi e globi celesti. Non mancano poi gli oggetti di commercio: tessuti copti originali, frammenti di antichissime ceramiche mammelucche, e un tappeto cairota, lungo quasi 10 metri, prestato dalla Scuola Grande di San Rocco; unico pezzo al mondo.
C’è anche una mummia egiziana: quella di Nehmeket (1069-525) conservata nell’isola veneziana di San Lazzaro degli Armeni, interamente ricoperta da una reticella con perline in pasta vitrea di vario colore, restaurata per l’occasione. E dall’Egitto raffigurato dagli artisti veneti, come Giorgione, Tiziano, Tintoretto (con la sua tela “Giuseppe e la moglie Putifarre”, proveniente dal museo del Prado) si arriva alle grandi avventure della ricerca storico-scientifica ottocentesca: gli esploratori come Giovanni Battista Belzoni (Padova, 1778 – Nigeria, 1823) personaggio dalla vita avventurosa, che grazie a committenti inglesi, andrà in Egitto e trasporterà la gigantesca statua di Ramesse II fino al Nilo (molti dei reperti da lui trovati sono ospitati dal British Museum di Londra) scoprirà il tempio di Abu Simbel, la tomba di Seti I nella Valle dei Re e accederà nella piramide di Chefren. Altro esploratore, geologo e naturista, sarà Giovanni Miani (Rovigo, 1810 – Nangazizi, 1872) che studierà le sorgenti del Nilo. Fu lui a recuperare il coccodrillo mummificato incarnazione del dio Sobek, signore delle acque, in una grotta nei pressi di Asiut, che si può ammirare nella mostra, e che proviene dal Museo di Storia Naturale della città lagunare.
La mostra si conclude con gli affascinanti dipinti del bellunese Ippolito Caffi, raffiguranti l’Egitto (come ad esempio, “Il vento di Simun”) con una mano precisa ma nel contempo delicata, alla maniera di celebri vedutisti, per descrivere luci, suggestioni e scorci del Cairo e infine con lo spettacolare dipinto dell’artista Alberto Rieger “Canale di Suez” (1864) che preannuncia la definitiva apertura del Mediterraneo all’Oriente. L’inaugurazione del canale, avverrà infatti il 17 novembre del 1869. Il maestro Giuseppe Verdi, per festeggiare questa immane impresa, frutto di una collaborazione di due popoli amici, comporrà l’opera “Aida”. La mostra si può visitare fino al 22 gennaio 2012.
Andrea Curcione
Venezia
Portfolio e articolo : Foto credits© Andrea Curcione
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