Uno spettro s’aggira per l’Europa: il fondamentalismo islamico.

Londra. Il raccapriccio invade le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Un uomo di colore con le mani che grondano sangue e tra le mani armi da taglio urla all’impazzata. Fonti riferiscono il tenore delle frasi pronunciate: “Allah è grande”… “Giuriamo nel nome di Allah che non smetteremo di combattervi”… “la vostra gente non sarà mai al sicuro.”

E’ successo a Woolwich, zona sud orientale della capitale.

Due uomini di colore con armi da taglio, tra cui un machete, hanno assassinato un soldato britannico decapitandolo, trascinandone il corpo lungo il marciapiedi dove poi l’hanno abbandonato.

La polizia sta valutando l’ipotesi terrorismo e lo stesso Cameron, in visita ufficiale a Parigi, ha dichiarato che ci sono forti indicazioni che l’episodio sia collegato al terrorismo.

Foto AFP - Justin Tallis

Ma al di là di legami con il terrorismo islamico, l’episodio invita ad una serie di considerazioni che da tempi non recenti individuano nel vecchio Continente il diretto responsabile di fatti e misfatti che lo stanno riguardando in questi ultimi tempi.
Se il prezzo da pagare per una società multietnica e multiculturale si racchiude in episodi come questo di Londra, allora è bene riflettere su quali possono essere le contromisure da adottare per fronteggiare un fenomeno che sta assumendo dimensioni preoccupanti.

Il fondamentalismo. Soprattutto quello di matrice islamica.

Il primo segnale, preoccupante, di tale fenomeno ci viene offerto proprio dagli avvenimenti degli ultimi mesi che stanno interessando i paesi del nordafrica dalla Tunisia all’Egitto, scenari di rivoluzioni che avrebbero dovuto portare alla caduta di regimi autoritari a favore di nascenti democrazie, in grado di sdoganare tali paesi da leggi ed usi che affondano le radici in un ben noto oscurantismo medioevale.

La caduta di Ben Alì, Gheddafi e Mubarak, che avrebbe dovuto spianare la via verso regimi democratici, ha ottenuto un effetto boomerang, scatenando guerre civili tra autentici assertori della via democratica e quanti ritengono che il governo politico vada coniugato con il fondamentalismo religioso.

Dei paesi della costa settentrionale del continente africano resta all’inpiedi solo il siriano Assad, il quale, a suo dire, resiste agli attacchi contro il regime, in nome della difesa della Siria dalle forze che fanno riferimento ad Al Quaida e che stanno aspettando proprio la caduta del rais di Bagdad per portare al potere forze oscurantiste legate al fondamentalismo religioso.

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Avevamo nella riflessione del marzo scorso dal titolo “La primavera smarrita e la rivoluzione rubata”, messo a confronto due esperienze sul tema distanti sessant’anni tra loro, quella di Bernardo Valli e quella di Michele Tito, su come l’islamizzazione del potere politico, incapace di distingure e tenere separata la politica dalla religione, impedisse di trasferire nella modernità le legittime aspirazioni di questi paesi.

Ma il fondamentalismo di matrice islamica ha dimostrato che la sua strategia non si ferma ai paesi di stretta marca islamista, ma conduce fuori dai confini nazionali, a conferma l’attentato dell’11 settembre 2001 alle Twin Tower.

Da qui la riflessione. Le recenti esperienze terroristiche e destabilizzanti dello scenario internazionale fino al macabro rituale di ieri (n.d.r., per chi scrive) riusciranno finalmente a risvegliare dal torpore l’Europa, affacendata in vicende legate esclusivamente alla finanza e alle banche, incapace di meditare un’Europa di fatto legata ai popoli, alle varie etnie e culture?

Prima di dare vita all’Europa dei popoli, il vecchio continente ha dimostrato di conoscere le etnie delle componenti di cui è composta, prima di aprire indiscriminatamente e senza controlli adeguati le porte a quanti si portano sul suo suolo da altri continenti, privi di reali intenzioni di necessità e bisogno nei migliori dei casi, per delinquere nel peggiore o per affermare la follia di un credo religioso che sfocia nel fanatismo.

Non c’è statistica che tenga per capire il fenomeno immigrazione nel vecchio continente, da dove provengono migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini, se scappano realmente da scenari di guerra o se arrivano in cerca di fortuna che non hanno nei loro paesi.

Esodi biblici che sono sfuggiti e sfuggono a chi dovrebbe provvedere a regolamentare un fenomeno diventato ormai insostenibile, per episodi che rappresentano un campanello d’allarme nello sfatare previsioni delineate a tinte fosche da analisi terrificanti che ci ha proposto qualche anno addietro Oriana Fallaci.
Un’ipotesi che nasconde tra le pieghe un conflitto di civiltà verso cui si starebbe avviando l’umanità, ma soprattutto l’Europa che a parere della scrittrice toscana avrebbe assunto una fisionomia euro-arabica.

Nell’incontrare la cancelliera Merkel, Papa Francesco rifletteva che non è possibile pensare alle banche quando la gente non ha di che mangiare.

Ed allora si è ancora in tempo per evitare ulteriori disastri, sempre che un’Europa consapevole del proprio ruolo, rimediti la sua storia, a partire dall’avventura coloniale fino ai giorni nostri, razionalizzando con intelligenza scenari di un mondo globale, dove è necessario creare condizioni, laddove è possibile, in grado di far fronte ad una società avviata sulla strada della multietnicità e della multirazzialità.

Diversamente ci sarà posto solo per il baratro. Per tutti. Nessuno escluso.

Raffaele Bussi

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Raffaele Bussi
Raffaele Bussi è nato a Castellammare di Stabia. Giornalista, scrittore e saggista, collabora con importanti quotidiani e periodici nazionali. Ha collaborato a "Nord e Sud", "Ragionamenti", e successivamente a "Meridione. Sud e Nord del Mondo", rivista fondata e diretta da Guido D'Agostino. E' stato direttore editoriale della rivista "Artepresente". Collabora al portale parigino "Altritaliani" e alla rivista "La Civiltà Cattolica". Ha pubblicato "L'Utopia possibile", Vite di Striscio", "Il fotografo e la Città", "Il Signore in bianco", "Santuari", "Le lune del Tirreno", "I picari di Maffeo" (Premio Capri 2013 per la critica letteraria), "All'ombra dell'isola azzurra", romanzo tradotto in lingua russa per i tipi dell'editore Aleteya, "Ulisse e il cappellaio cieco" (2019). Per Marcianum Press ha pubblicato: "Michele T. (2020, Premio Sele d'Oro Mezzoggiorno), "Chaos" (2021), "L'estasi di Chiara" (2022), "Servi e Satrapi" (2023).