Una Manovra di « classe ».

“Una manovra iniqua e classista” questo in sintesi l’opinione della CGIL. Colpiti i “soliti noti” e specialmente il futuro dei giovani, questa volta accomunati nel dramma dai pesanti tagli agli anziani e alle pensioni. Dopo mesi di promesse di colpire i grandi patrimoni o le rendite finanziarie o almeno i privilegi delle caste e in primis della politica, siamo alla solita recita con le abituali vittime e i soliti carnefici. Ma andiamo a vedere nello specifico.

Con la manovra approvata il 15 luglio il governo taglia arbitrariamente i diritti sociali e, consapevole della illegittimità di molte delle norme approvate, impedisce ai cittadini di poter ottenere giustizia caricando i costi procedurali per i ricorsi alla magistratura.
L’Inca CGIL articolerà la sua iniziativa per informare i cittadini e impedire che questo avvenga.

Significative e senza ambiguità sono le dichiarazioni con le quali Morena Piccinini, Presidente dell’INCA e del Comitato direttivo della CGIL, denuncia il peso delle scelte fatte dal Governo.

E’ decisamente una manovra di classe quella che il Parlamento ha appena approvato, nel senso che è tutta concentrata su un tentativo di risanamento del debito pagato solo ed esclusivamente dai lavoratori dipendenti, dai pensionati, dalle famiglie meno abbienti, dai giovani, dalle donne e dai disabili ».

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Un vero capolavoro d’ingiustizia sociale per l’oggi e soprattutto per le ipoteche messe sul futuro di tutte queste figure sociali.

Una manovra che, sull’onda della drammatizzazione prodotta dalla speculazione dei mercati finanziari che hanno così denunciato l’insipienza e l’ irresponsabilità di questo governo, si è via, via caricata nei pochi giorni trascorsi dalla sua presentazione alla approvazione, in termini sia di crescita drammatica del suo impatto economico sia di ingiustizia sociale.

Anzi, il paradosso è che quanto più si rendeva necessario aumentarne il peso economico, tanto più il governo imponeva che il prezzo venisse a ricadere sempre di più e soltanto su tutti i capitoli dello Stato sociale, e quindi esattamente sulle classi sociali, che fin dall’inizio della crisi economica stanno pagando il prezzo più alto in termini occupazionali, di reddito, di prestazioni sociali e di tutele.

Nel nome della responsabilità nazionale un’intera classe politica pretende di farci digerire:

• i nuovi ticket sanitari, tanto che per molte prestazioni sarà meno costoso accedere al privato (effetto voluto?!),
• il nuovo blocco in tutto il pubblico impiego,
• i tagli alla scuola e agli insegnanti di sostegno,
• la penalizzazione delle pensioni degli ex lavoratori dipendenti rispetto alla inflazione che ha ricominciato velocemente a salire,
• il continuo aumento dei requisiti pensionistici per anzianità e vecchiaia per donne e uomini, pur in presenza di un mercato del lavoro che continua a buttare fuori i lavoratori in età sempre più basse,
• il sicuro siluro verso le pensioni di reversibilità e tutte le prestazioni assistenziali,
• dalle indennità di accompagnamento all’insieme delle prestazioni già oggi insufficienti per le condizioni di disabilità e di povertà.

Per non parlare dell’annuncio di una riduzione del 20% di tutte le detrazioni fiscali che in un qualche modo sostengono le famiglie di lavoratori e pensionati.

E siccome sanno bene che gran parte di quelle disposizioni sono pure illegittime, l’ultima beffa la si trova negli interventi in materia di processo del lavoro e per cause previdenziali, con il chiaro intento di impedire a lavoratori e pensionati e a chi li tutela di poter far valere i loro diritti davanti a un giudice.

I costi imposti per adire in giudizio, la riduzione dei termini di prescrizione per le prestazioni pensionistiche, la via crucis che si impone agli invalidi per dimostrare il loro diritto, la serie di interpretazioni autentiche volte ad impedire il consolidarsi di interpretazioni di leggi in favore di lavoratori e di pensionati che come patronati avevamo ottenuto dai giudici, sono solo esempi di come non solo il governo taglia arbitrariamente i diritti sociali, ma addirittura impedisce ai cittadini di poter ottenere giustizia attraverso il ricorso alla magistratura.

Naturalmente, per parte nostra , come Inca faremo di tutto per impedire che questo avvenga e continueremo a garantire a lavoratori e pensionati la piena tutela per l’esercizio dei i loro diritti, a partire da quelli che oggi si pretende arbitrariamente di negare.

Con questa manovra non si risana il paese; anzi le iniquità sociali in untitled1.bmp
essa contenute innescano un processo di ulteriore impoverimento che rischia di aggravare anche il peso del debito. Una cosa è apparsa subito chiara e cioè che proprio le iniquità qualitative e le criticità quantitative contenute nella manovra non tranquillizzano assolutamente i mercati e l’ondata speculativa rischia di essere ulteriormente alimentata dalla irresponsabilità di questo governo e di quelle forze politiche, sociali e imprenditoriali, che si illudono pensando di trarre un vantaggio a breve, per sé, a scapito della povera gente.”

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La necessità di una corretta informazione è essenziale per poter comprendere le ricadute su persone e famiglie e per valutare le iniziative di contrasto che permettano di modificare gli interventi più pericolosi insiti nella manovra.

Per questa ragione l’INCA CGIL in Italia e all’estero è impegnata ad illustrare adeguatamente tutte quelle parti della manovra finanziaria che incidono sulle condizioni dello stato sociale”.

Dove e come interviene la manovra? Proviamo a riassumere le conseguenze delle norme che maggiormente colpiscono sia chi andrà in pensione sia chi è già pensionato.

1. MODIFICHE PER CHI DEVE ANDARE IN PENSIONE

1.1 – Anticipo al 2013 dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita
Cosa prevedeva la normativa vigente?
L’attuale legislazione prevedeva un adeguamento automatico dei requisiti anagrafici per il conseguimento della pensione di anzianità, di vecchiaia e dell’assegno sociale, legandoli alle modifiche statistiche dell’aspettativa media di vita (1).

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(1) L’incremento dei requisiti di età legati alla speranza di vita a 65 anni, stimati nella relazione tecnica al maxi-emendamento sulla base dello scenario demografico Istat, sono di 3 mesi nel 2013, di 4 mesi dal 2016 (nella relazione tecnica al DL 98 erano 3 mesi) e di ulteriori 4 mesi per ogni triennio successivo a decorrere dal 2019 fino al 2030.]]

Conseguentemente si prevedeva un primo innalzamento dell’età pensionabile, non superiore a tre mesi, a decorrere dal 1° gennaio 2015, un secondo adeguamento dal 1° gennaio 2019 ed i successivi adeguamenti con cadenza triennale.

Come cambia la normativa con la manovra approvata?
La legge n. 111 anticipa il primo adeguamento dell’età al 2013 e stabilisce che i successivi adeguamenti saranno attuati con cadenza triennale. L’innalzamento dell’età anagrafica interessa il pensionamento di vecchiaia e quello di anzianità sia nel sistema retributivo che in quello contributivo e riguarda tutti i lavoratori e le lavoratrici, dipendenti pubblici e privati e lavoratori autonomi, ad esclusione dei lavoratori per i quali al compimento dell’età pensionabile viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa.

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Proviamo a vedere cosà accadrà nel 2013 e nel 2019 per un lavoratore che intenda lasciare il lavoro per godere della pensione di anzianità:

• con la vecchia normativa erano necessari i seguenti requisiti:
o 35 anni di contributi
o 61 anni di età anagrafica
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avveniva dopo 12 mesi (tecnicamente definita “quota 97” 35 anni contribuzione+61 anni di età + 1 anno di finestra = 97)

• con la nuova normativa saranno necessari i seguenti requisiti:
o 35 anni di contributi
o 61 anni e 3 mesi età anagrafica
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avverrà dopo 12 mesi (tecnicamente definita “quota 97 e 3” 35 anni contribuzione+61 anni e 3 mesi di età + 1 anno di finestra = 97 e 3)

La penalizzazione poi si incrementerà nel tempo tanto che le previsioni legate alla aspettativa di vita media determineranno nel 2019 che:
• con la vecchia normativa :
o 35 anni di contributi
o 61 anni + 7 mesi di età anagrafica
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avveniva dopo 12 mesi (tecnicamente definita “quota 97e 7” 35 anni contribuzione+61 anni e 7 mesi di età+1 anno di finestra = 97)

• con la nuova normativa saranno necessari i seguenti requisiti:
o 35 anni di contributi
o 61 anni e 11 mesi età anagrafica
e, in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avverrà dopo 12 mesi (tecnicamente definita “quota 97 e 11” 35 anni contribuzione+61 anni e 11 mesi di età + 1 anno di finestra = 97 e 11)

L’adeguamento dell‟età pensionabile in ragione dell’incremento della speranza di vita agisce anche sul requisito anagrafico per l’assegno sociale. Ciò vuol dire che dal 1° gennaio 2013 per conseguire tale prestazione saranno richiesti 65 anni e 3 mesi.

Proviamo ora a vedere cosà accadrà sempre nel 2013 e nel 2019 per un lavoratore che intenda lasciare il lavoro per godere della pensione di vecchiaia considerando che, in questo caso, la normativa prevede differenziazioni per i requisiti di uomini e donne.

Uomini

• con la vecchia normativa nel 2013 per un uomo era necessario il requisito di:
o 65 anni di età
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avveniva dopo 12 mesi

• con la nuova normativa per un uomo sarà necessario il requisito di:
o 65 anni e 3 mesi di età
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avverrà dopo 12 mesi

• con la vecchia normativa nel 2019per un uomo era necessario il requisito di:
o 65 anni di età
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avveniva dopo 12 mesi

• con la nuova normativa per un uomo sarà necessario il requisito di:
o 65 anni e 11 mesi di età
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avverrà dopo 12 mesi

Donne

• con la vecchia normativa nel 2013 per una donna era necessario il requisito di:
o 60 anni di età
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avveniva dopo 12 mesi

• con la nuova normativa per una donna sarà necessario il requisito di:
o 60 anni e 3 mesi di età se dipendente di aziende private e 65 anni e 3 mesi se dipendente pubblica (2)
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avverrà dopo 12 mesi

• con la vecchia normativa nel 2019 per una donna era necessario il requisito di:
o 60 anni di età
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avveniva dopo 12 mesi

• con la nuova normativa per una donna sarà necessario il requisito di:
o 60 anni e 11 mesi di età se dipendente di aziende private e 65 anni e 11 mesi se dipendente pubblica
o in ogni caso maturato il diritto, l’accesso reale alla pensione avverrà dopo 12 mesi

E se ho maturato 40 anni di anzianità sarò anch’io penalizzato dalla nuova normativa?

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(2) L’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia per le donne dipendenti pubbliche è stata portata da 60 a 65 anni a decorrere dal 2012.]]

Certo, la nuova normativa è implacabile per tutti i lavoratori dipendenti e pertanto per i lavoratori che maturano il diritto a pensione di anzianità dal 2012 con 40 anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica, la finestra mobile si prolunga di:
• 1 mese per i soggetti che maturano il requisito nel 2012;
• 2 mesi per coloro che lo maturano nel 2013;
• 3 mesi per quelli che lo maturano nel 2014.

Ciò significa che, maturato il diritto, il lavoratore potrà accedere alla pensione dopo:
• 13 mese per coloro che maturano il requisito nel 2012;
• 14 mesi per coloro che lo maturano nel 2013;
• 15 mesi per quelli che lo maturano nel 2014.

Ma non ci sono norme di salvaguardia per situazioni particolari?

Si ma sono quantitativamente insufficienti e decisamente discriminatorie in quanto stabiliscono il tetto di 5000 persone che siano:

• collocati in mobilità ordinaria per effetto di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 giugno 2011 a condizione che maturino i requisiti entro il periodo di fruizione dell‟indennità;
• collocati in mobilità lunga per effetto di accordi collettivi stipulati anteriormente al 30 giugno 2011;
• titolari di assegno straordinario a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 17 luglio 2011.

Il posticipo della decorrenza della pensione con 40 anni non trova risparmio.jpg
applicazione per il personale della scuola, per il quale resta in vigore, una volta maturato il diritto, la finestra dell‟inizio dell‟anno scolastico o accademico (1° settembre o 1° novembre).

Cresce l’età di pensionamento di vecchiaia per le donne del pubblico impiego. E per le donne dei settori privati non cambia proprio nulla?

Cambierà tutto anche per le donne che lavorano nei settori privati perché la manovra prevede l’innalzamento graduale dell’età per la pensione di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti, autonome e parasubordinate, a partire dal 2020 per arrivare a 65 anni nel 2032.
Ma in molti casi le norme sono contraddittorie e le deroghe legate a particolari attività sono tutte da verificare.

Ciò che colpisce è lo sviluppo delle prospettive da oggi al 2032 quando tra incrementi dell’età anagrafica, adeguamento generalizzato dei 65 anni per le pensioni di vecchiaia, finestre per accedere alla pensione dopo averne maturato il diritto, si osserva che si dovrà lavorare fino a:

65 anni di età
26 mesi di possibile incremento per l’aumento dell’ aspettativa di vita (3)
12 mesi di finestra = 68 anni e 2 mesi!

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(3) Anche in questo caso la stima dell’incremento dei requisiti legati alla speranza di vita è quello ipotizzato dal Governo nella relazione tecnica al decreto legge sulla manovra.]]

E’ esplicità la domanda: per quale lavoro, con quale lavoro, con quale prospettiva occupazionale?.

2. MODIFICHE PER I CHI E’ GIA’ IN PENSIONE

La manovra colpisce anche chi è già in pensione?

E si! La manovra, intervenendo sulla rivalutazione delle stesse, riduce ulteriormente il potere di acquisto delle pensioni già oggi abbondantemente ridotto per il differenziale tra crescita dei prezzi reali e adeguamento.

Vediamo però come incide.

• hai una pensione che non supera di 3 volte il minimo INPS (4)?
• In questo caso la tua pensione ha un valore che non supera 468,35€x3=1405,05€ e viene incrementata del 100% dell’aliquota di rivalutazione stabilita annualmente. Nel caso di una aliquota del 2% l’incremento sarà pari a 1405,05 x 2%= 28,10€

• hai una pensione che non supera di 5 volte il minimo INPS?

• In questo caso la tua pensione ha un valore che non supera 468,35€x5=2341,75€ e viene incrementata:
o del 100% dell’aliquota di rivalutazione stabilita annualmente per i primi 1405,05€ e per il 90% della stessa aliquota per la parte residua.
o Nel caso di una aliquota del 2% l’incremento sarà pari a 1405,05 x 2%= 28,10€ + (936,7×2%)x90%=16,86€ per un totale di 44,96€

• hai una pensione che supera di 5 volte il minimo INPS?

• In questo caso la tua pensione ha un valore che supera 468,35€x5=2341,75€ viene incrementata:
o del 70% dell’aliquota di rivalutazione stabilita annualmente per i primi 1405,05€
o Nel caso di una aliquota del 2% l’incremento sarà pari a (1405,05×2%)x70%= 19,67€.

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(4)Il trattamento minimo INPS attuale è pari a 468,35.]]

Si tratta, come si può ben vedere, di incrementi che, in particolare per le pensioni più basse, non risolvono il problema di garantire un reddito minimo che non faccia ulteriormente crescere la fascia di povertà reale che sta pericolosamente aumentando.
Si pensi che per una pensione di 1000 euro mensili l’incremento reale lordo è pari a 20€ mensili o, per meglio capire, a 67 centesimi al giorno.

Ma per chi gode di pensioni elevatissime non succede nulla?

No, la manovra prevede un “contributo di solidarietà” fino al 2014 per le pensioni che superano i 90.000 € anno sulla parte eccedente tale valore con due aliquote: 5% fino a 150.000 € e 10% per la parte eccedente i 150.000.

In pratica significa che chi gode di una pensione pari a 100.000 euro lordi anno, o, per meglio capire, 7692,31€ mese lorde per 13 mensilità, il contributo inciderà per:
(100.000-90.000)x5%= 500€ anno o, per capire meglio, 41,67€ mese.

e che per chi gode di una pensione pari a 160.000 euro lordi anno o,per capire meglio, 12.307,70€ lorde per 13 mensilità, il contributo inciderà per:
(150.000-90.000)x5%= 3000€ + (160.000-150.000)x10%=1000€ pari a 4000€ o, per capire meglio, 333,33€ mese.

Ogni commento è ovviamente inutile!

Il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, nel commentare la manovra economica e finanziaria approvata dal Governo ha ribadito che si tratta di una manovra costruita ad hoc “per far pagare chi paga già”, basti pensare ai tagli agli enti locali e alla sanità.

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La CGIL, che già nei giorni scorsi ha avviato la sua mobilitazione con presidi in tutta Italia, continua a contrastare il provvedimento che rappresenta l’ennesimo colpo all’occupazione e alla crescita del Paese, poiché vengono ridotti gli investimenti e si rinuncia a qualunque stimolo della domanda.

Manca ogni elemento di riforma strutturale del sistema-paese e, in particolare, del sistema economico-produttivo in funzione di una maggior competitività, produttività e crescita potenziale del PIL.

E’ una manovra che accentua tutte le differenze e le difficoltà che ci sono con ricadute preoccupanti sul Mezzogiorno che, per molte ragioni, ha più disoccupazione e più povertà e quindi sarà maggiormente penalizzato da una manovra che colpisce ceti medi e ceti deboli”.

Tutti i calcoli sono una rielaborazione di una prima più tecnica analisi del complesso della manovra finanziaria realizzata dall’INCA Nazionale che ringrazio per la tempestività dello sforzo realizzato.

(nelle foto 4 e 6 rispettivamente il ministro dell’economia, Giulio Tremonti e la segreteria generale della CGIL, Susanna Camusso)

Italo Stellon (Vice presidente – INCA – Francia CGIL Paris)

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