La nomina di Mario Draghi consente all’Italia di recuperare in immagine all’estero. Stimato conoscitore dell’economia e finanza americana ed europea, viene alla direzione della BCE in una grave fase di crisi economica e con l’affaire Grecia, che pone dubbi e interrogativi. Rigoroso difensore dell’euro, Draghi non farà sconti a nessuno e c’è da scommettere neanche a Berlusconi.
Il prossimo settembre Mario Draghi compirà 64 anni e Silvio Berlusconi ne compirà 75. Sono questi i due italiani più noti in Europa e nel mondo. Il primo in piena ascesa e il secondo in evidente declino. Ufficialmente Berlusconi e il suo governo hanno sostenuto la transizione di Mario Draghi dalla carica di governatore della Banca d’Italia al vertice della Banca centrale europea (Bce). Ormai i giochi sono fatti: Draghi succederà al francese Jean-Claude Trichet come presidente della Bce.
Negli anni Novanta, quando in varie tappe si costruirono le basi della moneta unica, la Germania fu inflessibile su due punti: il quartier generale della Bce doveva essere situato sul suo territorio (in effetti è a Francoforte) e il primo presidente della Bce doveva provenire da un paese molto vicino all’idea tedesca di filosofia finanziaria. Questa idea è figlia di un vecchio choc: la paurosa e ingovernabile inflazione tedesca degli anni Venti. Tutto il modello economico della Repubblica federale di Germania è costruito da oltre mezzo secolo sull’idea di difesa della moneta e del suo valore. Il no all’inflazione è, dal punto di vista tedesco, un imperativo categorico.
Il primo presidente della Bce è stato dunque Wim Duisenberg, olandese di passaporto, ma tedesco come mentalità finanziaria. Poi, dal novembre 2003, è stato il turno di Jean-Claude Trichet, francese di passaporto, ma anche lui molto vicino alla filosofia finanziaria tedesca. Trichet è stato il più a lungo possibile sulla poltrona presidenziale: due mandati di quattro anni ciascuno. L’autunno prossimo Trichet lascerà il posto a Mario Draghi, italiano di passaporto, ma anche lui vicino alla filosofia finanziaria tedesca.
Benché alcuni giornalisti francesi (a mio avviso poco informati sull’argomento) accusino Mario Draghi di insufficiente rigore finanziario, la sua carriera è stata finora quasi perfetta. Quando nel gennaio 2006 ha sostituito Antonio Fazio al vertice della Banca d’Italia, questa istituzione conosceva una delle più gravi crisi della propria storia, a seguito delle manovre compiute da vari gruppi finanziari della penisola (tra cui quello soprannominato “i furbetti del quartierino”) con l’intento di ridisegnare la mappa del potere economico. Fazio era stato accusato di comportarsi più da “giocatore” che da arbitro in vicende come quella che riguardava il futuro della Banca Nazionale del Lavoro (BNL), poi andata al gruppo francese BNP-Paribas. Draghi ha saputo restituire alla Banca d’Italia la dignità e la rispettabilità di cui questo istituto ha assolutamente bisogno per compiere il proprio lavoro. Il prestigio internazionale di Draghi è stato confermato nell’aprile 2006 con la sua nomina a presidente del Financial Stability Forum, oggi Financial Stability Board, organismo internazionale (con sede a Basilea) che ha la missione di monitorare costantemente il sistema finanziario mondiale, grazie alla partecipazione di 22 membri (le principali potenze economiche mondiali più la Commissione europea). Le responsabilità del Financial Stability Board, riformato nel 2009, sono aumentate sull’onda della recente crisi economico-finanziaria.
L’idea di fondo di Draghi, nato a Roma il 3 settembre 1947 e laureato in Economia e commercio all’università della capitale italiana (con specializzazione al MIT di Boston), è quella della difesa del valore dell’euro (in assoluta continuità rispetto a Duisenberg e a Trichet). Tuttavia, proprio come Trichet, Draghi ha attualmente un punto di dissenso con la cancelliere tedesca Angela Merkel. Quest’ultima è favorevole alla ristrutturazione del debito pubblico greco, con allungamento delle scadenze per la sua restituzione o il suo rifinanziamento, mentre la Bce teme l’effetto-contagio di questa eventuale opzione (contagio sul debito pubblico di altri paesi) e punta piuttosto sull’intensificazione degli aiuti alla Grecia (col rifinanziamento del suo debito alle scadenze previste). Ma l’essenziale è l’impegno a non abbandonare la Grecia. Su questo punto l’Europa intera è d’accordo, anche se il conto – quello più salato – sarà pagato dal popolo greco, costretto a tirarsi la cinghia ancora per chissà quanti altri anni.
E l’Italia, che cosa puo’ aspettarsi dalla presidenza europea di Draghi? Puo’ certo aspettarsi molti buoni consigli, formulati da un personaggio che conosce come le proprie tasche la penisola e i suoi abitanti. Ma non puo’ aspettarsi alcun favoritismo. Draghi sarà inflessibile con qualsiasi governo italiano che sgarri sul terreno del rigore finanziario. Lo sa bene Berlusconi, che non ha particolari rapporti personali con Draghi e che probabilmente avrebbe preferito in cuor suo un altro successore a Trichet. Ma Draghi è italiano e l’Italia non poteva evitare di sostenerlo.
Alberto Toscano