(… di cui son stato testimone l’estate scorsa, e che travaso adesso dal mio taccuino, per sorridere, ridere, pensare magari, ma senza aggiunger altro…)
Alla fila dei traghetti per Capri – sotto il sole, un caldo spaventoso, il funzionario non fa i biglietti, c’è e non c’è – una signora, caricatura della borghesia caprese finto aristocratica (cfr. Totò, camminata internazionale e braccialetto-cagnolino al polso : Ti faccio movdeve), sbraita di sue conoscenze con il sindaco, farà uno scandalo, e infine prende il telefonino : Esposito, sono la signora Signorini….
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Sul traghetto, finalmente, alla ricerca del ponte Belvedere, chiuso, chissà perché. Chieda a quel marinaio, e io chiedo.
Risposta : Caro Signore, mi vede ? Ho 45 anni, lavoro su questo battello da quando ne ho 15. Son passati tanti governi, destra e sinistra, a me non interessa. Io vorrei solo conoscere l’ingegnere che ha costruito questo ponte chiuso, e lo ha chiamato Belvedere, che non si vede nulla, perché è appunto chiuso. Perché lo sa Signore mio quanti passeggeri salgono su questa nave ogni anno ? Trentamila – e tutti e trentamila vengono da me e mi chiedono : scusi, ma come mai il ponte Belvedere è chiuso ? E’ chiuso – dico io (la voce si fa via via più concitata) – perché è stato costruito chiuso da uno stronzo che ogni anno venite in trentamila a chiedermi perché il ponte Belvedere è chiuso. E lei lo sa mio caro Signore a che età dovrei andare io in pensione ? A 55 anni. Ma non ci arrivo, perché sono trent’anni che trentamila persone l’anno mi chiedono di questo cacchio di ponte Belvedere che non si vede un cacchio (e qui oramai mi urla in faccia). Io non ci arrivo (il tono della voce si affloscia, improvvisamente rassegnato) morirò prima di infarto. Ed io oggi improvvisamente mi chiedo se ogni volta (in francese, in inglese, in tedesco a seconda della provenienza del turista…) lui ripeta una simile tirata. Un genio.
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Alla fermata dell’autobus. “Scusi passa il 118 ?” No, è stato soppresso. “E come faccio ad andare a piazza Vittoria ?” Prenda l’1. Guardo la tabella… “Ma l’1 non c’è.” E lui, implacabile: Non c’è, ma passa. E poi, come pescando dentro una saggezza antica : Eh, a Napoli gli autobus bisogna conoscerli!
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Versione alternativa. “Come non passa da qui l’1 ? me lo ha detto il vigile.” Si è sbagliato. “Ma come, il vigile si sbaglia ?” A Napoli si sbagliano tutti. Metafisico.
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Sempre il vigile, in macchina con l’amica G., che guida. “Scusi da dove passo ?” Da qui. “Ma non è senso vietato ?” Sottovoce : Signori’, si faccia ‘mpressa ‘mpressa (salga accostandosi stretta stretta).
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Sempre G., a casa sua, suona un altro vigile, très aidant e un po’ innamorato (di G.), con il formulario della tassa immondizia. Signori’, non ci scriva 110 metri quadri, paga un sacco di soldi, scriva 70. “Ma no, non è possibile, è molto più grande”. Contrattazione. “Devo scrivere almeno 90”. Risultato finale, dettato dal vigile : 90 metri quadri piccoli.
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(… p.s. Eppure se un tempo di queste cose solo ridevo beato, oggi, sempre ridendo, ma meno beato, penso anche che la frontiera fra tale sublime arte di arrangiarsi, con il genio comico che la sorregge, e l’orrore berlusconiano « italiani gente allegra », si fa a volte sottile, sottilissima, e poi magari, puf, scompare… Ma questo potrà nutrire, eventualmente una riflessione civico-politica futura – qui, adesso, rido, sorrido, punto e basta…)
Giuseppe A. Samonà