Alla fine ce l’hanno fatta, con la vittoria di Valerio Scanu e il secondo posto del trio delle meraviglie pupo-principe-tenore sono riusciti a rovinare quello che di buono era stato fatto fin qui. Maria batte Morgan e per il secondo anno consecutivo un suo ex amico vince il Festival di Sanremo. Mentre Carta però aveva un suo, ben conosciuto, pubblico, Scanu è stata una sorpresa.
La musica italiana, e qualcosa di buono c’era, anche solo in potenzialità, ne esce per l’ennesima volta sconfitta. Hanno vinto due di quelli che erano stati fatti fuori alla prima serata e che, con l’aiuto di Lippi e della ben più seguita, ahinoi, Amoroso, si sono trascinati fino alla finale a tre (l’altro era Mengoni), tra laghi e fischi. Una serata di maretta in cui, oltre alle scaramucce Scajola Bersani Termini Imerese – ovvero come mandare a puttane uno degli argomenti più caldi e importanti di questo periodo del belpaese – anche l’orchestra si è ribellata gettando all’aria gli spartiti; e allora ci chiediamo, se la giuria di qualità, ovvero proprio i maestri, ovvero il 50% del giudizio si ribella a questa votazione, come hanno fatto Scanu e il fischiatissimo trio ad arrivare fin lassù? Evitando qualsiasi dietrologia – evitiamole – possiamo arrischiarci a dire, parafrasando gli Afterhours che forse è questo “il paese reale”, dove per realtà si intende quella televisiva, è ovvio!
Amici e X Factor si sono spartiti i premi – venerdì era toccato a Tony Maiello, scuderia Maionchi – con Maria che però ha sempre la meglio, lasciando le briciole ad artisti ben più completi. Da Malika Ayane, raffinatissima e sicuramente con ottime potenzialità a Nina Zilli, la ragazza che ha vinto il Premio della Critica dedicato a Mia Martini, passando, perché no, da altri due derivati dei talent, ovvero Mengoni – il più accreditato alla vigilia – e Noemi. In questo deserto aridissimo che è la musica sanremese, dove i vincitori degni di questo nome sono pochissimi negli ultimi anni (mi vengono in mente gli Avion Travel), si è riusciti a trascinare la musica italiana sempre più giù. Chissà forse sarà snobismo, ma basterebbe guardarsi intorno, ascoltare qualcosa che vada oltre Sanremo-X Factor- Maria (che, figurarsi, vanno benissimo se fossero alcuni tra i tanti e non i soli), per rendersi conto delle enormi potenzialità che girano la penisola e non solo e delle enormi sfaccettature di quella che siamo soliti chiamare “musica italiana”.
Insomma, Sanremo è finito, lo share sabato ha superato il 50% (53%), è stato uno dei più seguiti di questi anni, con una Clerici che, onestamente, non ha fatto rimpiangere le vallettone di turno, una conduzione molto casalinga, « come piace a noi », con continui riferimenti all’essere mamma e autopromozioni (celebrazioni) della Rai stessa, che però, come detto, ha pagato, un pubblico in sala che da tempo non si vedeva così partecipe (pensiamo ai fischi ripetuti al trio e al “Cassano, Cassano” rivolto a un Lippi di cui non si sarebbe sentita affatto l’assenza), niente scala e pochi fiori, ospiti ggggiovani – ma anche qui ci sarebbe un bel lavoro da fare (la Lopez era da chiamare una decina di anni fa, non ora, e Rania di Giordania?) e un utilizzo continuo del web e della radio. Insomma nel complesso la Rai ha fatto quello che doveva fare, c’è mancata solo la musica, con quella catastrofe finale, ma lo sappiamo che a Sanremo quello che conta è lo spettacolo che, alla musica, si monta attorno.
Le luci si sono abbassate, le polemiche svanite col saluto della Clerici; di Scanu, come di Carta, sentiremo parlare per qualche mese e poi bye bye, qualche canzone arrivata più indietro diventerà un tormentone, come però è sempre successo (diremo Mengoni, Grandi, Ayane e Noemi), ma una scena mi è rimasta appiccicata nella mente: se domani i miei colleghi francesi che amano Mina, Milva, De Andrè, Tetes de bois, Morricone, volessero farsi un’idea di quello che gira oggi in Italia a livello musicale e capitassero sul “Festival della musica italiana”, cosa penserebbero? Che fine ha fatto la musica d’autore o quella leggera italiana? “Italia amore mio”? “Per tutte le volte che…”? Scrollo la testa e scaccio via questo pensiero, accendo l’iPod e faccio scorrere quello che a Sanremo non andrà mai: Dente, Brunori Sas, Zen Circus, Beatrice Antolini, Numero 6, Edda, Fitness Forever, e questo per non esagerare troppo…
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Francesco Raiola
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