E’ una favola amara, specchio (unidirezionale) dei tempi odierni questo “Reality”, ultimo lavoro del quarantaquattrenne Matteo Garrone, diventato uno dei registi di spicco della cinematografia italiana (“Estate romana”, “L’imbalsamatore”) dopo il successo di “Gomorra” (2008) tratto dal libro denuncia di Roberto Saviano. E come accadde nel 2008, anche “Reality”, presentato all’ultimo Festival di Cannes, ha vinto il “Grand Prix” della Giuria, dopo essere stato apprezzato dalla critica internazionale. La storia si svolge a Napoli ai giorni nostri, ed è ambientata in un angolo nascosto dei Quartieri Spagnoli, in un caseggiato dalla struttura antica, che sembra uscito da un tradizionale presepe.
Si racconta la storia di Luciano Ciotola (l’attore Aniello Arena), felicemente sposato con Maria (Loredana Simioli) dalla quale ha avuto due figlie. Egli gestisce una pescheria insieme al cugino Michele (Nando Paone). Dal momento però che i soldi in famiglia non bastano, con sua moglie e suo cugino, per arrotondare i modesti guadagni, gestisce anche una serie di piccole truffe sulla vendita di un piccolo elettrodomestico da cucina.
Luciano gode della simpatia dei suoi numerosi parenti e degli abitanti del quartiere; ama scherzare e con le sue “macchiette” fa divertire. Proprio per la sua “verve”, e per compiacere alle insistenze di una delle sue figlie, farà un provino per le selezioni del programma televisivo “Il Grande Fratello”. Dopo qualche tempo, inaspettatamente riceverà una telefonata che lo informerà di aver passato la prima selezione. Si recherà quindi a Roma, presso gli studi di Cinecittà per un’ulteriore provino, che Luciano riterrà di aver superato positivamente. Intanto nel quartiere egli godrà di questo personale successo tra parenti e amici. Sente che presto varcherà la soglia dell’appartamento del noto format televisivo e da quel momento la sua vita cambierà: diventerà un personaggio conosciuto, famoso, importante; come quell’Enzo (Raffaele Ferrante), ex protagonista di una passata edizione del reality, che ora gode di fama e di denaro. Questi fa comparsate a pagamento in feste di matrimoni, discoteche, centri commerciali; idolatrato dai suoi ammiratori, egli incoraggia tutti a non abbandonare mai i propri sogni con lo slogan “Never Give Up! ”. Enzo sembra un uomo felice, baciato dalla fortuna. Tutto questo sogna di vivere anche Luciano, e spera con la notorietà di cambiare la propria esistenza e quella dei suoi famigliari.
Tuttavia trascorreranno le settimane, i giorni, i mesi, ma nessuno del programma lo contatterà. Nel frattempo egli noterà alcune persone sconosciute aggirarsi per il quartiere e si sentirà stranamente osservato. Nell’attesa snervante che il telefono squilli, Luciano cadrà in una forte depressione. Il suo desiderio si trasformerà ben presto in una vera e propria ossessione che gli farà credere di vivere una realtà distorta, mettendo in serio pericolo gli equilibri familiari e la sua stessa esistenza.
La storia, come dicevamo, è raccontata come una favola sull’essere e sull’apparire. Il film inizia subito con una scena kitsch: una lunga sequenza ripresa dall’alto di una carrozza dorata, con tanto di cocchieri in livrea e cavalli bianchi uscita dalla fiaba di Cenerentola che percorre una strada del napoletano per condurre due giovani sposi a una sfarzosa festa di matrimonio che verrà rappresentata nel suo massimo eccesso. L’attore che interpreta il protagonista è un magnifico volto esordiente, il 44enne Aniello Arena, attualmente detenuto nel carcere di Volterra per condanne di camorra, ma che recita con una compagnia di teatro all’interno dell’istituto di pena).
Egli offre al suo personaggio una maschera dai lineamenti giovanili alla Totò e unisce al sorriso anche un’espressione patetica, compassionevole. Luciano è una sorta di moderno ed ingenuo Pinocchio nel cui animo (buono) regnano delle potenzialità di talento non scoperte che egli vorrebbe mostrare agli altri. Ecco che il suo “essere” pretende di apparire quando si rende conto che è la televisione a rendere personaggio anche uno sconosciuto. Il Grande Fratello è quindi il reality che, come altri, è il massimo contenitore del vuoto pneumatico, con i suoi personaggi belli ma inutili, assurdi e incolti, osservati nel loro modo di essere, apparentemente gioioso e così insulso e noioso, è la cartina di tornasole di una società rappresentata da una certa televisione che mostra programmi che sfiorano l’idiozia, ma creano audience, notorietà e successo senza fare molto; anzi, quasi nulla; basta apparire. Il personaggio di Luciano, mentre si rode il fegato nell’osservare in tv con sguardo catatonico i personaggi della casa del GF, si domanda perché lui non possa essere lì dentro insieme a loro; lui che si sente come loro, anzi meglio, dal momento che ha talento da vendere e simpatia. Lui che si sente pure derubato di gesti, movenze, passi di danza, usati da altri.
Il regista Garrone non ha voluto realizzare un film per contestare la televisione o questi programmi televisivi. I personaggi rappresentati, i parenti di Luciano, le donne opulente, le madri, gli zii, le zie, le cognate, i cugini che parlano in dialetto napoletano (il film in alcune parti è sottotitolato in italiano) sono la fotografia di una vita variegata che mostra come la nostra società si sia evoluta, e nel contempo involuta, in certi meccanismi di condizionamento consumistico che offrono una gratificante illusione. Tali meccanismi, propinati subdolamente attraverso varie forme di messaggio, hanno prodotto una confusione tra la realtà e il desiderio di essere e apparire diversi; cioè emergenti, più belli, vincenti e sicuramente più ricchi. Luciano alla fine, condizionato dalla televisione, si troverà a confondere in modo paranoico la realtà con la fantasia in una sorta di Truman Show al contrario, dove il mondo reale sarà quello all’interno della casa del GF mentre quello che lo circonda è solamente fatto di grigie e squallide miserie umane. La pellicola di Garrone non si dimentica facilmente; sulla stessa parabola di un altro recente film, “E stato il figlio” di Daniele Ciprì, descrive il sogno di gloria di un umile padre di famiglia che investe tutto ciò che ha in una gratificazione personale che si rivelerà inevitabilmente illusoria.
Concludiamo menzionando per la loro bravura e spontaneità tutti gli altri attori del cast, a cominciare da Loredana Simioli, la moglie di Luciano, il caratterista Nando Paone (popolare attore napoletano, presente in altre commedie e in pellicole di Vincenzo Salemme) e il giovane Ciro Petrone che aveva già lavorato in “Gomorra”. Le musiche infine, che dosano efficacemente il tono da fiaba con la drammatica inquietudine vissuta dal protagonista sono del francese Alexandre Desplat compositore di numerose colonne sonore e vincitore di prestigiosi premi internazionali.
Andrea Curcione
REALITY
(Italia, 2012, 115’)
di Matteo Garrone
Interpreti: Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Ciro Petrone, Graziella Marina, Nello Iorio, Nunzio Schiano.
Genere: Commedia/Drammatico