Anche l’informazione è in crisi. Crisi della carta stampata, con sempre minori vendite ed introiti pubblicitari. Crisi di professionalità, piegando il diritto di cronaca a delle logiche di puro spettacolo, dove l’immagine ad effetto diventa prevalente sull’essenzialità dei fatti.
Un semplice fatto di cronaca ? No, certamente no. Il suicidio dell’infermiera inglese – cascata nella trappola di due conduttori radiofonici spacciatisi per la regina Elisabetta e per il principe Carlo – rivela indirettamente una crisi seria e profonda, che non conosce confini. La crisi del giornalismo. La crisi dell’informazione.
Oggi il giornalismo vive varie rivoluzioni allo stesso tempo e rischia di rimanere stritolato da cambiamenti di cui ancora non si capiscono tutte le prospettive. Ci sono state e ancora ci saranno le trasformazioni tecnologiche legate alla carta stampata : solo 35 anni fa tutti lavoravamo col piombo fuso. Oggi i giornali si compongono al computer.
Più impressionanti ancora sono state le trasformazioni venute dai media diversi dalla carta stampata. In tutti i paesi sviluppati (e non solo in quelli) radio e tv hanno dato vita a una gran quantità di reti di informazioni continue, concorrenti tra loro. E non basta. I metodi di trasmissione via cavo e via satellite sono sempre più diffusi e, alla fine, l’arrivo del digitale terrestre ha moltiplicato la possibilità d’accesso a reti televisive d’ogni genere. Questa seconda rivoluzione si è svolta negli ultimi 25 anni, sconvolgendo la relazione tra cittadino e informazione.
Fino agli anni Ottanta il cittadino aveva interesse a cercare l’informazione per accrescere la propria cultura e la propria maturità di giudizio. In quel contesto la carta stampata (e in primis il quotidiano) aveva un ruolo particolare perché proponeva sia le notizie sia l’interpretazione delle medesime (scegliendo un quotidiano, il lettore optava anche per una « griglia interpretativa » dei fatti).
Oggi – attraverso radio, tv, internet e chi più ne ha più ne metta – è l’informazione ad andare a caccia del cittadino. Informazione quasi sempre interessata (i media e i siti in questione avranno pure un proprietario), ma che si propone spesso e volentieri come oggettiva. Informazione da digerire come un piatto precotto. Una cosa è leggere l’articolo di un quotidiano, circostanza che impegna una persona e che implica una riflessione. Un’altra è farsi sedurre da un’immagine, che magari è stata costruita ad arte (come nel caso di quei fotografi che a Sarajevo si accordavano con i cecchini in modo da scattare le foto più raccapriccianti ; «tanto, pensavano loro, i cecchini avrebbero ucciso lo stesso»).
Negli ultimi vent’anni l’informazione si è trasformata sempre più in spettacolo; e poi sempre più in spettacolo di pessimo gusto. Il fatto in sé non è una novità. Quando un secolo fa la fotografia irruppe massicciamente nella stampa quotidiana, alcuni giornali usarono questa novità tecnologica per impressionare la fantasia del lettore e le sue pulsioni non sempre più nobili (come nel caso delle immagini delle esecuzioni capitali).
La novità è che stavolta rischiamo una vera e propria mutazione genetica. La mutazione genetica dell’informazione verso lo spettacolo (dalla notizia alla gag) rischia di snaturare completamente le caratteristiche dell’informazione stessa. Il tutto avviene mentre la stampa scritta – in difficoltà nella concorrenza con gli altri media e in crisi per il calo di vendite e pubblicità – attraversa la sua crisi più grave da Gütenberg in poi. E avviene mentre questa stessa crisi è oggi moltiplicata dagli effetti delle difficoltà economiche delle nostre società. La nuova logica dell’informazione-spettacolo non conosce limiti.
Se volete una prova, chiedetela a quell’infermiera di 46 anni, con due figli, che credeva solo di fare il proprio mestiere quando due imbecilli, in cerca di pubblicità radiofonica, hanno trasformato la sua dignità e la sua vita in uno show globalizzato.
Alberto Toscano