Ora si scriveranno elogi infiniti; ora si parlerà come del cantautore più longevo e rappresentativo della canzone d’autore italiana. Ora se ne diranno tante e tante. Ma la sua storia di poeta e di musicista non avrebbe bisogno di troppe loquele. Lucio Dalla irrompe sulla scena e se ne va in punta di piedi, a modo suo, evocando quella sua “Piazza grande”.
Un piccolo-grande uomo la cui misura andrebbe letta anche nella umiltà rappresentata solo qualche settimana fa quando accompagna un giovanissimo cantante (Carone) sul palco dell’Ariston, mentre canta una sua canzone di cui dirige l’orchestra. Eppure rimane sempre uno fuori dalle righe, che, certo, ha ottenuto molto dalla vita: ricchezza, popolarità, successi internazionali. Uno su tutti è quel “4 marzo 43” (sua data di nascita) che lo consacrò alla critica mondiale: Chico Buarque de Hollanda ne fece un cavallo di battaglia.
Irrompeva con quel basco al festival di Sanremo del ‘72, e quella ballata amara sibilata sulle corde di un violino. Il testo è di Paola Pallottino, critica d’arte e scrittrice, figlia del celebre etruscologo Massimo, di origine rionerese. La Pallottino comporrà per Lucio anche quelle struggenti “Il gigante e la bambina” e “Anna bell’Anna” qualche anno dopo. E dalla piazza grande di Rionero va il suo ultimo saluto lucano, dove si esibì con una quarantina di orchestrali nell’agosto scorso, in occasione delle celebrazioni mariane della festa patronale. Sempre per la Lucania, il cantautore ha di recente aderito alla promozione di Matera 2019. Ed ancora lucano va quel ricordo personale per una intervista nel cinema Lovaglio di Venosa dove aveva tenuto un concerto: era il 1985, e dopo aver suonato e cantato si intrattenne con chi scrive e Generoso Ramunno per una lunga intervista ad un giornale dirompente che avevamo fondato,“K.O.”.
Commosse tutti quando gli chiedemmo: quale canzone avresti voluto scrivere che altri colleghi hanno già composto? Senza esitazione ci rispose: “Santa Lucia” di De Gregori. E in quegli anni i loro rapporti non erano idilliaci. Con De Gregori aveva scritto “Pablo” (nell’album “Rimmel” del ’75) e nel ’79 la tournée insieme per “Banana Repubblic”, con loro anche Ron, suo figlioccio e mentore, e gli Stadio gruppo ancora poco noto. Da quella esperienza l’album live ed anche un poco fortunato film.
Sono stati moltissimi gli interpreti delle sue canzoni: Gianni Morandi con “Occhi di ragazza” per la partecipazione al festival europeo del ’70. Di “Quale allegria” ne farà una interpretazione di livello Ornella Vanoni.
La metà degli anni Settanta vedono un Lucio piuttosto sperimentale, grazie alla collaborazione con il poeta bolognese Roberto Roversi (fondatore di riviste d’avanguardia con Pasolini, nonché direttore di “Lotta continua”); un sodalizio quanto mai politico che produrrà tre originalissimi album: “Il giorno aveva cinque teste”, “Anidride solforosa” e “Automobili” che contiene la mitica “Nuvolari”. Decenni di canzoni, di colonne sonore, qualche partecipazione a film poco riuscite. L’amore per il calcio, il basket e per la sua città, Bologna. Un impegno costante per la musica, la poesia e l’impegno civile.
Se ne va Lucio Dalla, lasciando un tracciato poetico di splendide canzoni. Tante quelle che ci hanno fatto da colonna sonora. Ci ha sempre toccato, per generazione, “Anna e Marco” per quel “dov’è la strada per le stelle / mentre parlano si guardano e si scambiano la pelle”. Pura poesia.
Armando Lostaglio
Il sito ufficiale di Lucio Dalla http://www.luciodalla.it/