Buone feste e buon anno anche a te!
Le vacanze di Natale? Sempre uguali. Un po’ allegre, un po’ malinconiche come le luminarie che addobbano le strade e le piazze delle città. Mi prende allo stomaco, la loro tristezza: sventolate dal vento, sole e abbandonate, là in alto, in mezzo alla via, le ascolto che piangono, cercando di varcare il buio della sera, della nebbia e dei cuori.
Quando, alla fine di Gennaio, le tolgono sono felice per loro.
La festa più bella per me viene dopo Natale. È quella del 17 Gennaio, Sant’Antuono, il Santo col porco, il protettore dei macellai, quello delle atroci tentazioni e che, alla faccia del Demonio, campò più di cent’anni.
Sant’Antuono e non Sant’Antonio, che al contrario morì a soli trentasei anni, il protettore delle donne incinte e pure delle donne sterili, cioè di tutte quante le donne. Questo qua, Sant’Antonio, viene il 13 Giugno, col caldo e coi gigli bianchi. Quando morì, i monaci che stavano aspettando attorno a lui appena videro che era morto per davvero, per ricordo di quanto era bravo a predicare, gli tagliarono la lingua e se la conservarono: sono passati quasi mille anni e ancora la tengono là, a Padova.
Sant’Antuono, invece, viene col freddo e c’è il falò in mezzo alla strada, per scaldarsi un poco: quello che si accende davanti alle Chiese e dove si cuociono le patate sotto alla cenere, il Fuoco di Sant’Antonio, un fuoco vero, non la malattia che può uscire mo qua e mo là e povero a chi lo coglie!
Quel giorno, il 17 Gennaio, può essere un lunedì o un mercoledì o un altro giorno qualsiasi, entra Carnevale, coi cavatelli e le tracchiulelle (le costate) del maiale… che quando l’ammazzano si fa pure la festa.
– Ma che sei andato a uccidere il porco?
– Sì, ma io non ho fatto niente. Io gli ho dato solo uno schiaffo.
… e finalmente le luminarie, con la loro tristezza, le vanno togliendo e, allora, possiamo davvero cominciare le Feste, senza che nessuno ci obblighi a farle e ci costringa a comprare i regali e ad essere pure felici e buoni con tutti, in quei dì.
IL PRESEPIO
Sai una cosa? Io a Natale faccio il presepio, quello coi pastorelli di terracotta. Lo faccio sempre alla fine. Il 23 o il 24 dicembre, ma lo faccio. Velocemente. Non è un fatto religioso, è una tradizione che mi piace. Uno zio mio, un contadino, ci appendeva i mandarini e le arance tutt’attorno, ché qua da noi fa freddo e non crescono, quegli alberi.
Ora ti racconto che c’è nel mio presepio:
La stalla con tutta la famiglia e la mucca e l’asinello. E ci sei pure tu.
A trovare un Bambinello che sia un poco bello è difficile. Chissà perché, ma i Bambinelli del Presepio siete tutti con la faccia bruttarella. La Madonna, tua madre, invece esce sempre bene, l’azzurro le dona. San Giuseppe sta in piedi, con la mazza lunga in mano e sta un poco preoccupato e anche rassegnato, come se si aspettasse già tutto quello che ti deve succedere dopo … la settimana di Pasqua.
Sulla stalla al posto degli angioletti ci sono due Pulcinella, uno che offre le pizze napoletane e uno che suona la chitarra e poi c’è Totò che fischia dal culo.
SILVIO, RICCARDO E FABRIZIO
Un sabato ero stato a Roma, a cena con alcuni amici miei e ci stava pure Silvio Orlando, che poiché era il mio compleanno, mi regalò questo Totò che, se ci soffi dietro al culo, fischia.
Dopo cena andammo a casa sua che, non tanto lui, ma Maria Laura, la sua mogliettina, ci volle far vedere. Restammo là fino alle tre.
Il giorno dopo, era Domenica, in un ristorante sempre in quella zona, un ristorante che si chiama Settimio, incontrai pure Fabrizio Bentivoglio. Mentre andavamo a vedere se questo Settimio ci faceva mangiare, io e Riccardo parlavamo proprio di lui, di Fabrizio… se lui, Riccardo, l’aveva visto, che faceva.. che non faceva… che forse va a finire che stava un po’ giù… etc. etc. Quando l’ho visto (erano anni che non lo vedevo) seduto a quel tavolo solo soletto, mentre ci scambiavamo mani e bacetti, mi sono sentito come se lui avesse capito che io e Riccardo avevamo parlato proprio di lui. Mi sono fatto rosso rosso, letteralmente. E, mentre aspettavamo che si liberasse un tavolo, Fabrizio ha mangiato sempre solo soletto e così se ne è andato dopo un semplice saluto. Mi sarei aspettato di più, più gioia, più allegria al rivederci. Però la prima cosa che mi ha detto è stata:
– Flavio, non dimenticherò mai quel giorno che mi hai fatto conoscere Pozzuoli e i Campi Flegrei.
Quando si girava « Pianese Nunzio 14 anni a maggio », dove io feci una posa e lui faceva il protagonista, ce ne andammo, un’intera giornata, in giro, io e lui, e lo condussi in questi posti magici e unici al mondo, spiegandogli un po’ di cose e un po’ di storia. La Solfatara ribollente coi suoi misteri irreali, gli Astroni, antica, esotica riserva di caccia dei Borboni con le zebre, i leoni e le giraffe, il lago d’Averno, la porta del regno dei morti, Capo Miseno, etc. etc..
Ci arrampicammo anche sul cratere del Monte Nuovo. Nel 700 a Pozzuoli ci fu una settimana di eruzione e la gente terrorizzata non poteva uscire di casa. I morti furono pochi, sei o sette soltanto, ma quando i puteolani, finita l’eruzione, uscirono fuori dalle loro case, meraviglia!, trovarono una montagna che prima non c’era! Allora la chiamarono il Monte Nuovo.
PERSONAGGI ED INTERPRETI
Scusa se ora sto parlando solo di me e non del Presepio.
Vicino alla stalla, tu non li vedi ché stai steso per terra, e poi sei troppo piccino per capire, ci sta il capo orchestrina, ‘o Pazziariello, quello con il pennacchio in testa e il bastone col pomello per portare il ritmo ai suonatori di zampogne, pifferi e tammorre.
Poi ci sono i fedeli che portano i doni:
Una donna graziosa porta i fiori, l’altro, un uomo pelato, i provoloni come la sua testa, l’altra le giare con l’acqua ferrata, etc.
Seduto a terra, senza una gamba, c’è il pezzente che tende la mano e chiede l’elemosina ai fedeli.
C’è il prete che tiene le braccia allargate verso la folla che viene e che accoglie chi arriva, come se tutto fosse merito suo. Come a dire:
-Avete visto che cosa vi ho organizzato?
Poi c’è anche il carabiniere di quartiere che, con le spalle rivolte alla grotta e il fucile tra le braccia, controlla che tutto fili liscio.
C’è un gobbo con la valigia che porta fortuna, quello che vende i cornicelli di corallo e quello che vende i biglietti coi numeri del banco lotto.
Vicino alla fontana c’è la « capera », cioè la donna che fa i capelli ad un’altra donna seduta. La parrucchiera.
C’è una famiglia che gioca a tombola.
Una donna è incinta. E’ una molisana, questa signora che aspetta un bambino.
Il diavolo tentatore fa finta di dormire e invece mette alla prova le anime.
IL SOLDATO E IL BAMBINO
Separato dagli altri, infine, eccolo là il soldato con la spada che uccide un « criaturo » (un bambino). Questo guerriero vestito da romano ricorda la strage di Erode. Per trovarlo ci misi molto tempo. Ad una bottega di San Gregorio Armeno, a Napoli, chiesi:
– Lo tenete il soldato che uccide ‘o criaturo?
– No – mi rispose il bottegaio napoletano – tengo solo il soldato.
– La tiene la spada?
– Sì, ma non uccide a nessuno.
– Ma io voglio il soldato con la spada che sta uccidendo ‘o criaturo! – sottolineai
– Ma che vi ha fatto questo bambino? – mi rimproverò il bottegaio, poi aggiunse – Lasciatelo campare in santa pace a sto criaturo! Facitelo crescere, facitelo fa’ gruosso comm’a tutte quante gli altri criaturi! Accattateve sulo ‘o suldate.
Alla fine, questo pastorello, me lo sono fatto costruire apposta qua da un grande artista che sta a Via Marconi.
IL VENTUNO DICEMBRE 1956
Claude Vivier e Jacques Sermeus,
già compagni d’infanzia d’alti muri
in un orfanatrofio, freddamente
a colpi di pistola, senza alcuna
ragione uccisero due amanti giovani
su un’auto ferma al parco di Saint-Cloud
lungo il viale della Felicità,
sul calar della sera
del ventuno Dicembre
millenovecentocinquantasei.
Claude Vivier dice che fu un delitto
di pochi soldi e chiede, nero ragno
e uccello, prima della ghigliottina
la cella di Landru o Weidmann
nella prigione di Versailles. I due
ragazzi sono intelligenti e duri.
E’ necessario salvare gli stimoli
civili, la solitudine allegra
della caverna, antichissimi
latini. Invidia dell’amore, odio
dell’innocenza: formule dell’anima.
La speranza ha il cuore sempre stretto,
e di Claude e Jacques ne avremo ancora,
se il numero ci sfugge, la chiusura
d’oro tra il dare e l’avere dell’uomo.
Quasimodo – Notizia di cronaca –
I BOTTI
A Capodanno un sacco di botti. Non è civile? Ma sì! lo confesso, io sparo i botti, quelli illegali e pericolosi che fanno molto rumore. Pure Antonio Capuano, il regista, spara i botti. Ci sentiamo ogni Natale e la prima cosa che mi domanda è:
– Hai comprato i botti per l’ultimo dell’anno?
– Ancora no.
– E che aspetti? – mi rimprovera sempre – Spara! A Capodanno spara! Non ti scordare.
Ogni anno io porto sempre i botti.
C’è un mio amico, che ora campa con una bancarella e un furgone di ristoro che me li procura. Due o tre giorni prima, perché dopo diventa rischioso per la Legge. L’anno scorso eravamo un sacco di amici. Quando sono andato in questo palazzo, dove abbiamo festeggiato, con tutti quei botti nella macchina, mi sono detto:
– Se faccio un incidente con un’altra automobile zompo per l’aria e diranno che ero un Kamikaze! E va a finire che poi mi spallano la casa!
Alla fine i miei botti li hanno sparati tutti quanti. Peccato che pioveva e i fuochi, quelli cinesi, che salgono in alto non ce li siamo goduti bene.
I RE MAGI
I Re Magi non mi sono mai piaciuti, perché non si capisce mai dove si devono mettere. Vicino o lontano? Assieme o separati? Devono stare a piedi o a cavallo oppure sul cammello? Devono camminare o si devono inginocchiare davanti a te?
E poi questi regali che ti portano, ma che cosa sono? A che ti servono?
Tu che sei piccolo, piccolo, e tutto sporcelluto, tutto ignudo, ché sei poverello, che ci devi fare con l’oro?
L’incenso va bene, quello ti serve per darlo ai preti quando devono dire la messa, celebrare le funzioni o salutare un morto nella cassa, ma la mirra che è? Io non l’ho mai capito. Se fosse stata la birra… ma a un bambino della tua età la birra fa male. Perciò nel mio presepio i Re Magi non ce li metto mai, anche perché questi tre dovrebbero arrivare il giorno della Befana e, il giorno dopo, il presepio lo tolgo di mezzo.
DESIDERIO
Tu lo sai come mi piacerebbe scrivere, comporre canzoni, fare fotografie o fare teatro, e farlo come lavoro. Cioè vivere facendo soltanto queste cose tutto il giorno, tutti i giorni. Ma non lo posso fare perché debbo lavorare. Sai? qua non si trova nessuno che ti apprezza e che ti paga per fare queste cose che ti ho detto. Non ci sono soldi per gli artisti, i poeti, i pittori. Questi, gli artisti, sono quasi tutti pezzenti. Vanno sempre cercando miseria. Perciò ti potrei esprimere un desiderio:
– L’oro che ti portano i Re Magi, regalalo a ‘sti poverelli. Questi sono quasi tutti esauriti!
Sono sicuro che tu mi accontenteresti. Ma non lo faccio. Una cosa però te la chiedo
– Ma tu, per la Siria, per tutte quelle centinaia di bambini che stanno ammazzando, giorno dopo giorno, nell’indifferenza generale delle grandi potenze, senza nessuna pietà, straziati insieme alle loro mamme… quei pulcini, che vorrebbero solo giocare, correre, saltare, gridare di gioia e ridere; per queste anime innocenti, non ci puoi fare niente?
– E per le donne che vengono ancora ammazzate dai maschi, che credono, con una firma che hanno messo alla Chiesa o al Comune, di essere diventati i padroni, con diritto di vita e di morte, di un essere umano, gracile, dolce e indifeso… per queste femmine uccise come capretti, non ci puoi fare niente?
– E per tutti quelli che s’avventurano sulle carrette del mare in fuga dalle guerre e dalle miserie e che muoiono affogati ogni giorno o, se riescono a toccare la terra, sono trattati come servi o come delinquenti da ributtare in mare… non ci puoi fare niente?
– Insomma, tu che stai in questa capanna e che, da duemila e più anni, ogni anno ritorni a darci speranze non puoi far che un bambino, come sei tu ora, dove si trova si trova o bianco o nero o siriano o palestinese o nigeriano o israeliano… come è è … sia sempre felice? È tanto difficile?
Flavio Brunetti