Il pessimo affaire Ruby-Berlusconi, dimostra la decadenza culturale
in cui sta piombando il paese anche agli occhi del mondo. Occorrerebbe uno scatto d’orgoglio degli Italiani, che prendano la distanza da esempi simili. Insomma una rivoluzione degli educati che ridia delle regole ad un’Italia amarrita.
“La maleducazione è arrivata molto in alto. La nostra freddezza li ha lasciati lavorare. Adesso la ribellione spetta a noi. Non si era mai visto nella storia: la rivoluzione degli educati..”. E’ un passaggio estremamente limpido scritto da una signora novantenne: Franca Valeri, acuta osservatrice dei tic nostrani, autrice di teatro, interprete fra le più brillanti della nostra epoca, scrittrice di un libro da poco uscito, dal titolo emblematico: “Bugiarda no, reticente” (Einaudi, 2010). Uno scatto di indignazione occorrerebbe, da parte di persone educate, avvezze al rispetto delle regole, o almeno tendenti ad esse. Quanto ci attornia in questo frastuono quotidiano concernente soprattutto il malcostume registrato così in alto, sa di costrizione, e nel contempo di assuefazione ad un avanspettacolo da “così fan tutti”.
E le persone educate dove sono? Sicuramente sono quelle che lavorano con umiltà seguendo i dettati della propria formazione, tirano avanti e portano lustro a questa nazione che, a dispetto di loro, viene irrimediabilmente dileggiata, quando non viene ignorata. In questi giorni, fra i fiumi di inchiostro nostrano e tv ad ore, il New York Times, autorevole quotidiano d’Oltreoceano, ha invece dedicato alle vicende di avanspettacolo offerto dal nostro regime solo quindici righe. Quindici righe, tanto vale agli occhi del mondo questa casereccia pantomima, e con essa la nostra inclinazione inconfessata allo scandalismo. In questo che Pasolini ammoniva (profeticamente) come un “genocidio culturale”, la parte sana, educata, assiste inerte, non si indigna nemmeno più. La gran parte è infiacchita ed assuefatta a quel gioco al massacro fatto piuttosto di voyerismo e di facile condanna, anziché di riappropriazione di una dignità smaccatamente calpestata. Una ebbrezza di potere dispotico, ornato come si fa con i reality, volgare come sanno essere i reality: sarà anche per questo che il cinema di questa nazione (mancando essa di credibilità) non riesce da lustri ormai a posizionare un film fra i candidati stranieri all’Oscar. Mentre quelle persone vengono premiate dal nostro voto, le ascoltiamo puntualmente come profeti (del nulla).
Se un cattolico come Roberto Formigoni accetta l’imposizione del Gran capo di mettere nel listino elettorale la propria igienista dentale (divenuta maitresse di appuntamenti ad ore), cosa si può esigere? Quel cattolico (che proviene da Comunione e liberazione), pur di restare inchiodato alla poltrona di governatore di una delle regioni più evolute d’Europa, la Lombardia, non intende rimettere il proprio mandato, anzi lo difende insieme al suo Gran capo, legittimandone i comportamenti senza manifestare un minimo di sussulto né di orgoglio, tantomeno di educazione, appunto, verso i propri elettori.
La misura è colma. Consigliamo a quel governatore qualche passaggio di Feuerbach: “Senza dubbio il nostro tempo preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere… Ciò che per esso è sacro non è che l’illusione, ma ciò che è profano è la verità…” (da “L’essenza del cristianesimo”).
Armando Lostaglio