Quando eravamo bambini a sconfiggere il male ci pensavano i supereroi, quelli con i superpoteri. Alti, probabilmente, sicuramente forti, cavalieri senza macchia e senza paura, con al massimo un punto debole, con le batmobili e le ragnatele. Era da loro che erano spaventati i “cattivi”.
Poi siamo cresciuti e abbiamo scoperto che quelli – non molti – che lottano contro il male sono persone “normali”, hanno facce normali e vivono, o dobbiamo dire dovrebbero vivere – vite normali. Anzi a voler essere precisi, capita, oggi, che a combattere il male sia un giullare.
E non usa spade o lame rotanti, non usa superpoteri e neanche la forza fisica. A lui basta la forza delle parole, basta il movimento del suo corpo su un palco per spaventare.
Giulio Cavalli è un giullare. Giulio Cavalli combatte il male.
Il teatro è la sua batmobile e i suoi monologhi i suoi superpoteri. Cavalli combatte la mafia, ma non è né un magistrato, né un poliziotto o un carabiniere; Giulio è un attore, un autore, un regista, insomma uno che la mafia fino a qualche anno fa probabilmente avrebbe compatito ma che ora teme, e lo teme al punto da averlo minacciato più e più volte, tanto da costringerlo a vivere una vita sotto scorta. Ma Giulio, che non è siciliano, campano, calabrese o pugliese, ma di Lodi resiste e non si lamenta. Continua a combattere la malavita, a prenderla in giro a suon di battute. Cavalli svuota la mafia, la camorra, di quella che è una delle loro forze: l’autorità, il timore che il potere sempre dà. E se alla mafia togli questo, non rimane che dover ricorrere alla minaccia, non puoi più “fare il superiore”, ma sei costretto a far scrivere ai giornali che la mafia minaccia un attore. Una cosa da ridere, quasi, se le conseguenze non fossero quelle di una vita sotto scorta.
Sono anni che Cavalli fa questo e lo fa con una testardaggine e una convinzione non comuni, riuscendo a raggiungere un pubblico sempre più grande, partendo dal suo teatro lodigiano e denunciando il malaffare che, come spesso sottolinea, non è solo del sud. Un malaffare che non è, comunque, solo mafia, ma anche politica ed economia, tanto da prendersi una querela da Fiorani a causa del suo spettacolo “A cento passi dal Duomo”.
Qualche mese fa di questo giullare se n’è accorta anche la politica e Di Pietro gli ha chiesto di candidarsi da indipendente in Lombardia, regione sotto i riflettori per il prossimo Expo (2015). E lui ha accettato, anche perla sua amicizia con l’ex magistrato De Magistris e Sonia Alfano.
Una scelta non facile, quella di schierarsi, col rischio di passare dalla parte di chi non è al servizio di tutti. Una sciocchezza: “L’icona « superpartes » è una gigantesca bufala di marketing. Impegno è presa di posizione” dice.
Gli abbiamo fatto qualche domanda
E così hai deciso. Ti getti nella mischia…
A dire la verità, se per mischia si intende quella sana contaminazione di scegliere e sapere esattamente da che parte stare e lottare con qualsiasi mezzo a mia disposizione contro qualcosa e qualcuno; allora nella mischia ci sono già da un pezzo…
Immagino che la tua battaglia principale sarà quella che da anni ti impegna a teatro e che condiziona la tua vita: la battaglia per la legalità…
La parola legalità oggi in Italia è una delle tante parole che ci hanno rubato. Legalità significa rispetto delle leggi e noi, ultimamente, siamo il paese delle leggi eticamente illegali. Preferisco parlare allora di dignità e responsabilità. Del resto il rispetto delle regole non è (come ogni tanto banalmente si pensa) un punto di programma: è piuttosto una visuale di tutti
i punti di programma. Sanità, lavori pubblici, ambiente lavoro…
Come mai l’Italia dei Valori?
Per l’amicizia e la stima che mi lega a Luigi De Magistris e Sonia Alfano. E per la disponibilità di Antonio Di Pietro nel darmi modo di mettere in campo un progetto culturale e politico in modo assolutamente libero. Perché credo negli 11 punti di programma dell’Italia dei Valori. E, inevitabilmente, perché oggi è l’unico partito che abbraccia persone non strettamente legate ad una carriera partitica.
Una scelta del genere fa saltare il tavolo dell’artista superpartes. Si può essere impegnati e superpartes, o prima o poi bisogna prendere posizione?
L’icona « superpartes » è una gigantesca bufala di marketing. Impegno è presa di posizione. Ho finito di essere « superpartes » nel momento in cui ho rifiutato di essere un’icona nel ruolo infelice della « vittima ».
Ti batti da anni per far sì che storie e personaggi non vengano dimenticati. Lo fai su un palco e hai dato la tua libertà per questo. So che la domanda può sembrare o essere stupida. Ti sei mai pentito di esserti spinto fino a qui?
Mai.
Vivi sotto scorta da quasi un anno ormai. Che paese è un paese dove anche, e sottolineo anche, un artista debba vivere sotto scorta?
Un paese in cui essere « normalmente » dalla parte delle regole ti rende eccezionale. Un paese che delega troppo spesso.
Hai detto: “C’è una grande famiglia che mi sostiene”. Da chi è formata?
Dagli amici, i collaboratori, la mia famiglia. Don Ciotti, Caselli, Barbacetto, Fo, Lucarelli.
23 proiettili davanti al teatro. Uno degli ultimi segnali che le cosche ti hanno mandato. Un’escalation che aumenta. Il tuo scendere in politica ha dato tanto fastidio?
È un buon segno che dia fastidio. Ma la vicenda dei proiettili non è una notizia su cui incancrenirsi, altrimenti alimentiamo il voyeurismo ultimo di questo Grande Fratello degli intimiditi che non ha senso.
Ultimamente a questa domanda hai risposto spesso, ma credo che sia sempre bene ricordarlo, anche perché sembra uno di quegli argomenti dalla memoria corta. Si ricorda che la Mafia è anche al Nord, ma dopo poco si va avanti come se nulla fosse.
L’ignoranza intenzionale della Lombardia è un vizio antico. Intanto le famiglie di ‘Ndrangheta entrano negli appalti che contano: TAV, Milano-Venezia, Malpensa. È il lombardismo cronico del nascondere per non dovere affrontare.
L’applauso che ha salutato il discorso di Di Girolamo cosa significa?
È la fanfara che provocano i simili quando si salutano.
Credi che si possa correre il rischio, in campagna elettorale di incontrare persone, stringere mani, non proprio pulite?
È un rischio possibile, ma so benissimo chi paga le mie iniziative elettorali.
Tu sei indipendente in un partito che ha passato/sta passando un periodo di maretta. Prima il congresso e le vedute diverse di De Magistris e Di Pietro, poi i problemi alle Regionali… insomma che si dice nell’IdV?
E’ un partito che ha avuto una crescita accelerata e adolescenziale. Ora si prepara alla sfida della maturità.
Francesco Raiola