Il sobrio che avanza.

Ecco, si spengono le luci del set televisivo, si abbassano le voci, evaporano le veline. Tutto un mondo di cafonate, volgarità ed ipocrisie è d’un colpo cessato di essere. C’è il rischio che la TV divenga un normale mezzo di comunicazione, informazione ed intrattenimento.
Prima ancora che il governo Monti faccia la sua prima riunione dopo la larga e un po’ ipocrita maggioranza acquisita al Senato e alla Camera dei Deputati, si è avuto già un primo effetto, che è veramente epocale, come epocale è la fine di questo periodo politico durato quasi venti anni.

D’improvviso cambia la liturgia del linguaggio televisivo. Vengono meno certi plastismi, come li definisce il linguista Fioretto, con cui si sintetizzavano i diversi passaggi di pensiero e della politica nell’era “berlusconiana”. Monti non parla, ad esempio, di “sangue, sudore e lacrime”, a proposito dei dolorosi provvedimenti d’economia che si appresta ad avanzare, ma di “fare sacrifici”.

A proposito dell’inevitabile dipendenza del suo governo dal parlamento (ma quale governo non dipende dalla fiducia parlamentare?) chiede di non usare espressioni ad effetto, come “staccare la spina”, dato che si parla di persone umane, seppure governanti e non di elettrodomestici.
Tutta la spettacolarizzazione televisiva del linguaggio berlusconiano, sembra di colpo tramontata.

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All’improvviso i talk-show televisivi finiscono di essere arene per “bestie ringhiose” finisce l’era degli “urlatori” che scompostamente si coprono la voce l’un, l’altro con accuse reciproche e perlopiù su argomenti vacui e/o imposti dalla cronaca rosa o nera piuttosto che da quella politica. Un parlare del nulla, mentre il paese marciva nel suo immobilismo. Un paese che marciva mentre pochi eletti traevano vantaggi, privilegi e ricchezze, a scapito di tutti. Si cambia registro. Si passa ad un fair play che non ricordavamo dagli anni settanta, quando c’erano le fumose (perché fumavano) tribune politiche tutte compite e tranquille dove se qualcuno alzava la voce era ricordato per anni, con un velo di bonaria ironia.

Ecco, la sobrietà di Monti, e la fine di Berlusconi, potrebbero essere il segnale che un certo tipo di televisione che a partire dagli anni ottanta (allora c’era lo spettacolo craxiano oltre che l’inizio delle TV private e del regno mediatico del cavaliere) ad oggi, è finito.
“Lo spettacolo” è finito, si spengono le luci del set. Come forse è finita l’epoca dell’antipolitica (la cosiddetta seconda repubblica, in realtà può darsi che non sia mai nata, abortita subito con l’avvento di Forza Italia) che è stata animatissima e rovente di polemiche con litigi furibondi quanto inutili e che non hanno sortito alcun risultato concreto per il paese reale. Un paese nascosto ed ubriacato dalle apparenze luccicanti di un mondo televisivo che ha sempre più reso analfabeti i cittadini, condizionandone spesso e a lungo i gusti e i sentimenti, con argomenti vacui e senza mai proporsi di andare affondo, se non in rarissimi casi di servizio pubblico, ostacolati ed osteggiati, negli argomenti reali della quotidianità di tutti.

Un epoca interpretata da mediocri attori che recitavano sempre più stancamente i ruoli di politici, senza mai esserne capaci di immedesimarsi. Un esempio di meta politica, con i comici che li parodiavano finendo spesso per essere più reali del reale, come recitava uno spot delle Tv di Berlusca.

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Ma del resto quella televisione doveva essere: “L’arma più potente” come disse Mussolini a proposito del cinema, inaugurando Cinecittà. Almeno in quel caso il duce vide lontano.
Un’ arma usata sapientemente nella costruzione del berlusconismo, che ha coinvolto tuttavia, non solo i “berluscones” e i loro alleati, ma anche la stessa opposizione. Negli anni novanta, con i graziosi siparietti con Bertinotti leader di Rifondazione Comunista, coccolato dai canali Mediaset, e più di recente, con Bersani e Di Pietro che, continuando a non guardare la realtà della domanda italiana, sono stati coprotagonisti dell’oscena rappresentazione dell’antipolitica che si è avuta a partire dalla fine della prima repubblica.

“Caciara continua!” espressione di quella spettacolarizzazione vanagloriosa di una politica per caste, lontana dalla gente, che con pervicacia ha cercato, in questi anni di far capire alla politica italiana che la realtà non poteva essere solo Ruby Rubacuori o la Minetti, ma l’economia immobile, la perdita di posti di lavoro, la mancanza di un futuro. E mentre ci si scontrava all’ultimo urlo, sull’utilità del ponte sullo stretto, la Sicilia e la Calabria franavano a pezzi per mancanza di ordinaria manutenzione del territorio.

Mentre si parlava d’intercettazioni telefoniche, e i talk-show ci mostravano, un po’ ruffiani, le mille grazie delle giovani prostitute di Arcore, le imprese chiudevano e un ragazzo su tre era disoccupato.
Alla fine l’Europa e i “famosi” mercati hanno fatto sbattere il muso del “berlusconismo” contro l’amara realtà, di un paese che non aveva più una classe media che ammortizzasse la società, che non aveva più sviluppo e che era arenato senza speranze nella più dura recessione avuta nei suoi 150 anni d’età.

Finalmente, lo spettacolo non continua, e anche se qualche pessimo attore cerca ancora di animarlo, facendo credere che è colpa dell’Europa e non della scarsezza della nostra classe politica, lo spettacolo è finito e ci aspetta un anno di sofferenza, cosa molto chiara agli italiani e poi, una pagina bianca che bisognerà incominciare a scrivere.

Nell’era dell’informazione ovunque e comunque (finanche nelle stazioni dei treni, sui telefonini e su cartelloni elettronici di pubblicità, ci si chiede quale sarà il futuro della televisione. Ritornerà ad una dimensione pedagogica come negli anni sessanta? Troverà nuove strade?

Ci si domanda se avrà più senso trasmettere reality e talk-show. Se invece di far parlare una classe politica delegittimata dalla sua incapacità, non sia meglio ritornare al racconto del nostro paese e della nostra Europa, in attesa che questa stessa classe politica ritrovi il senso della realtà.

Tutto quello che è accaduto in queste ore potrebbe modificare profondamente l’dea di TV, ammesso che il mezzo televisivo abbia un futuro, mentre Santoro crea una interconnessione di piattaforma che lega siti internet e televisioni private, mentre il cavaliere disarcionato, annuncia una nuova web-tv, mentre le “generaliste” faticano a contenere l’attacco delle tv tematiche.

Allora, forse….addio “Porta a Porta”, “Ballarò”, e compagnia cantando. Quei talk-show pur con dei meriti, vivevano di rissa ed oggi, Monti ha dimostrato che il tempo della caciara è finito e che le frasi fatte o di “plastica” devono dare spazio ad un nuovo linguaggio che ci faccia uscire da questo torpore ubriaco, voluto da una politica inetta per nascondere la sua incapacità di progetto.

Io non credo che, come ha detto qualcuno, il governo Monti “sospenda la democrazia” (altra fase fatta) né che siamo sotto un governo tecnocratico, credo piuttosto che sia finita la “telecrazia” che per me è qualcosa di più della “videocrazia”, di più compiuta ed insidiosa, di meno episodico e di più scientifico.
Da domani, che dico da oggi in TV bisognerà parlare, magari a bassa voce e possibilmente pensare, forte.
Quello sì…..

(la vignetta è B.C. di John Hart)

Veleno

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