Il Lazio è andato alla Polverini, ma siamo veramente sicuri che la Bonino possa dirsi sconfitta? I numeri sembrano dire altro…
Non sono d’accordo con quanti – e non sono pochi né sprovveduti – tendono a sminuire, svilire fino a nascondere il risultato che ritengo eccezionale, per l’offensiva ‘clerico-fascista’ che non si vedeva dai tempi del referendum sul divorzio del 1974 – ottenuto nelle recenti elezioni regionali da Emma Bonino nel Lazio ed in particolare a Roma, dove ha stravinto il duello con Renata Polverini, modesta sindacalista dell’Ugl assurta a personaggio politico non per meriti personali, ma per le disinteressate, continue cure mediatiche – Ballarò in testa. Identico trattamento non è stato riservato alla Bonino che ha contato unicamente sulla sua storia personale.
Al tempo stesso, non posso condividere assolutamente analisi superficiali che attribuiscono la mancata vittoria della Bonino all’irritazione che avrebbe prodotto sugli elettori: per la sua storia radicale e libertaria? Per il modo pacato e fermo con cui ha condotto la campagna elettorale all’insegna dell’onestà, della legalità e della trasparenza? Per essersi dovuta confrontare direttamente con il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi? Per aver dovuto fronteggiare l’anatema del signor (monsignor, è stata prontamente corretta dalla Polverini) Bagnasco a non votare per chi vorrebbe la morte (!) perché difende dopo averla conquistata la legge contro l’aborto clandestino, approvata dal referendum del 1981 anche dai credenti? Non è dato sapere, salvo rifugiarsi nelle ben note battaglie radicali dello sciopero della fame o della sete. E si dimentica un fatto certamente non secondario: il centro-sinistra uscente travolto dal ‘caso’ Piero Marrazzo non ancora chiuso e privo di un suo candidato da proporre.
Un insieme, dunque, di fattori che hanno fortemente pesato sulle spalle della Bonino: vincere a Roma, amministrata dal 2008 dalla giunta di centro-destra di Gianni Alemanno, con ben 9 punti di scarto, 54,2% contro il 45,2% della Polverini è un evento straordinario, al quale si deve aggiungere il 3,3% ottenuto dalla lista ‘Bonino-Pannella’ terzo partito dopo Pd e Idv e le 10 mila preferenze alla Bonino. Ed ancora, da sola, la Bonino ha trainato 115.278 voti in più rispetto a quelli presi della coalizione di centro-sinistra: 1.021.452 contro 897.298! Questi risultati, parlano di una profonda crisi del centro-destra e non di una defaillance della Bonino!
Al tempo stesso, non mi ritrovo affatto in quella ‘deriva distruttiva’ di cui soffre buona parte della sinistra, che tende a colpevolizzare il numero uno del Pd, Pier Luigi Bersani, annoverandolo tra gli sconfitti o i bolliti, al pari di chi ‘disastri’ ne ha fatti ed enormi a partire dal 14 ottobre 2007 (le primarie del Pd vinte da Walter Veltroni, smanioso di andare al voto) passando per la messa in crisi (Fausto Bertinotti) del Governo di centro-sinistra: « bisogna prenderne atto: questo centrosinistra ha fallito, una stagione si è chiusa, abbiamo un governo che sopravvive ma che ha alimentato tensioni e accresciuto le distanze dal popolo e dalle forze della sinistra », guidato da Romano Prodi definito, « il più grande poeta morente », fino al tracollo elettorale del 13-14 aprile 2008. Allora dopo più di vent’anni, Roma è stata regalata al centro-destra, a Gianni Alemanno: nei due turni Francesco Rutelli, candidato del centro-sinistra, perse 150 mila voti, i 50 mila con cui al primo turno aveva superato Alemanno e i 100 mila con cui nel secondo turno perse. E il voto di quelle elezioni era annunciato da settimane.
Per non dire, ancora, di quel che resta di ‘Sinistra e Liberta’’ e della ‘Federazione della Sinistra’, entrambe superate da un redivivo Partito Socialista che ottiene più consiglieri regionali (14) rispetto ai 13 della prima e agli 8 della seconda. La sinistra radicale esce sconfitta rispetto al 2005: i partiti della sinistra radicale hanno perso 1.274.000 (-48%) in cinque anni.
E qui non posso non inserire l’altro ‘fenomeno mediatico’: il ‘poeta’ catto-comunista, Nichi Vendola. Se si ha l’accortezza di confrontare i voti delle regionali del 2005 con quelli del 2010, ci si accorge che Vendola nel 2005 prese 1.165.536 voti e Fitto, candidato del centro-destra 1.151.405: oggi nel 2010 Vendola porta a casa 1.036.638 voti, contro 1.084.960 voti di Polese (Pdl) e Poli Bortone (Udc). Vendola, dunque, non ha vinto: ha perso (per 50.000 voti) nello scontro con la destra e ha smarrito per strada 130.000 voti rispetto al 2005, è diventato presidente della Puglia grazie, si può dire, alla scempiaggine e complicità della destra. E poi non ha dovuto parare e controbattere all’offensiva ‘clerico-fascista’, agli anatemi di Bagnasco, alle prediche dei tanti parroci sparsi nelle parrocchie di provincia e non ha dovuto confrontarsi con Berlusconi in persona!
Il Partito Democratico perde, rispetto al 2005, 2 milioni di voti, circa un quarto (-26%) dell’elettorato dei suoi predecessori, i Ds e la Margherita: a Roma e nel Lazio però perde molto meno che nelle altre regioni:
– 14%, contro il 52 della Calabria, il 36 della Campania, il 35 della Basilicata, il 30 del Piemonte, il 18 della Lombardia e il 19 del Veneto. Come dire la candidatura della Bonino ha fatto guadagnare al Pd, nel Lazio, un bel 12%.
Ergo, Bersani ha visto giusto ad appoggiare Emma, ‘la fuoriclasse’. Certo, si dirà ma nel Lazio Emma ha perso: è vero, ha perso nelle quattro province, Latina, Frosinone, Rieti e Viterbo. Ma ciò non sminuisce il dato di Roma, perché esso dice che Roma non è di destra e non è fascista, non è ‘clerico-fascista’. E non è neanche ‘catto-comunista’! Dunque si puo’ dire ‘Grazie Roma!’ per averci lasciata accesa una speranza. Su questa lunghezza d’onda, si può ascrivere la Capitale – e questo è il ‘dato politico’ che disturba moltissimo il Vaticano e Berlusconi, ma anche l’intellighentia di sinistra cresciuta e vissuta nel mito di Palmiro Togliatti – ad un certo ‘azionismo’ di ritorno! A quella nobile cultura liberal-socialista, o socialista-liberale, ‘giellista’, che aveva ampiamente previsto sin dal 1946 (si rileggano le proposte illuminanti di Piero Calamandrei, di Riccardo Lombardi, Ernesto Rossi) i disastri (la partitocrazia, l’occupazione delle Istituzioni da parte dei partiti) di una Costituzione fondata sul regime parlamentare e non sul presidenzialismo anglo-sassone. « Abbiamo lavorato tanto per partorire un mostro », disse Emilio Lussu. La partita dunque non è affatto chiusa.
Nonostante il forte astensionismo (-7%) e la crescita della Lega (da 1.380.000 voti del 2005, agli attuali 2.750.000), si registrano il calo del Pdl (1.069.000 voti in meno rispetto ai predecessori, Forza Italia e Alleanza Nazionale) e dell’Udc di Casini (-227 mila voti, il 15%, sul 2005), a dimostrazione che uno spazio di ripresa può esserci. La partita in vista del 2013 si inizia a giocare proprio oggi e se si vuole costruire davvero l’alternativa al centro-destra, occorre fin d’ora scegliere il candidato, e il suo nome è Emma Bonino, la cui storia radicale, i cui sentimenti, onestà pulizia e trasparenza, le cui sensibilità, la difesa dei diritti umani, ne fanno una leader di livello non solo nazionale ma internazionale, un progetto riformatore serio, e soprattutto recuperare credibilità e fiducia.
Carlo Patrignani
Se volete lasciare un commento potete farlo al
Café des Italiens