Cappella Sansevero a Napoli – Il ritorno del Principe e altre strane storie paranormali neapolitane.

Quasi nascosta nel centro grecoromano di Napoli, nel “ventre” della città, in uno dei “cardini” dei tre decumani e a pochi passi da Piazza San Domenico Maggiore, si trova la Cappella Sansevero dove si conserva il famoso Cristo velato (1753), uno dei gioielli del patrimonio artistico europeo del XVIII secolo.

Il Cristo velato. Foto di Ferrante Ferranti

L’ingresso del Museo, dalle linee severe e dimensioni modeste, non lascia intuire la ricchezza decorativa che si trova all’interno.

Cappella Sansevero

Fondata sul finire del Cinquecento in seguito ad un evento miracoloso, la chiesetta, di forma rettangolare ad unica navata, rinasce quasi due secoli più tardi grazie alla straordinaria personalità del Principe Raimondo di Sangro, duca di Sansevero, accademico della Crusca, cavaliere dell’Ordine di San Gennaro, Gran maestro della Massoneria napoletana. In questo piccolo scrigno si possono ammirare numerosi capolavori di scultura, oltre al “Cristo velato” del Sanmartino, “il Disinganno” del Queirolo, “la Pudicizia” del Corradini e le misteriose “Macchine Anatomiche”.

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La Pudicizia, del Corradini

Raimondo de Sangro, alchimista, esoterista e ricercatore scientifico ante litteram, inventò nuove sostanze e nuove macchine, studiò l’anatomia umana. Distillò l’acqua del mare; ideò farmaci; inventò nuove leghe di metalli, una cera artificiale, un tessuto impermeabile con il quale il re Carlo III di Borbone si faceva confezionare mantelli per andare a caccia sotto la pioggia. Creò un archibugio a polvere, uno a salve ed una carrozza anfibia.

Nonostante le rare informazioni relative ai suoi studi, sappiamo tuttavia che hanno subito l’influenza del filosofo greco Sesto Empirico, del francese Bayle e di tutte le culture orientali che egli aveva praticato. Il fatto che avesse scoperto un sistema per imbalsamare i cadaveri ed un sistema per pietrificare e metallizzare il corpo umano, furono all’origine della sua reputazione scabrosa d’individuo spietato e diabolico.

La cappella gentilizia fu fondata nel 1590 e collegata con un cavalcavia al monumentale palazzo di Sangro di Piazza San Domenico Maggiore, dove oggi ha sede il laboratorio del maestro Lello Esposito, famoso per le sculture di San Gennaro.

In seguito, tra il 1749 e il 1770, il Principe Raimondo, settimo figlio di Antonio Di Sangro, uomo che vagabondò per l’Europa abbandonandosi ad una vita d’ozio, di cui si penti’ in vecchiaia, decise di ritirarsi in un convento; il figlio Raimondo lo fece rappresentare nel Disinganno , in cui un personaggio maschile è intento a districarsi da una rete.

Il disinganno, del Queirolo

In seguito fece affrescare la volta e disegnò gran parte dei sepolcri; ideò altre statue che fece eseguire da artisti da lui prescelti. La più stupefacente resta il “Cristo velato” in cui il Redentore morto è avvolto in un lenzuolo trasparente che ne vela e insieme svela le forme. Una tecnica finora inspiegabile, eseguita dallo scultore Giuseppe Sanmartino, accecato dal principe, secondo alcuni, subito dopo perché non ripetesse più una simile opera.

Il Cristo velato, del Sanmartino

Infine, in un bassorilievo, attribuito al Sanmartino, è rappresentato Cristo che ridà la vista ad un cieco. La Deposizione è collocata sull’altare maggiore. Suggestivi i marmi colorati, i medaglioni dei cardinali sugli archi e i sepolcri. Sopra l’ingresso, è rappresentato la figura di un defunto ritenuto morto in battaglia e uscito dalla bara con la spada in pugno, terrorizzando ovviamente i presenti.

Nella cripta, le due macchine anatomiche (scheletri in cui si osserva l’apparato venoso e arterioso, quello femminile porta in grembo parti del feto). Non si è mai scoperto il procedimento, tanto che si ipotizza che il principe avesse iniettato del liquido nel corpo di una giovane coppia di camerieri ancora vivi.

Nella Guida storica-artistica della Cappella Sansevero, scritta da Augusto Crocco, si legge che nella “cavea sotterranea” sono conservati i corpi di un uomo e una donna “nei quali sono state eliminate, con ignoti procedimenti tutte le parti molli, eccetto l’intero apparato circolatorio fin nelle sue minime ramificazioni arteriose e venose. Opere del medico palermitano Giuseppe Salerno che si servì di liquidi e di sostanze scoperte dallo stesso principe Raimondo”.
Macchine anatomiche

L’anno scorso, in un convegno consacrato al mistero e all’esoterismo, Michele Grisi, esperto di Sansevero e specializzato in discipline esoteriche, ha trattato il tema “Esoterismo e medicina: sull’arte segreta di preparazioni galeniche del Principe di Sansevero » e presentato il libro di Annamaria Ghedina, “Il ritorno del Principe di Sansevero e altre strane storie paranormali neapolitane” con l’intervento di Antonio D’Addio (Adriano Gallina Editore).

Sette storie, tutte ambientate a Napoli, tutte incentrate sul mondo dell’impalpabile, che hanno come comune denominatore il paranormale e la magia.

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Il libro si inserisce nelle molteplici iniziative per riportare la figura di uno strano personaggio all’attenzione di medici e studiosi della materia. Raimondo di Sangro, principe di San Severo, considerato fino a poco tempo un alchimista/stregone ed ora rivalutato come scienziato. L’autrice, infatti, ha raccolto la testimonianza diretta da Mimì De Simone, decano dei giornalisti della Campania, che ha avuto molteplici “contatti” con il principe attraverso una medium e che negli anni Settanta si è reso promotore di un processo di riabilitazione del Principe.

Mario Carillo

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Mario Carillo
Mario Carillo, iscritto all’ordine dei giornalisti della Campania. Prime esperienze alla Redazione napoletana del Giornale d’Italia di Roma, Agenzia Radiostampa, Agenzia NEA, collaboratore fisso da Napoli per il Secolo XIX di Genova, collaboratore del giornale Il Roma di Napoli, Il Gazzettino, Il Brigante, Albatros magazine, Altritaliani.net di Parigi, responsabile napolinews.org, socio Giornalisti Europei, Argacampania (giornalisti esperti agroalimentare).