Amara è un romanzo di Roberta Luongo, giovane scrittrice che racconta la travolgente storia di amicizia di due bambine Angela e Amara, compagne di scuola nei primi anni novanta, nel chiuso di un paesino arroccato sulle montagne in Lucania. Un bell’incontro tra la cattolica e serena Angela e la blasfema e ribelle Amara. Un percorso di crescita aspro e intenso. Abbiamo intervistato l’autrice.
“Si chiamava Amara. Quando la vidi per la prima volta mi parve una di quelle ragazzine esili, di salute cagionevole. La sua pelle era straordinariamente bianca; aveva le labbra rosse, screpolate e gonfie a causa del freddo, ma non se ne curava affatto. Era il 1993. Mi ricordo bene perché ci fu una nevicata di quelle storiche di cui oggi le montagne hanno nostalgia, e passavamo le mattine ad alleggerire i rami dei pini perché avevamo un forte senso della giustizia e il mondo si divideva in cose bianche e cose nere.”
Questo è l’incipit del libro che ha fatto scuotere anima e polsi a chi l’ha acquistato, spesso per caso, solo per la curiosità di conoscere una storia tra le tante. Ho riportato le prime righe perché si possa capire fin da subito la sincerità, la limpidezza con cui è scritto, dall’inizio alla fine, col fiato sospeso, arresi all’impeto dei sentimenti veri, quelli che tendiamo a dimenticare o da cui ci difendiamo per sopravvivere senza imprevisti.
Ci sono sentimenti umani a cui è difficile porre sopra una parola, chiamarli senza minimizzare il carico emotivo e l’enormità della loro esistenza, specialmente un’amicizia particolare, nata tra due bambine che ancora non sanno com’è fatto il mondo. Non starò qui a raccontare la storia di questo libro perché sarebbe privo di senso e lo farei di certo peggio della mia stimata autrice, quindi sarà su di lei che porrò la mia attenzione, curiosa, anzi curiosissima di conoscerla meglio. Ecco a voi l’intervista che le ho fatto:
E. Desiati: – Leggendo questo libro ho supposto che la gente volesse conoscere l’autrice, la donna che ha avuto tanto impeto e sostanza nello scrivere, che è stata protagonista di questi sentimenti così ben descritti. Mi piacerebbe parlare di te e della storia del libro contemporaneamente. Cosa ti ha spinto a scriverlo?
R. Luongo: – La storia fluttuava nelle mie giornate già dal 2005 quando un’intensa verità mi aveva trapassato da capo a piedi: esistiamo nelle parole degli altri. Una verità che mi era rimasta dentro, di facile condivisione ma di difficile comprensione. Poi, il 2009 si è presentato ai miei occhi come la fine dei giochi. Ho affrontato la malattia e il malsano odore che si porta dietro, l’odore della corruttibilità delle carni e degli eroi. La sfiducia, la delusione. Avevo un unico desiderio, esistere nelle parole di qualcuno ma non c’era nessuno che amasse dedicarmele così… le ho scritte io e me le sono dedicate in modo tale che io potessi vivere nelle mie parole..in modo tale che io possa vivere, d’ora in poi, nelle mie parole. Volevo costruire un passato e un’infanzia lineare sui quali continuare a vivere. C’è stata una rottura nella mia vita e dovevo sopperire ad essa. Nel 2009 io non esistevo più. Dovevo richiamarmi alla vita.
E.D: – La Prof. Michela Marzano di recente parlava di ‘incarnazione’ delle parole. Tu hai incarnato la tua esperienza in parole? E viceversa? Penso che gli scrittori abbiano la capacità di trasformare il mondo, di metaforizzare l’inesistente in incarnato. Le parole sono soltanto immaginazione? Nel momento in cui nominiamo qualcosa la rendiamo ‘esistente’?
R.L. : – Nominare qualcosa significa certificarne l’esistenza. Quando si investe qualcuno di un potere o di un onere lo si « nomina » presidente, capo gruppo, capo classe ecc. Io ho nominato Amra per esempio e in quel momento le ho regalato la sua vera identità, il posto nel mondo in cui potesse brillare. Paradossalmente finché Amra era stata Amara.. beh, non era. Anonima nel suo nome di battesimo, si rinvigorisce nella sua camaleontica esperienza di una nuova se stessa. A volte la parte più vera di noi è lontana mille miglia. Altre volte nasce sopprimendo una vocale nel proprio nome.
E.D: – Tu però sei una scrittrice, quindi è stata la scrittura a darle vita…
R.L..: – Di sicuro se non avessi scritto la storia di Amara essa sarebbe esistita solo per me, sarebbe stata un’esclusiva della mia mente. Ma avevo bisogno di darle un corpo di inchiostro e carta per poterla ritrovare ogni volta che lo ritenevo necessario.
E.D.: – Secondo te i personaggi sono consapevoli di se stessi quanto la scrittrice? O hanno bisogno della scrittura per ridarsi forma? Tra parentesi, e non sarò la prima a dirtelo: ci si affeziona molto facilmente a questi personaggi, si sente la nostalgia e non ci si capacita che essi non siano davvero registrati all’anagrafe. Il tuo racconto non sembra affatto fantasioso, al contrario è un riportare i fatti come si fa in una cronaca.
R.L.: – Secondo me i personaggi sono più consapevoli della scrittrice. A volte tu li vedi e loro se ne stanno lì; le loro vite si dispiegano accanto alla tua e non meno vere della tua. Il compito dello scrittore è tratteggiarne i contorni. Anche la scrittura nasce da un’allucinazione. Per uno scrittore la creatività sta nelle mani e non nella testa. La testa ci arriva dopo. La testa ci arriva SEMPRE dopo. È come quando, appena svegli, è la costrizione dello stomaco a ricordarci che abbiamo un dispiacere e non la nostra testa. C’è uno stupore lungo almeno un secondo durante il quale la testa raggiunge lo stomaco e soffre con lui. Sì, loro vivono. Adesso Angela e Amara stanno giocando nel giardino sotto la mia finestra. Io credo in loro quindi loro esistono. Se un personaggio ci coinvolge, fittizio o meno che sia, egli esiste. E poi… chissene*** dell’anagrafe!
E.D.: – C’è una domanda che vorresti io ti facessi?
R.L.: – Sì, vorrei che qualcuno mi chiedesse se Amara avrà un seguito perchè muoio dalla voglia di dirgli che non c’è nessun seguito, piuttosto una realizzazione collaterale con un focus sui suoi antagonisti, ecco. Perchè gli antagonisti sono i protagonisti buoni di altre storie. Ognuno di noi è antagonista nella vita di qualcuno e io odio chi dice la frase « io sono buona e cara ». Nessuno è buono e caro. Chi l’ha detto che ci sono quelli buoni e cari?! Per cortesia!
E.D.: – Io ci vedo un seguito cinematografico, ma è una mia idea. Magari qualcuno te lo proporrà, chissà! Pensi che chi sia creativo sia diverso dagli altri? Che abbia un dono? Un problema psichico?
R.L.: – Secondo me i creativi sono tutti un po’ spostati. Anche nel romanzo c’è molta deviazione.. deviazione dal presente, dal qui e adesso. Ci sono rebus e numeri. Nel caso di AMaRA… la risposta non è mai fuori di noi. Non dobbiamo indagare su Dante e Leonardo. Dobbiamo ricordarci di noi presso gli altri e degli altri presso di noi. I rebus che Amara redige spingono Angela, la voce narrante, a fare i conti con ciò che davvero sa di Amara. Se Angela non ricorda le remote ed infantili teorie di Amara non potrà trovarle in nessun libro e allora sarà condannata all’incomprensione! Ad ogni modo, nel libro c’è anche un abbandono meraviglioso nei confronti della vita e dell’amore, è questo il vero dono.
E.D.: – « Noi siamo la gente » scrivi… poi c’è il discorso della Turchia, un’immersione in un’atmosfera dimenticata, lontana dai nostri tempi frenetici, un tempo che passa meno velocemente speso a prendere il tè, a guardarsi in faccia, a sfogliare libri. E poi c’è Kemal.
R.L. – Noi siamo la gente. Sì. L’educazione cattolica diffusa dalla Chiesa ci insegna ad aiutare il prossimo ma in realtà ci dice che i lupi sono travestiti da pecore e così facendo sviluppa in noi la diffidenza; ma, come dice Amara, ognuno di noi è la gente per l’altro. Con un sottile sillogismo ciò che viene fuori è: “temi te stesso”. Amara ci arriva. Angela no. Angela è ancora nella fase « sono buona e cara ». Kemal è un figo, direi che su questo siamo d’accordo.
E.D.: – Aggiungerei che questo ragazzo è in grado di rinominare Amara; nonostante la diversità culturale (anzi forse grazie a questa) Kemal fa rinascere una nuova Amara, rispettandola come essere umano e non desiderandola come una cosa. Riflessione molto semplice ma in questo paese pare un concetto ancora non tanto chiaro. Antonio rappresenta l’Italia?
R.L.: – Kemal fa ad Amra il regalo più gradito. Pur potendo comunicare con lei sparisce nella folla e la lascia sola in balia di una nuova realtà. Solo così ti fai le ossa. Da sola. Eppure la sua presenza è candida e rassicurante. Il suo silenzio è più sonoro di un fiume di parole. Verbalmente le da un’unica dimostrazione di affetto, le dice di adorarla ma quando lei è già scivolata nel sonno.
Antonio mi serve per dimostrare a questi miei cari concittadini (diciamocelo l’Italia è abbastanza provinciale) che la misoginia, l’ignoranza e la superbia sono anche dei Cristiani e che la dolcezza, il rispetto, l’intelligenza e l’acume sono anche dei Musulmani.
(In una scena del libro, Kemal aiuta Amra a sciogliere un muscolo indolenzito e lei abbassa così tanto le difese da addormentarsi. Questo significa rinnovata fiducia. Mentre lei cade nel sonno lui le confessa di adorarla che è diverso da amare ed è diverso da volere bene. ( comunque… sì, è Kemal che le restituisce la sua antica identità. Le si rivolge chiamandola sempre Amara, ma non è l’Amara dell’inizio, è un’Amara rinnovata. Si è arricchita).
E.D.: – Ma facendo di tutta l’erba un fascio, secondo te i musulmani hanno una cultura più solida della nostra? Meno grezza? Più profonda? La cultura cattolica ti sembra più violenta di quella musulmana?
R.L. – Io credo che il mito di Babele l’ha fatta grossa. Imbrogliare le lingue significa creare disagio e poi odio. Non credo che i musulmani siano meglio di noi. Credo che nella nostra società vengano demonizzati. E questo è ingiusto. Ci sono certi cattolici che fanno schifo, stanno sempre inginocchiati sotto la Madonna e poi si macchiano delle peggiori sconcezze. Antonio è bigotto e, personalmente, i peggiori bigotti che ho conosciuto sono proprio la grande maggioranza dei frequentatori di chiese. Così anche per i musulmani, non credere che gli assidui frequentatori di moschee siano migliori!
E.D.: – Cosa volevi dire con “adorare” diversamente da “amare”?
R.L. – Per me adorare significa entusiasmarsi dinanzi all’imprevedibilità dell’altro eppure (o forse proprio per questo) non poterne fare a meno!
E.D.: – Questo può succedere anche con un amico…
R.L. – Esatto, ma un amico è più di un amante. L’essere amico significa accettare le zone d’ombra degli altri. Una passione nasce così. Non credo nell’amore che nasce dalla condivisione degli spilli.
E.D.: – Di che spilli parli?
R.L.: – Delle piccolezze; del « amiamo tutti e due viaggiare, i film d’azione e l’aranciata rossa ». L’amore nasce quando non puoi fare a meno di qualcuno. Lo adori perchè ti fa sentire vivo e ne sei amico perchè basi quel rapporto sull’unico valore puro: la fiducia. Non importa se non conosco tutto di te o se siamo in disaccordo. Amara si scanna con Kemal. Lui guarda con cipiglio le sue gonne e le sue calze per esempio. Chi se ne frega se vivendo con lui dovrà rinunziarvi. Qualcuno parlerebbe di un ridimensionamento della propria identità. Stronzate. Come quelli che invece di guardare la luna guardano il dito che la indica. Provo un po’ di pena per queste persone.
Puoi vivere un’intera vita e ricordare in punto di morte un unico isolato dettaglio che magari hai condiviso con qualcun altro e NON con me che sono la tua compagna. Allora ho fallito. Allora non era me che amavi ma era un’altra colei che aveva la tua adorazione. Un po’ come nel Padrino, in punto di morte Michael vede prima Apollonia e non la moglie americana di cui (guarda un po’) ho dimenticato il nome. Ecco. Credo di essere stata chiara. E comunque credo che questo sia il timore e la consapevolezza di Amara: che anche Kemal ricorderà i disegni della sua ex e non lei. Così come Angela dedicava i suoi temi ad un’altra che non era lei, ma come vedi, Angela non ha occhi che per Amara.
E.D.: – Ti faccio una domanda che interessa molto il pubblico francese, ma anche quello italiano. Cosa ne pensi delle donne musulmane che rivendicano il diritto di tenersi il velo?
R.L.: – Per quanto riguarda QUELLE musulmane che non vogliono togliersi il velo e che combattono per questo… bhe… ca**o. Le stimo le donne musulmane che vogliono tenersi il velo!!!!! Per due motivi: 1) scoprirsi non è un dogma. 2) se dico a mia nonna, donna del sud, di scoprirsi le ginocchia e sciogliersi i lunghi capelli d’argento mi da una legnata in testa. Per lei sarebbe un disonore.
E.D.: – D’accordissimo con te! Ecco.. tornerei su Angela e l’adorazione. C’è un nome per questo sentimento fortissimo di Angela per Amara?
R.L.: – INCANDESCENZA.
E.D.: – Ho sempre pensato che l’amicizia spontanea fosse un sentimento fortissimo che non guarda in faccia a nessuna regola sociale. Angela ci combatte pure contro ma si arrende, più forte di qualunque altra storia con un fidanzato magari…è così? La coscienza sociale che perde contro l’incandescenza?
R.L.: – Amara è come un tizzone che non smette mai di bruciare. Angela non vede l’ora di scottarsi. All’inizio è come il peccato, perchè viene da una famiglia laica. La sua diversità la incuriosisce, poi la inebria, la conquista e la schiavizza.
E.D.: – Di cosa è consapevole Angela? É un’incandescenza che non accetta ma che adora?
R.L.: – Sì, ma all’inizio questo si intuisce soltando, poi però… poi però i ruoli si ribalteranno clamorosamente! In un primo momento vediamo Amra che scrive lettere e non riceve risposte, ma scopriremo che Angela non aveva tempo per rispondere perchè era impegnata a dedicarle attenzioni più grandi che l’altra non si aspettava affatto. Per quanto riguarda lo sfidare le convenzioni sociali direi che, molto più semplicemente, Angela non vuole disubbidire al padre. Tutto qui.
E.D.: – Ci vuole la morte per darci coraggio ad affrontare la vita?
R.L.: – No, ci vogliono le cadute. Cadere malato, cadere innamorato, cadere in depressione ecc.
Chi tocca il fondo apprezza la forza della vita.
E.D.: – Non voglio svelare altro di questo meraviglioso libro, né i colpi di scena finali. Vorrei solo che tantissimi lo leggessero. A proposito dove si può acquistare?
R.L.: – Amara è delle edizioni Grafie. È distribuito dalla Ubik libreria a Potenza. A Bologna è disponibile alla libreria delle donne in via S. Felice. C’è anche un link su Facebook dove potete contattarmi. Stiamo lavorando per raggiungere i lettori di tutta Italia (e non solo!)
Emanuela de Siati
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[…] Tutto inizia negli anni 90, nel capoluogo lucano. L’amicizia di Angela, fortemente voluta da Amara, si evolve tra viaggi, messaggi cifrati, lettere e situazioni inusuali, con un epilogo assolutamente inaspettato. Un modo diverso di vedere il mondo e mondi diversi che si incontrano. Luoghi inaspettati, culture diverse e situazioni impreviste sorprendono e sconvolgono sia la serenità di Angela che la vita sregolata di Amara. Un libro non solo da leggere ma da assaporare pagina per pagina. Una narrazione piacevole e descrizioni dettagliate permettono al lettore di rivivere un’infanzia dimenticata e incantata e di affrontare con le protagoniste un percorso di crescita aspro e intenso in una storia assolutamente da non perdere.
cit. Rosa Maria Mollica