Se ne andato in punta di piedi Antonio Carosella, come aveva vissuto la sua esperienza di intellettuale puro, svincolato da ogni forma di servile aggregazione o asservimento, spirito liberale non disponibile a barattare la purezza del suo pensiero in grado di interpretare il respiro del mondo.
Parlare solo del suo ruolo di educatore di intere generazioni sarebbe riduttivo e non ci restituirebbe l’esatta immagine di un critico intelligente, di uno scrittore di razza e di un maestro del pensiero che, attraverso la scrittura, ha ricoperto un ruolo importante nel mondo letterario, interpretando i fatti storici, politici, religiosi e sociali del suo tempo, sempre mosso da una tensione morale che gli ha consentito di focalizzare le contraddizioni del contesto storico nel quale ha operato.
Nato a Piatradefusi (Av), insegnante di lettere italiane, latine e greche, è stato preside del liceo classico Plinio Seniore di Castellammare di Stabia. Per oltre un decennio è stato presidente del Comitato per gli scavi di Stabiae per la valorizzazione delle ville romane sul pianoro di Varano. Un impegno che l’ha portato alla pubblicazione del Diario di Scavo di Stabiae di Libero D’Orsi nel 1996, nella collana delle monografie della Soprintendenza archeologica di Pompei. Il lungo impegno nel Rotary l’ha visto ricoprire l’incarico prima di presidente del club Castellammare-Sorrento e poi di Governatore del Distretto 2100 nell’anno 1998-1999.
Dalla lettura di Apis more modoque, l’imponente raccolta della sua lunga ed instancabile attività letteraria, si evince con limpidezza il suo disamore per un mondo letterario contemporaneo popolato da autori incapaci di raccontare il nuovo, inabili all’attraversamento della realtà che li circonda ed all’indignazione, elemento indispensabile per essere testimoni critici del proprio tempo. Un cruccio che Antonio Carosella ha declinato senza tentennamenti e mezzi termini, soprattutto la mancanza di spinta necessaria che si concretizza poi in quella che lui definiva una passione di tipo etico ed esistenziale.
Ecco che la sua opera (i Trittici vesuviani, La poesia di Gaetano Pagano e Massimo Bontempelli: una rivisitazione opportuna per la critica oltre alla monumentale Apis more modoque, il romanzo Il ritorno fino alla lettura dantesca Dante e Noi) diventa denuncia del legame che molte volte intercorre tra letteratura e politica, un mondo dove autori, critici ed editori si combattono per accedere con scopo ed itinerari diversi ai valori letterari. Un mondo omertoso e fosco dove Pascale Casanova, critico letterario di France Culture, nella sua La République mondiale des lettres, etichetta gli addetti di questo mondo come dannati della letteratura. Un mondo al quale Antonio Carosella non appartiene, lui autentico liberale di pensiero, che da crociano della prima ora, non baratta ne svende il bene supremo della libertà che, a parer suo, rimane una conquista da realizzare giorno dopo giorno lungo il corso dell’esistenza con la vigile attività della conoscenza critica, che ci sottrae alle insidie dell’informazione manipolata e ci fa liberi e responsabili. Libertà che, a parere di Antonio Carosella, sta a fondamento della storia dell’uomo, storia della lenta ma progressiva liberazione dell’uomo dai terrori delle forze naturali, poi dalle paure degli altri uomini che gli contendono il possesso del territorio o gli impongono tributi più o meno gravosi e, infine, dai pregiudizi ereditati dalle precedenti generazioni. Un messaggio di grande attualità, quest’ultimo di Antonio Carosella, che lo connota quale autore del suo tempo nel quale ha vissuto in una sorta di religiosità laica in nome di quella libertà che ne ha riconosciuto il valore culturale, morale ed umano, ma soprattutto di intellettuale fuori dai ranghi dei cosiddetti dannati della letteratura.
Un cruccio certamente ha portato con sé nel suo attraversamento verso l’Altrove, il non aver potuto affondare la pala nell’inesplorato terreno del costone di Varano per portare alla luce quanto di prezioso dell’antica Stabiae ancora nasconde la collina.
Addio Maestro, e grazie per la lezione che ci hai regalato.
Raffaele Bussi