Gli articoli di maggio di Missione Poesia si aprono con questo, dedicato al libro “Prodigi” di Anna Ruotolo (peQuod 2023). Quasi un’antologia, ma forse più una raccolta di testi, alcuni già pubblicati e qui rielaborati, altri inediti, che permettono all’autrice di ridefinire il cammino intrapreso per arrivare a questo unico canto che la avvicina a chi ha amato, a chi l’ha ispirata, a chi dai testi si è sentito a sua volta attratto.
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Anna Ruotolo ha pubblicato Secondi luce (LietoColle 2009), Dei settantaquattro modi di chiamarti (Raffaelli 2012), Telegrammi/Telegramas (’round midnight 2016, poesie bilingue italiano/spagnolo, traduzione a cura di Jesús Belotto) e Le stelle dormono a nord (Fara editore 2021). Suoi testi sono apparsi in La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta (Ladolfi 2011, a cura di Matteo Fantuzzi), nelle riviste «Poesia», «Capoverso», «Poeti e Poesia», «Italian Poetry Review», «Gradiva», «La Clessidra», «UT» e, in traduzione di Jesús Belotto, sulla rivista internazionale «Poe +» e nell’antologia rumena di poeti italiani «Poezia» (traduzione e curatela di Eliza Macadan). Il suo ultimo libro si intitola Prodigi.
Conosco Anna Ruotolo, da un punto di vista poetico, da alcuni anni, avendo letto alcune sue opere. Personalmente ci siamo incontrate alla serata del Premio Letterario Camaiore, a settembre del 2024, nella quale il suo libro ha ricevuto il Premio della Giuria. Mi piace il suo modo di scrivere, di affrontare la vita pensandola come un susseguirsi di prodigi, belli o brutti che siano: apprezzo questa dimensione, che potremmo definire sacra, di guardare agli accadimenti che succedono intorno a noi, nella propria vita o nella società, dove tutto diventa un inizio, un’opportunità di rinascita che, in qualche modo, tutti ci coinvolge. Anna sarà ospite della rassegna Un thè con la poesia, il 7 maggio prossimo, a Bologna, presso il grand Hotel Majestic per presentare al nostro pubblico la sua poesia dei Prodigi.
Prodigi
La raccolta di Anna Ruotolo dal titolo Prodigi (poesie 2007 – 2020), pubblicata per peQuod nel 2023, viene definita dalla stessa autrice non tanto un’antologia ma un vero e proprio libro composto negli anni, contenente testi sia editi in precedenti pubblicazioni che inediti ma, in ogni caso, un libro che, prodotto nella versione definitiva, le ricorda “il cammino fatto per arrivare a questo unico lungo canto, con le sue tappe e i singoli momenti” permettendole di avvicinarsi sempre di più “alle persone che sono legate alle singole poesie, quelle che le hanno ispirate e quelle che le hanno fatte proprie”. Ora, al di là del significato originario della parola che definisce il titolo, potremmo chiederci che cosa si intenda per prodigio, e perché l’autrice ha voluto declinare al plurale questo lemma, servendosene per la sua poesia. Un prodigio è un fatto straordinario, un fatto che porta a una dimensione che ha a che fare con il meraviglioso, può essere considerato come l’annuncio di un avvenimento divino e, probabilmente, nell’opera di Anna Ruotolo, il concetto assembla dentro di sé tutte queste definizioni, mentre, l’annuncio è già nella prima poesia, quella che apre alla sua visione. Qui, infatti, troviamo una fontanella che prelude a qualcosa/questo è il segno dei prodigi/di quei prodigi assoluti e chiari/che non ti aspetti… e la fontana è un elemento chiave della poetica di molti nostri autori tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, sia in prosa che in poesia: quella di Malombra, ad esempio, a cui Fogazzaro assegna il ruolo di acuta osservatrice che, se pure in apparenza indifferente e imperturbabile, in realtà nasconde il senso di delusione per i comportamenti dei protagonisti – scetticismo che si concretizza nell’impossibilità di evolversi positivamente rivolo verso tutta la specie umana – e che non può non considerarsi elemento anticipatore di quella fontana crepuscolare di Corazzini e Palazzeschi, che culminerà con quella dannunziana de La fiaccola sotto il moggio, dando vita antropomorfica a un oggetto simbolo, il cui uso diventa metaletterario.
La fontanella di Ruotolo assurge così, allo stesso modo, a simbolo, un simbolo anticipatore di prodigi che diventano luce, come in una mattinata di sole, luce per affrontare la vita stessa, tutti i suoi accadimenti, di cui sarà lecito parlare (Parliamo del prodigio, dice il verso iniziale di uno dei testi): incontri, separazioni, riconciliazioni, scontri… tutto volge, appunto, al prodigio, e di quel tutto è altrettanto lecito dialogare, e ancora raccontare.
Formalmente l’opera è suddivisa in tre fasi che si integrano perfettamente tra loro. Nella prima fase si sottolineano gli inizi, i prodigi di ciò che nasce e di ciò che ci viene incontro: l’amore prima di tutto, ma anche la sua fine, fanno sempre parte dello stesso prodigioso processo che è la vita. Nella seconda fase è il dialogo tra le voci ad avere più spazio, come se si sentisse una necessità di comunicare, di ascoltare e di essere ascoltati già a partire dalle vicende feriali, quelle del nostro quotidiano: – Figlia mia, assicura bene il cuore/fa’ che non scappi per troppa gioia. /- Figlio mio, tieni la felicità/appuntala tra il calzino e la tua scarpa. /- Figlia mia, accomoda/le maniche, tieni l’abbraccio improvviso. /- Figlio mio, sostieni il sorriso/schiudi poco la bocca./- Figlia, trattieni…/- Figlio, contieni… La terza fase si apre alla narrazione e contempla una nuova consapevolezza dell’autrice: la poesia non ha bisogno di finzioni letterarie ma di verità basate sulle esperienze e sulla tradizione tramandata dai maestri. E, gli autori di riferimento di Ruotolo non sono pochi, anche perché nel tempo della sua produzione se ne sono aggiunti parecchi. Tra citazioni, eserghi, riflessi incontriamo: Szymborska, Melville, Fortini, Maccari, Cappello, Bernstein, Pavese, Beckett, de Luca, Salinas, Gardini, Govoni, Sereni… a dimostrazione di una roccaforte di studi e conoscenze ben consolidata.
Da segnalare, inoltre, il fatto che questa autrice, come tantissime altre di cui abbiamo parlato anche in questa rubrica, affronta in maniera del tutto peculiare, il tema della madre, elaborandolo in alcuni testi nei quali, pur tuttavia, non emerge della genitrice un quadro estremamente positivo. Sembra quasi che ci si avvicini a lei con un non so che di risentito: Avevi un modo di tirare i capelli… avevo un’amniotica certezza/di fuggire per te… sono versi di un primo testo dedicato alla figura materna, versi che tradiscono un sentimento di desiderio di ribellione. In un secondo testo poi, si mettono in bocca alla madre le raccomandazioni per i figli che si sposano… ma anche qui prende il sopravvento più la voglia di parodiare i consigli, che quella di reputarli degni di considerazione. Si arriva così all’ultimo testo dove il sentimento messo in rilievo, questa volta esteso anche al padre, è quello dell’amarezza per il peso che assumono nella vita di ognuno le presenze dei genitori, accompagnato forse del rimpianto, ma anche dalla costrizione di viaggi estivi senza una reale condivisione d’interesse. Nonostante tutto, così come rilevato in altre raccolte, non si sfugge dal bisogno di dedicare qualche verso alla madre, se pure la poetica è immersa in una dimensione tutt’altro che empatica con la stessa.
Riguardo allo stile che la nostra autrice utilizza per la composizione delle sue poesie, è lecito concordare con Gianfranco Lauretano che, nella postfazione al libro, ci fa notare come, a volte, e questo è il caso, la coscienza del poeta salda le sue parole non solo per legame semantico ma anche per “legame musaico”, un dettato ripreso da Dante che sta a significare come, per la poesia, non si parla solo di una ripresa di concetti ma, in contemporanea, ci si cala in una dimensione musicale, uditiva, che si interseca con la nostra stessa respirazione, facendoci percepire l’unione stretta che connette il significato con il significante e che, come detto sopra, può anche variare nel tempo, diventando altro rispetto all’origine perché di altro si ha bisogno di parlare, con altri modi si ha bisogno di dire. Anna Ruotolo, in questo senso, riesce perfettamente a adeguare la sua cifra stilistica ai contenuti diversi della sua poetica, dando dimostrazione di una sapienziale cura della sua produzione, che può senz’altro essere annoverata tra le più significative di quella contemporanea.
Alcuni testi da: Prodigi
La fontanella che prelude a qualcosa
questo è il segno dei prodigi
di quei prodigi assoluti e chiari
che non ti aspetti,
la fumarola inerpicata tra le gambe
non ti scampa, avvampa alla tua faccia
raduna il presagio dolce dal sangue.
Oltreoceano si conficca la risposta
a volte passa sulle nostre teste
la nevicata improvvisa, la voce
e non siamo mai assieme in quel momento,
aspetti e non aspetti niente.
***
Per parlarti ho preparato tre fuochi:
uno alla finestra nella bianca
bianchissima luce che esplode,
uno sopra il ceppo,
poco dopo il vento sul corpo di una noce.
Il terzo – un passato corto –
da una porta aperta a un ponte.
Al sole azzurro che dilava il cielo
mi dico di saperti cercare per il mondo
e a te che si esiste dall’ombra fino
alla chiarezza che cresce per aprire un tetto.
Forse aspèttati di vedere la paura
di non trovarti nel silenzio della pioggia,
sull’avanzo prossimo alle stelle.
Questo ti lascio: sempre il niente,
il poco e tutta la vita a innamorarsi.
***
E se anche sembrasse di finire, l’acqua
tu fanne silenzio, tu non la nominare
testa sotto che non riaffiora, il grande Volto che la chiama
sale e si volta, ridiscende, fulmina come può.
È che resta, va, torna, raggiunge le giunture
firma le necessità, la nostra gratitudine
meglio di chiunque adora la memoria, sempre
uguale, sempre finale, neonata, fedelissima
compagna; confonde il pianto, scende la scala
maggiore,
chiude la pancia e dal principio la trattiene,
lascia anche andare chi viene,
chi – forse per tutto o per errore – deve.
***
Toccare una tua costa
per niente e per nessuno che non sia me
ti chiederò nel tempo,
una costa è quasi un nulla, un cominciamento
– se ci pensi
e la mia mano sulla tua terrosa pazienza
ha qualcosa come la storia
del distaccamento di placenta
che accusa un vuoto laggiù.
Si sta a letto, si cura il bimbo minutissimo
basta stare immobili
avere una mano di speranza
una mano-nave legata a un fazzoletto
di mare purissimo e di sabbia.
***
Spargere la costellazione sulla terra:
instellare come innestare
l’avvenire sopra gusci naturali
nel segreto di piante, di alberi
e di tutta la vegetazione che batte
quando ci sono lampi
caduti lontano,
nell’aria che scotta.
Portare giù la conservazione celeste
confondere i ragazzi
sulle colline e i balconi
a dirsi parole, la notte.
Così si è fuori dal mondo,
ovunque si ha quel nostro
lato o ordine
o cuore grande e infinito.
Bologna, 28 aprile 2025
Cinzia Demi
P.S.: “MISSIONE POESIA” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/






































