Ei fu, declamava Manzoni nella sua ode “Il cinque maggio”; ma È ancora, visto che su questa figura immortale si continua a scrivere e girare film, oltre 700 dal primo muto del 1927 diretto da Abel Gance con Albert Dieudonné, e poi con Marlon Brando e Rod Steiger, la divina Greta Garbo in Giuseppina. Da Dumas ad Hugo, una immensa epopea letteraria. Il corso Napoleone Bonaparte resta il personaggio forse più biografato della storia, per alcuni, secondo solo a Gesù.
Il film è un biopic appena uscito sullo schermo in Italia e in Francia, dallo sguardo acuto dell’ultraottantenne britannico Ridley Scott il quale, nella sua lunga carriera, ci ha abituati ad un cinema visionario quanto palpabile, attraente per introspezione e potenza scenica. Il suo Napoleòn, al di là del racconto dell’ascesa al potere del “tirano”, resta incentrato sul politico, sullo stratega e soprattutto intimista, non senza richiami ad un certo machismo: è deprecabile lo schiaffo alla sua amata Giuseppina quando le impone pubblicamente di firmare il divorzio.
Tra spettacolari battaglie e ossessioni amorose, i milioni di morti causate, Scott ci conduce in oltre due ore e mezza nell’epopea napoleonica, che dal Direttorio a Waterloo e quindi all’esilio a Sant’Elena, pone le basi della nascita della storia moderna. Erede della Rivoluzione francese, Scott ce lo propone all’esordio in Piazza della Concordia durante l’esecuzione alla ghigliottina della regina Maria Antonietta. Con una eccellente Vanessa Kirby nei panni della amata Giuseppina, moglie attraente quanto fedifraga, il film non manifesta pause, sebbene risenta di una certa fretta narrativa, con salti biografici volutamente imposti.
Ma al regista non interessa entrare nella esposizione storica fedele, interessa lo spettacolo, valorizzare l’intrattenimento, trattare l’umanità e paradossalmente la fragilità di una figura che al mondo ha offerto la supponenza e l’egoismo senza tregua. Il parvenu che si impone senza scrupoli nella più alta borghesia fra il Sette-Ottocento francese, ben esposto nei costumi e nelle ambientazioni con una livida fotografia.
Appare nei panni di Napoleone Bonaparte Joaquin Phoenix, il “Jocker” e attore “alleniano”, impareggiabile multiforme e versatile (qui anche fra i produttori insieme al regista, da oltre 200 milioni di dollari).
Ridley Scott rimane sul solco che lo caratterizza fin dal suo primo film “I duellanti” (1977) tratto da Conrad. Qui descrive prima di tutto (su sceneggiatura di David Scarpa) il militare fin da quando è sottotenente, che sconvolse il mondo dal Manzanarre al Reno fino alle piramidi e alla autoincoronazione nella cattedrale di Notre Dame. Eppure, davanti a Giuseppina rimane un uomo perdutamente innamorato. Un uomo solo che pure in marcia verso Mosca, ha pensieri solo per lei. Prima di morire in esilio a Sant’Elena pronuncerà: “France, l’armée, tête d’armée… Joséphine”.
Armando Lostaglio
(n.d.r.) Per i nostri lettori che leggono il francese, segnaliamo un articolo interessante: Batailles, relation avec Joséphine… Jean Tulard, spécialiste de Napoléon, démêle le vrai du faux du biopic de Ridley Scott