In questo articolo di carattere storico sugli agrumi di Riviera e Costa Azzurra, vi proponiamo una storia di frontiera tra Italia e Francia, che racconta l’importanza della coltivazione e del commercio degli agrumi dal medioevo al secolo diciannovesimo.
“Qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni”
(Eugenio Montale, I Limoni )
C’è stato un tempo lungo, lunghissimo, 700 anni, in cui il territorio di frontiera tra Sanremo e Nizza era un gigantesco giardino di agrumi.
50 kilometri di orti e campi e giardini coltivati, e fiori e frutti colorati (verde, giallo del limone, arancio dell’arancio, bianco dei fiori).
Dal medioevo a metà ‘800 sulla costa tutto era agrume.
Come oggi tutto è turismo.
Milioni di frutti. Milioni. Solo a Nizza 10 milioni di arance all’anno.
Sanremo, 27 milioni di limoni. 11 milioni a Mentone, dai limoni di prima classe ai limoni di quinta classe, con tanto di statistiche, a inizio 800.
Se vogliamo fare una stima imperfetta e indicativa, diciamo che a quel tempo in 50 kilometri si raccolgono 70-80 milioni di frutti l’anno. Anche 100.
Un oceano di agrumi da trasportare.
Così esportazione verso il nord Europa e barche, navi di ogni tipo, e modalità di conservazione.
Casse di legno e carta che avvolge i singoli limoni o le arance migliori, botti di legno per il succo dei frutti di limone spremuti, quelli più piccoli e di seconda scelta.
Un albero di limone o arancio ha mediamente la vita di un uomo: allora generazioni di alberi e di giardinieri e potature mai finite, e innesti, un fiorire oltre che di agrumi, di attività varie, di commerci e di vivai.
E poi regolamenti comunali, ciascun Comune ne ha uno e ci sono Magistrati eletti dal Sindaco che controllano la raccolta e il commercio, ci sono ordinanze comunali e Statuti, insomma di tutto e di più.
E barche tante in rada, piccole e grandi, con il loro carico di agrumi e poi – non poteva mancare – il contrabbando perché bisogna pagare il dazio per pochi metri da un comune all’altro, compreso il certificato obbligatorio del sindaco che ne certifica la provenienza e la qualità.
Barche che, bordeggiando bordeggiando, arrivano fino a Marsiglia da dove partono i bastimenti carichi di agrumi per i porti del Nord Europa: Bordeaux, Anversa, Copenaghen e sù sù fino in Russia.
E poi chicche in questo mare di colori: i limoni di Ventimiglia resistono di più al viaggio perché più agri, quelli della qualità detta “bignetta” appassiscono ma non marciscono e si conservano in bontà più degli altri.
Così tanto per scherzare Ventimiglia produce 3,5 milioni di limoni.
Per quanto riguarda Bordighera abbiamo scoperto un documento inedito negli archivi dipartimentali di Nizza, serie M 377, riguardante i 9 Capitoli sui limoni del 1776, con 4 persone che venivano scelte ogni anno nel mese di aprile come magistrati dei limoni (capitolo 1).
Più avanti nella lettura scopriamo che esistevano degli anelli in ferro per misurare i limoni: “anelu grossu” con 54 mm di diametro, “anelu de Mentun” con 51, “spezin” 47, e anelu “minuto” 35.
Ospedaletti invece, nel suo piccolo, produce 2 milioni di limoni e lo stemma della città vede un leone appoggiato a un albero di limone, d’oro in campo azzurro.
Infine Sanremo senza dubbio il mercato agrumario più importante dall’undicesimo al diciannovesimo secolo.
Nello statuto del 1582 apprendiamo che il Comune monopolizza la raccolta e la vendita per ricavare i fondi necessari per l’ampliamento del porto.
“È noto, e manifesto, che tutto il luogo di S Remo si mantiene delli frutti, quali ivi nascono, e che è il maggiore, e principal negotio, che ivi si faccia massime di cetroni, e limoni, e senza quello luogo se n’anderia distrutto e rovinato”.
Tanto per dare un’idea della sua rilevanza.
Del 1662 è il “Ricorso al Serenissimo Senato della comunità di Sanremo contro Bernardo Portelli per l’acquisto di 27 milioni di limoni, a condizioni diverse da quelle stabilite dagli statuti”. 27 milioni di limoni l’anno … per 10 anni: ecco la proposta del mercante veneziano per monopolizzare il mercato, con l’esclusiva dell’esportazione in Gran Bretagna, Fiandre, Olanda, Italia del nord .
Ma il tutto fallisce, per una sorta di sommossa popolare. Gilets jaunes dell’epoca!
Tanto per rimanere in tema cromatico.
In sostanza è un’opera collettiva, lungo tutta la Riviera, un’oceanica opera di tutti: tutti fanno raccolta e coltivazione di agrumi: uomini-donne-bambini.
L’aria che respirano sa di agrumi, nell’aria odore di limoni, come direbbe Montale.
Non a caso anche il simbolo di Mentone è un albero di limoni con frutti d’oro su fondo verde, e nel mese di febbraio ancora oggi c’è la grande festa popolare dei limoni con l’esposizione degli agrumi e con i carri a tema, sfilata che risale al 1935.
E ancora curiosità, rabastando dalla lettura noiosissima e al tempo stesso interessantissima dei regolamenti delle varie città, che allora erano la vita di tutti i giorni:
C’è il commercio dell’agro fatto con i limoni scartati perché non entrano nei diametri, limoni da succo usati per le bevande, e la tintura dei tessuti e infine i limoni usati in medicina come emostatico e diuretico … e avanti così che le attività si moltiplicano.
E poi i grandi nemici che si manifestano, e si chiamano gelate e malattie.
Gelate, grande incognita: la prima citazione di gelata è del 1470, poi quella successiva del 1609. Sembrerebbe così che il 500 sia stato un secolo mite.
Monterumici, lo studioso che ci tramanda le notizie statistiche di gelo, grandine o neve, ci segnala che nel 1709 la gelata fu talmente storica da far passare molte coltivazioni da agrumi ad olivo, almeno a Sanremo.
La siccità è altrettanto temuta e l’irrigazione era regolata a Sanremo da 3 deputati eletti.
Tutti temi che sembrerebbero attuali, n’est-ce pas ?
Per non parlare delle malattie.
Poi il buio.
A metà 800 la luce si è spenta.
Per una concomitanza di fattori: la concorrenza soprattutto della Spagna, le gelate e i problemi idrici che fanno progressivamente crescere le coltivazioni di olivi, la nascita della floricoltura che trova l’ambiente ideale sulle colline a terrazze che digradano verso il mare, mestieri che mutano, gli inglesi che arrivano sulla costa e inizia il Turismo.
E tutto avrà il respiro breve dei tempi moderni.
Agrumi di Riviera e di frontiera: che fascinazione il tempo lungo della storia, altro che tweet o sms!
(in memoria del prof. Giovanni Rebora)
Eraldo Mussa